Lo so, la
memoria liturgica di questo illustre Santo romano l'abbiamo celebrata il 26
maggio scorso. Tuttavia, oggi mi piace ricordarne la figura, poiché egli ricevé
in maniera sensibile, sotto forma di globo di fuoco, lo Spirito Santo mentre visitava,
meditando e pregando lo Spirito Santo, le catacombe romane di S. Sebastiano la
vigilia di Pentecoste del 1544. Quel fuoco divino, penetrando in lui, gli
dilatò il cuore e gli spezzò due costole per fargli posto, tanto che il
santo ebbe a dire: “Basta, Signore, basta; non resisto più”. Da allora quella fiamma scaldò il cuore di S.
Filippo di una grandissima carità per Dio e per gli uomini.
* * * * * * *
Da Oreste Cerri, S.
Filippo Neri Aneddotico, Ed. Il Villaggio del Fanciullo di Vergiate,
Ferentino, 1939, pp. 43-45:
La sera
della vigilia, Filippo, com’era sua consuetudine, era sceso nei sotterranei
delle catacombe di San Sebastiano per pregare su quegli avelli
imporporati del sangue glorioso dei primi martiri.
Egli vi
godeva misteriose bellezze sconosciute agli occhi profani del mondo. Nei loro cunicoli, in mezzo
all’oscurità profonda, in quel silenzio arcano, egli si sentiva ardere d’amor
di Dio e meditava il mirabile prodigio della Pentecoste.
Ad un
tratto il suo cuore fu invaso di grande gioia ed una luce vivissima illuminò la
sua persona. Il santo alzò lo sguardo e vide scendere dall’alto un globo di
fuoco che posatosi sulla sua bocca, gli penetrava poi nel petto, producendo in
lui effetti mirabili.
Il suo
cuore, in contatto con quella vivissima fiamma, si dilatò improvvisamente. Non potendo più il petto
contenerlo, per la violenza, s’inarcarono due costole che si sollevarono fino a
spezzarsi.
Ebbe
come un forte tremore, un sussulto per tutte le membra e, fuori di sé dalla gioia, strinse fortemente le mani
sopra il cuore che sentiva bruciare e battere con veemenza.
Un vivo
palpito d’amore divampava in quel momento dentro di lui, inondando il suo animo di
tanta soavità che, delirante dalla gioia, esclamò: “Basta, o Signore, non più,
non più!”
Lo
Spirito Santo era sceso nel cuore di Filippo, dilatandolo miracolosamente,
sicché si era ripetuta su di lui la stessa scena degli apostoli.
Era
l’epilogo d’un poema divino! Il bacio ardente del Paracleto con la grande anima
di Filippo, come suggello della sua santità.
Da Hans Tercic, Filippo Neri. L’amore vince ogni paura, ed. Città Nuova, Roma, 2003, II ed., pp. 81-82:
Filippo non parlò di questa sua esperienza e tantomeno di altre
simili che continuarono ad accompagnare la sua vita a partire dalla sua pentecoste
personale. Ma la gente che gli stava attorno si rese conto degli effetti della
stessa sul suo corpo. Con suo grande dispiacere e vergogna, Filippo non era in
grado di contrastare quello che lo Spirito operava in lui e di conseguenza
spesso non era signore e padrone del proprio corpo. Quando era rivolto alle
cose divine, Dio si impadroniva con tale forza di lui che il suo corpo
cominciava a tremare e a scuotersi. Era colto allora da un battito di cuore
talmente violento da essere sentito dagli altri, e soprattutto il suo corpo
diffondeva, in queste circostanze, un fuoco intorno anche esso avvertibile.
Soprattutto questo calore interno colpì tutti. Non aveva mai freddo; anche d’inverno
andava in giro con la veste talare sbottonata, la sua finestra rimaneva aperta
e trascorreva intere notti all’aperto. … È possibile che questi fenomeni fisici
siano legati ad una malformazione cardiaca (cosa che per altro normalmente non
gli avrebbe consentito di diventare così vecchio); sta di fatto che essi
venivano provocati e rafforzati in presenza di esperienze spirituali. La stessa
osservazione può essere fatta anche circa lo strano rigonfiamento tumorale che
Filippo presentava sul petto all’altezza del cuore. Questo ingrossamento del
petto non subì modificazioni e alcuni medici famosi del tempo che lo curarono
non riuscirono a fornire una spiegazione per questo rigonfiamento grande come
un pugno. Il suo medico, Andrea Cesalpino, dopo la sua morte constatò nel corso
dell’autopsia che nel punto del rigonfiamento le costole erano rotte, cioè le
ossa erano separate dalla cartilagine. Egli attribuì la cosa a una causa
soprannaturale.
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