martedì 25 giugno 2013
lunedì 17 giugno 2013
"Vatican inisider" intervista il nostro Giuseppe Capoccia
Parla il portavoce del “Summorum Pontificum”: “Lo stile è diverso da Benedetto, ma ci piace il suo insistere su Messa, Diavolo, confessione e devozioni popolari”
Alessandro Speciale
città del Vaticano
fonte: Vatican insider - La Stampa.it
Sarà possibile continuare il vostro percorso con papa Francesco?
Alessandro Speciale
città del Vaticano
fonte: Vatican insider - La Stampa.it
Quando è stato eletto al soglio pontificio papa Bergoglio, alcuni ambienti tradizionalisti, legati all'antico rito della messa in latino, non hanno nascosto la loro preoccupazione e il loro disappunto, mentre i lefebvriani della la Fraternità San Pio X, con cui Benedetto XVI aveva ostinatamente cercato una riconciliazione,
ufficialmente mantengono un atteggiamento cauto ma parlano apertamente di “grandi paure” per il pontificato di Francesco.
Ma questo atteggiamento non è condiviso dall'intera galassia tradizionalista. Il “popolo del Summorum Pontificum” – che prende il nome del Motu Proprio di papa Ratzinger che ha liberalizzato la celebrazione della messa in latino nel 2007 – si prepara infatti a organizzare, sotto Francesco, un secondo pellegrinaggio a Roma dopo il primo esperimento dell'anno scorso.
E lo fa convinto che, pur con uno stile molto diverso da quello del suo predecessore, l'attenzione del papa argentino per le devozioni popolari, il suo insistere sul Diavolo e la confessione, il suo celebrare ogni giorno la messa sono elementi che i cattolici che si considerano tradizionalisti sentono come propri. Per il loro portavoce, Guillaume Ferluc, la messa in latino, lungi dall'essere qualcosa di snob e intellettualistico, è molto più vicino ai “poveri” che stanno a cuore a papa Francesco.
Il pellegrinaggio si terrà dal 24 al 27 ottobre e prevederà una messa in San Pietro e una via crucis per le strade di Roma. Vatican Insider ha intervistato il presidente del comitato organizzatore, Giuseppe Capoccia.
Come vede il popolo del Summorum Pontificum l'elezione di Papa Francesco e i suoi primi mesi?
“Come tanti cattolici, abbiamo vissuto con sconcerto la rinuncia del nostro amatissimo Papa Benedetto. Ed anche per noi è stata una sorpresa l'elezione di papa Francesco che pochissimi sino a quel momento conoscevano. Siamo stati, dunque, molto attenti ai suoi gesti ed alle sue parole. E le sue parole ci hanno subito rassicurati e confortati: ha parlato del diavolo che opera contro di noi ma che non può nulla contro la misericordia di Dio, ci ha invitati a non perdere la fiducia nell'amore di Dio, ci ha chiamati a 'uscire' dalla nostra routine per andare incontro alle periferie dell'umanità; a non diventare una sorta di collezionisti di antichità, o di novità'”.
Cosa pensate del suo stile liturgico? Il suo pontificato andrà in direzione opposta a quello di Benedetto XVI?
“Sarebbe ipocrita nascondere che se per un verso le parole di papa Francesco ci danno coraggio, alcuni suoi gesti ci lasciano spiazzati e comprendiamo anche coloro che esprimono disagio. Tuttavia, da persone sensibili alla tradizione, dunque al tempo lungo, non ci facciamo ingannare dal tempo breve: Papa Francesco viene da una cultura liturgica e pastorale diversa da quella romana, ed occorre del tempo perché possa introdursi nel clima della tradizione liturgica pontificale. D’altra parte, non bisogna pensare che la liturgia si possa ridurre ad una questione di stili celebrativi, oltre i quali debbono sempre prevalere la solidità e la consistenza teologica del rito”.
Quindi per ora sospendete il giudizio...
