di Giovanni Schinaia
Lo sguardo del Sacerdote non incontra mai quello del popolo. Anche quando il celebrante si volta coram populo per il "Dominus vobiscum", spiritualmente continua a rimanere voltato coram Deo.
Anche il dettaglio - solo apparentemente - più insignificante, (perchè niente nella Liturgia vi è di insignificante) ci ricorda che assistere alla Santa Messa significa calarsi in un universo di simboli. Può capitare che il senso immediato di questo o di quel segno liturgico, ci sfugga.
L'immediata incomprensibilità, per molti dei fedeli, della lettera della lingua latina utilizzata per la Sacra Liturgia, ci ricorda proprio la nostra piccolezza di creature, rispetto all'ineffabilità del Mistero che si compie sull'Altare. Un Mistero che in nessun modo, con la sola forza della ragione, possiamo comprendere. E' necessaria la grazia di Dio, come ammonisce Sant'Agostino; è necessario, con quella grazia, compiere l'itinerarium mentis in Deo, come ancora ci insegnano San Bonaventura e il Beato Giovanni Duns Scoto.
E allora, proprio quell'incomprensibilità della lettera, proprio quel "non capire", proprio i lunghi minuti di silenzio, accompagnati o meno dal canto gregoriano, minuti in cui il Sacerdote dice qualcosa che non sentiamo, non capiamo, minuti in cui il Sacerdote, dandoci le spalle compie dei gesti che non vediamo, ecco, proprio tutto questo, che a un "profano" potrebbe apparire come un limite, diventa in realtà un mirabile strumento di grazia: è attraverso l'incomprensibilità che possiamo sperimentare l'abbandono totale, olistico in Dio; un abbandono che avviene non per necessità vincolante, ma per libera adesione della ragione che riconosce il proprio limite e si ferma: oltre non c'è più ragione umana, c'è solo la grazia di Dio che ancora una volta si rende fisicamente presente fra gli uomini, nel Santissimo Sacramento dell'Altare.
Allo stesso modo, e nello stesso momento, nell'incomprensibilità della lettera, il fedele rinnova - ancora una volta con libera adesione della ragione - la sua convinta appartenenza alla famiglia della Chiesa. "Una cum famulo tuo Benedicto", sono le parole che il Sacerdote rivolge a Dio, ricordando che il Santo Sacrificio si compie in tutte le chiese del mondo, per ordine di Gesù Cristo e sempre e comunque in comunione col suo Vicario, il sovrano regnante romano Pontefice. L'incomprensibilità diventa allora strumento di adesione alla Chiesa, spontaneo e naturale gesto di amore e di fiducia primaria, la stessa che il bambino neonato ripone nella madre, dalla quale sugge il latte ogni giorno, pur non capendo ancora le parole che lei, amorevolente, gli rivolge!
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