Intervistato da ZENIT, il prof. Nicola Bux fa il punto sullo stato di attuazione del Motu proprio "Summorum Pontificum" a cinque anni dalla promulgazione.
di David Taglieri
Con il motu proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007 il Pontefice ha liberalizzato la celebrazione della Messa tridentina secondo l'uso del Messale del Beato Giovanni XXIII. A quasi cinque anni da tale provvedimento come descriverebbe la situazione nell'urbe cattolica?
Direi che siamo di fronte a un movimento di sicuro interesse, che si allarga pian piano, convincendo e avvicinando molti, in specie giovani, chierici e fedeli. Le vere riforme liturgiche hanno conquistato i cuori pian piano e in tal modo innovazione e tradizione si sono coniugate senza rotture.
Intorno al Concilio Ecumenico Vaticano II, dentro e fuori la Chiesa, attualmente ferve un dibattito molto vivace. Molti ne parlano, ma pochi sembrano aver letto i testi. Il rischio è che si finisca così per perdere la consapevolezza dell'unità nella storia della Chiesa, rendendo sempre più difficile un'ermeneutica della continuità tra Chiesa pre- e Chiesa post-conciliare, come auspicato invece da tempo da Benedetto XVI. In breve, che cosa statuiva esattamente il Concilio sulla celebrazione della liturgia?
E' tutto scritto nella prima “costituzione” – quindi un documento statutario, 'giuridico' del 1963 – che sulla scia dell'enciclica Mediator Dei di Papa Pio XII, del 1947 (quindici anni prima) descrive la natura della “sacra” - ossia divina - liturgia, cioè, dal greco, opera pubblica, della Chiesa. Pertanto,nessuno, anche se sacerdote, può aggiungere, togliere o mutare alcunchè (cfr. 22 c). E' esattamente quello che non è stato osservato.
E' vero che il Concilio raccomandava poi particolarmente lo studio e la promozione della lingua ordinaria della Chiesa, il latino, anche e soprattutto per la formazione dei giovani sacerdoti? Non era stato addirittura il Papa che volle il Concilio, il beato Giovanni XXIII, a scriverlo nella costituzione apostolica Veterum Sapientia oggi pressochè dimenticata?
La Costituzione liturgica, sulla scia del documento giovanneo, - diremmo oggi in continuità - chiedeva anche questo. Prova ne è l'esortazione apostolica Sacramentum caritatis dopo il sinodo del 2005: rilancia il latino come lingua della Chiesa universale. Del resto, perchè dovremmo rassegnarci all'inglese? Abbiamo bisogno o no della lingua comune noi cattolici almeno nella liturgia? E non toglie certo spazio alle lingue nazionali.
Che cosa risponderebbe a chi ancora oggi sostiene che la Messa tridentina - sia per la lingua che per i gesti, non agevolerebbe la comprensione del culto divino da parte del popolo né la sua partecipazione attiva?
Che cos'è il 'sentire odierno' ? L'uomo per parlare a Dio deve servirsi della Sua Parola e non della propria: noi preghiamo infatti con le parole dei Salmi, vecchi di tremila anni, e della liturgia che, unita al culto del tempio e sinagogale, ne fa altrettanti. La 'partecipazione' consiste innanzitutto nel sentirsi parte del corpo mistico di Gesù, e solo secondariamente nel 'partecipare' con gesti e parole. La liturgia è mistica e non si comprenderà mai pienamente in questo mondo. Questo è anche il motivo della 'durata' della Messa nella forma straordinaria, come la chiama Benedetto XVI, che ancor prima che tridentina è gregoriana ed apostolica. La Messa in forma ordinaria, può consolidarsi davvero solo se si riscopre il legame con l'antico rito e se ne lascia arricchire, come auspica il Motu proprio Summorum Pontificum e l'Istruzione Universae Ecclesiae.
Uno dei suoi ultimi libri, che si avvale anche di un contributo di Vittorio Messori, reca come titolo una vera e propria provocazione:Come andare a Messa e non perdere la fede (Piemme 2010). E' successo forse a qualcuno di sua conoscenza? con chi ce l'aveva esattamente?
E' un titolo suggerito dall'editore, che ho accettato in ragione del “crollo” che ha conosciuto la liturgia negli ultimi decenni causando in buona parte la “crisi” della Chiesa – parole di Benedetto XVI – che invece di parlare all'uomo di Dio, ha parlato dell'uomo. Di qui la noia e l'abbandono della Messa – e della Chiesa – da parte di tanti. Si rimedia restaurando “l'affresco” liturgico dalle deformazioni al limite del sopportabile, mediante la rinascita del sacro nei cuori, come ha appena ricordato nell'Omelia del Corpus Domini Benedetto XVI. Dio ha diritto di essere adorato come egli ha stabilito (su questo aspetto in particolare, se mi permette, consiglierei il libro del cardinal Raymond Burke, 'La Danza vuota intorno al Vitello d'oro', pubblicato dall'editore Lindau di Torino, appena uscito). Se ne avvantaggerà la Chiesa e la società, che non diventerà più giusta se non riscoprirà il “giusto” culto (in greco: ortho-doxia) al Signore.
Sono in corso i colloqui tra Santa Sede e Fraternità Sacerdotale San Pio X per ricomporre lo scisma consumato nel 1988. Secondo alcuni osservatori, la conclusione sarebbe solo questione di tempo. Lei che cosa si aspetta ?
Solo e sempre la riconciliazione dei cristiani nella verità e nell'amore. Non ha detto Gesù: che siano uno, affinché il mondo creda? Nessuno è di troppo nella Chiesa, che è 'una e multiforme'.
pubblicato il 12.6.2012 sul sito www.ZENIT.org
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