“Ogni Pontificato esprime proprie specificità; e se Papa Benedetto considerava il crollo della liturgia come causa e segno del crollo della Fede, non ci sembra che Papa Francesco si muova in direzioni differenti: basti considerare che l’ampio risalto dato, col permesso del Papa stesso, alla sua Messa quotidiana in Santa Marta risulta efficace monito per tutti i cattolici, presbiteri e laici, a prendere piena coscienza che solo l’Eucaristia è fonte dell’evangelizzazione”.
Altre espressioni del mondo tradizionalista sono state molto critiche con Papa Francesco, a cominciare dai lefebvriani. Cosa rispondete?
“Abbiamo letto e ascoltato incomprensioni e inquietudini provenienti da alcuni settori del mondo tradizionale. Spesso, dobbiamo dirlo, si è trattato di reazioni fondate su false informazioni. Quanto ai lefebvriani, le dichiarazioni ufficiali ci sono sembrate piuttosto riservate e prudenti. Non ci stupisce poi che qualcuno si sia lasciato andare a commenti più duri, ma forse occorre ricercarne le motivazioni nelle dinamiche interne alla Fraternità, piuttosto che in una reale diffidenza nei confronti del Santo Padre.
Quante persone vi aspettate al pellegrinaggio di quest'anno?
“Speriamo di accogliere 3000 persone per il sabato, giorno della processione e della Messa in San Pietro e di far giungere oltre 500 pellegrini da fuori Italia per i tre giorni del pellegrinaggio. Avremo un'idea più precisa a fine giugno quando presenteremo il programma ufficiale”.
Cosa volete comunicare al mondo cattolico in generale con la vostra iniziativa?
“Per anni, i fedeli e i sacerdoti legati alla tradizione liturgica della Chiesa sono stati ghettizzati e trattati con disprezzo se non con astio: sono stati confinati nelle periferie della Chiesa dalle quali occorreva tenersi alla larga. Desideriamo contribuire alla guarigione definitiva delle ferite provocate durante questi anni di persecuzione e di ingiustizia e ci sembra opportuno farlo senza rivendicazioni, ma inserendoci nella dinamica nuova alla quale ci chiama la Chiesa. Intendiamo essere testimoni, nella gioia e in spirito di servizio, dell’unità della Chiesa”.
“Nel contesto particolare del nuovo Pontificato, desideriamo pure illustrare quanto la forma straordinaria del rito romano sia uno strumento adattissimo alla riscoperta della povertà alla quale ci richiama Papa Francesco: inginocchiarsi, supplicare, tacere, confessare sono quattro attitudini caratteristiche sia della Messa tradizionale sia della povertà di spirito. Non solo: la riscoperta di ciò che san Francesco diceva della liturgia – non dimentichiamo che fu proprio lui a portare il Messale romano fuori dalla corte pontificia – potrebbe far comprendere ancor meglio la povertà cristiana, l’essere poveri in spirito, quasi mendicanti di Cristo che ci viene incontro nella liturgia e non ci priva del Suo splendore, aprendoci le porte del Cielo, dov’è la vera ricchezza: non è un caso se l’ultimo Santo a celebrare la Messa tradizionale per tutta la sua vita è stato proprio Padre Pio, specchio fedele di san Francesco”.
mercoledì 12 giugno 2013
Conferenza e Santa Messa a L'Aquila
Sabato 15 Giugno - ore 16,00
Hotel 99 Cannelle - Via Borgo Rivera, 21-23
- L’Aquila -
Conferenza :
LA SACRA LITURGIA
A CINQUANT’ANNI DAL VATICANO II
- Dott. Daniele Nigro - Ecclesia Mater delle Puglie
Domenica 16 Giugno ore 12,15
- Basilica di S. Maria di Collemaggio S. Messa in Rito Romano Extraordinario
Cura Coetus Fidelis Sancti Iohannes de Capistrano
lunedì 3 giugno 2013
Vescovi pugliesi e Messa "tradizionale", la parola del Papa
di Sandro Magister
fonte: blog Settimo cielo
Tra i vescovi italiani recatisi da Francesco in visita “ad limina”, quelli della Puglia sono stati i più loquaci nel riferire cose dette loro dal papa.
