di Giuseppe Capoccia
Prosegue il programma di Benedetto XVI di riforma della liturgia: a tre anni dal “Summorum Pontificum” che ha liberalizzato la messa antica, è stata pubblicata nei giorni scorsi l’Istruzione “Universae Ecclesiae”, il regolamento di attuazione per chiarire alcuni punti controversi e per imprimere un deciso impulso alla diffusione della messa in latino.
“Universae Ecclesiae” ribadisce che l’antico rito non è stato mai abrogato ed anzi è un “tesoro prezioso da conservare”; la decisione del Papa deve prevalere su eventuali norme “incompatibili con le rubriche dei libri liturgici in vigore nel 1962”, ponendo rimedio alle lamentele nei confronti di vescovi che non applicavano le norme del Motu proprio o addirittura lo criticavano esplicitamente o ne promuovevano il boicottaggio.
Sul punto la “Universae Ecclesiae” afferma che il provvedimento di Benedetto XVI “costituisce una rilevante espressione del Magistero del Romano Pontefice e del munus a Lui proprio di regolare e ordinare la Sacra Liturgia della Chiesa”: formula solenne per indicare un insegnamento dal quale nessun vescovo cattolico può discostarsi. L’Istruzione invita quindi i vescovi ad “adottare le misure necessarie per garantire il rispetto della forma extraordinaria del Rito Romano”, chiarendo che essi “devono vigilare in materia liturgica per garantire il bene comune e perché tutto si svolga degnamente, in pace e serenità nella loro Diocesi”, aggiungendo – per escludere interpretazioni maliziose – che la vigilanza non può essere arbitraria, ma deve essere “sempre in accordo con la mens del Romano Pontefice chiaramente espressa dal Motu Proprio Summorum Pontificum”. Traduzione: ai vescovi non spetta decidere se consentire la celebrazione della messa in latino; questo è già stato deciso dal Papa!
E’ finalmente affermato il diritto dei fedeli a partecipare alla messa antica ed un procedimento giuridico consente – in caso di rifiuti o ostacoli - di ricorrere alla Commissione Ecclesia Dei, definita “Superiore gerarchico” dei vescovi in questa materia. Ma d'altra parte, l'Istruzione è altrettanto netta nel ribadire che i fedeli che chiedono la celebrazione della messa in latino non devono sostenere o appartenere a gruppi che si dicono contrari alla validità o legittimità del nuovo rito promulgato da Paolo VI.
Infine, l'Istruzione risolve due questioni che non pochi ostacoli hanno finora creato alla diffusione della messa antica, circa il numero dei fedeli che richiedono la celebrazione e la presenza del “sacerdote idoneo”.
Ma tutto questo, secondo l'Istruzione, è solo il punto di partenza: la Chiesa vuole che la sua liturgia sia la più degna possibile e per questo si chiede ai vescovi di offrire al clero la possibilità di imparare a celebrare la messa antica. Ciò vale anche per i Seminari, dove si dovrà provvedere alla formazione conveniente dei futuri sacerdoti. E se dovessero mancare i sacerdoti in grado d’insegnare come si celebra nell'antico rito, l'Istruzione dispone che i vescovi possono chiedere la collaborazione dei sacerdoti degli Istituti eretti dalla Commissione Ecclesia Dei, sia per la celebrazione, sia per l'insegnamento.
Il senso dell’Istruzione è chiaro: favorire la maggiore diffusione del rito antico, rimuovendo gli ostacoli che sinora sono stati frapposti: “Non poche volte – ha detto il Papa lo scorso 6 maggio al IX Congresso Internazionale di Liturgia – si contrappone in modo maldestro tradizione e progresso. In realtà, i due concetti si integrano: la tradizione è una realtà viva, include perciò in se stessa il principio dello sviluppo, del progresso. Come a dire che il fiume della tradizione porta in sé anche la sua sorgente e tende verso la foce”.
tratto da "La Gazzetta del Mezzogiorno" dell'8.6.2011
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