Se c'è un rischio grande, oggi, è quello di credere di vivere le cose perché le si pensa o perché le si vede. Sì, oggi è questa la grande illusione, l'illusione del “virtuale”. Non vogliamo parlare solo di internet, anche di questo, ma non solo di questo. C'è nel mondo tradizionale chi, navigando sul web, fa il pieno di informazioni sulla vita della Tradizione, partecipa a tutti i più infuocati dibattiti o intervenendo o lasciandosi agitare, e pensa così di vivere la Chiesa secondo la tradizione. C'è poi un altro genere di “virtuali”, fatto da quelli che, amando viaggiare, vanno in cerca dei luoghi più significativi, dove poter vivere qualche intensa esperienza, che faccia loro gustare un pezzetto della Chiesa di sempre: un giorno sono in un convento, l'altro in un priorato, l'altro ancora in una chiesa dove si canta bene la messa. Nell'approssimarsi di una festa dicono: “Dove andiamo a viverla questa volta, dove sarà meglio?”. Entrambe queste posizioni sono ingannevoli e a lungo andare non costruiscono niente, lasciano a mani vuote, non cambiano la vita. Sono entrambe ingannate dal “virtuale” che non diventa mai “carne e sangue”. È un vagabondare pericoloso, che non ti cambia, che sposta fuori di te il problema. Potremmo applicare a questo genere di persone il giudizio severo che San Benedetto, padre del monachesimo occidentale, esprimeva sui monaci vaganti: Perché questa sferzante severità da parte del Patriarca del monachesimo? Perché questi monaci, così vagando, non si pongono sotto l'obbedienza di nessuno e sfuggono al primo compito del cristiano, la propria conversione. I monaci benedettini fanno due voti: quello di stabilità (nel monastero) e quello della conversione dei costumi, conversione della vita. Ma è evidente che i due voti sono collegati strettamente: come fa il monaco a convertire la sua vita, se stabilmente non si mette sotto un'obbedienza santa, se non segue chi può guidarlo al cambiamento della sua vita? E come fa ad obbedire se non è stabile, se il riferimento della sua vita non è stabile? Questo è vero anche per ciascuno di noi, non solo per il monaco. È vero per ogni cristiano.
Tanto più per il cristiano che giustamente vuole seguire il Cristianesimo “non modificato”, cioè la Tradizione. Per questo, e lo abbiamo già detto, dobbiamo riconoscere un luogo di messa tradizionale, dove accanto alla celebrazione della messa ci sia anche la sana dottrina, e farlo diventare il luogo della nostra stabilità. Solo così sarà edificata la nostra vita, sotto un'obbedienza reale che ci converte. Anche nel caso che questo luogo sia molto distante, e quindi impossibile recarvisi tutte le settimane, sarà sempre possibile un riferimento spirituale intenso che ci permetterà un reale seguire. Uno non potrà forse andarci tutte le settimane, ma programmerà il suo esserci nei momenti più intensi dell'anno. Molte volte la difficoltà della distanza invece di essere un inciampo, se aumenta il desiderio, è una grazia: tu che sei distante puoi capire meglio quanta grazia ci sia in quel luogo, che tu non puoi sempre raggiungere. Ad altri, più fortunati per vicinanza, sarà invece sempre possibile una fedeltà scrupolosa, alle messe e agli incontri dottrinali, fedeltà che, sola, nel tempo produce grandi frutti. La vita cristiana consiste nel seguire Cristo, ma questo seguire passa attraverso quel prolungamento dell'Incarnazione di Nostro Signore che si chiama Chiesa. E nella Chiesa si incarna in volti precisi: quel sacerdote, quel fedele più zelante ecc...Non ha proprio senso il vagabondare spirituale, è sterile e se volete ridicolo: vai in un luogo, vuoi vederci una bella Messa cantata, va bene! ma lo sai che, perché ci sia quella Messa cantata, dei fedeli hanno rinunciato alla loro “libertà”, per essere lì tutte le domeniche a cantarla?...e altri hanno assicurato il servizio all'altare, tutte le domeniche? ...e un prete è lì stabilmente per celebrarla? Se tutti questi avessero vagabondato negli anni, per cercare “esperienze” spiritualmente interessanti, tu non avresti trovato un bel nulla. Riflettici su questo.Sì, è chiesta a molti una conversione in questo senso, una decisione per la vita: vuoi laTradizione? Falla!... secondo l'autorità che il Signore ti ha dato. Sei prete? Inizia a celebrare la messa di sempre. Sei laico? Recati stabilmente dove un sacerdote, sano per dottrina, ha assicurato la messa della Tradizione, e sii fedele a quella chiesa, perché la tua fedeltà edifichi altri e converta il tuo cuore. Non c'è alternativa a questa stabilità. Avete mai provato a domandarvi: ma se per un miracolo della Provvidenza, il Papa concedesse libertà totale all'esperienza della Tradizione, sapremmo far frutto di questa libertà? Ci metteremmo, sotto la grazia di Dio, a fare il Cristianesimo secondo la Tradizione? O troveremmo delle scuse per vivere ancora nella recriminazione? Volere che la Chiesa torni alla sua Tradizione, lamentandosi o rimpiangendo, fa buttare il tempo, fa buttare la vita... e la vita passa veloce