Non c’è stata solo la “rivelazione” – poi in parte contraddetta da padre Federico Lombardi – del vescovo di Molfetta Luigi Martella su due encicliche in viaggio: la prima, sulla fede, firmata dall’attuale papa ma scritta dal predecessore, che la starebbe tutt’ora ultimando nel suo romitorio; e la seconda, sulla povertà, tutta ad opera del papa regnante.
Ci sono state anche delle indiscrezioni riguardanti la liturgia.
Ha cominciato l’arcivescovo di Bari, Francesco Cacucci, che alla Radio Vaticana ha dichiarato che papa Francesco avrebbe esortato i vescovi a “vivere il rapporto con la liturgia con semplicità e senza sovrastrutture”.
Poi è stata la volta del vescovo di Conversano e Monopoli, Domenico Padovano, il quale ha raccontato al proprio clero che i vescovi pugliesi si erano lamentati col papa per l’opera di divisione creata dentro la Chiesa dai paladini della messa in rito antico.
E che cosa avrebbe loro risposto il papa?
Stando a quanto riferito da monsignor Padovano, Francesco li avrebbe esortati a vigilare sugli estremismi di certi gruppi tradizionalisti, ma anche a fare tesoro della tradizione e a farla convivere nella Chiesa con l’innovazione.
Per spiegare meglio quest’ultimo punto, il papa avrebbe portato il proprio esempio:
“Vedete? Dicono che il mio maestro delle cerimonie papali [Guido Marini] sia di stampo tradizionalista; ed in molti, dopo la mia elezione, mi hanno invitato a sollevarlo dall’incarico e sostituirlo. Ho risposto di no, proprio perché io stesso possa fare tesoro della sua preparazione tradizionale e contemporaneamente egli possa avvantaggiarsi, allo stesso modo, della mia formazione più emancipata”.
Se autentiche, sono parole istruttive circa lo spirito liturgico e lo stile di celebrazione dell’attuale papa.
Ma non è sicuro in che senso i vescovi pugliesi le abbiano interpretate.
Un altro di loro, quello di Cerignola e Ascoli Satriano, Felice Di Molfetta, già presidente della commissione della CEI per la liturgia, in un messaggio alla sua diocesi ha scritto tra l’altro:
“Non ho mancato di rallegrarmi col papa per lo stile celebrativo che ha assunto; uno stile ispirato alla ‘nobile semplicità’ sancita dal Concilio, manifestando particolare attenzione all’argomento e sul quale non sono mancate da parte sua considerazioni di alto profilo teologico-pastorale, condivise da tutti i confratelli presenti.
“Ho goduto tanto per il dialogo intessuto, essendomi occupato da una vita nell’insegnamento della teologia liturgica e sacramentaria, nel cogliere l’interesse del Santo Padre su questo vitale aspetto del ministero petrino, da lui esercitato sia nelle celebrazioni feriali a Santa Marta sia in quelle solenni nella Basilica Vaticana come per la canonizzazione degli 800 martiri di Otranto: una celebrazione contenuta nel tempo e nell’insieme del suo svolgimento rituale.
“Papa Francesco, alla luce di certi fenomeni del recente passato in cui sono state registrate sul piano liturgico non poche derive, ha esortato noi vescovi, riferendoci anche alcuni esempi concreti, a vivere il rapporto con l’azione liturgica, in quanto opera di Dio, da veri credenti al di là di ogni tronfio cerimonialismo, pienamente consapevole che la ‘nobile semplicità’ di cui parla il Concilio, non è sciatteria ma Bellezza, bellezza con la ‘B’ maiuscola”.
Ma arruolare papa Francesco tra le file dei progressisti anche in campo liturgico è per lo meno azzardato. Non risulta affatto, in particolare, che egli sia ostile alla liberalizzazione della messa in rito antico, decisa da Benedetto XVI col motu proprio “Summorum pontificum” del 2007.
Mentre è certo che proprio monsignor Di Molfetta fu quell’anno uno dei più combattivi critici di quel motu proprio, prima e dopo la sua pubblicazione.
Giudicava la messa in rito antico “incompatibile” con quella postconciliare e si diede da fare, senza successo, perché la CEI producesse una nota interpretativa – in senso restrittivo – della “Summorum pontificum”.
(...)