Mai più guerra?
La soluzione non è il pacifismo
La soluzione non è il pacifismo
di Nicola Bux
I missili di Hamas su Israele, le
bombe su Gaza, i combattimenti in Siria, la persecuzione dei cristiani a Mosul,
gli incendi e i saccheggi in Libia. La guerra, le violenze e gli eccidi paiono
dominare parti sempre più grandi del nostro mondo. E una domanda: perché?
Dinanzi alla realtà delle guerre
e allo stupore per il fatto che vi siano, la Sacra Scrittura rivela che la guerra è una conseguenza del peccato
originale. Imparai al catechismo che la separazione dell'uomo da Dio e la sua
ribellione, avvenuta in origine, è la causa prima delle infermità, dei dolori,
delle fatiche e, soprattutto, della morte del corpo; come, pure, causa
dell'ignoranza, della malizia, della debolezza e della concupiscenza
dell'anima. L'intelligenza rimase offuscata, in modo che con difficoltà
riconosce il vero, con facilità cade nell'errore e s'indirizza più alle cose
temporali che alle cose eterne.
La volontà rimase indebolita e
inclinata verso il male: con gravissima difficoltà supera il vizio e pratica la virtù; anzi, spesso si sente
trascinata verso il peccato, anche quando la ragione comprende chiaramente che
è male. In tanto sconvolgimento di tutta la natura umana, che cosa diventò la
vita dell'uomo sulla terra? Ignoranza, povertà, malattie, guerre, fame e vizi
di ogni genere furono il retaggio della misera umanità attraverso i secoli.
Tutte conseguenze del peccato originale, o come lo si voglia chiamare, che, per
alcuni teologi, è una favola; eppure, basta aprire il libro dell'Apocalisse,
dove la guerra, la morte e la fame sono raffigurate come cavalli che percorrono
la storia (cfr 6, 1-8), finché non arriva, sul cavallo bianco, il vincitore,
Gesù.
Dinanzi all'agitarsi continuo di
ecclesiastici nell'invocare la
pace, l'uomo della strada chiede: si può evitare o far cessare la guerra? I
cattolici dovrebbero rispondere: solo con la conversione del cuore a Dio e il
riconoscimento della redenzione operata da Gesù Cristo. Allora non costruiremo
la pace? Sì, ma a partire dall'annuncio di Colui che ne è il principe e la
pietra angolare, senza il quale l'edificio non sta in piedi. Altrimenti,
s'addice a noi, il monito del profeta Geremia: «dal profeta al sacerdote tutti
compiono azioni menzognere. Guariscono la ferita del mio popolo alla leggera,
dicendo: “Pace, pace!”. Ma pace non c'è. Avrebbero dovuto vergognarsi di aver
fatto cose abominevoli, ma non si vergognano affatto, né sanno arrossire...»
(8, 10-12). Infatti, come possiamo pretendere di avere la pace, se, con
l'aborto, abbiamo portato la guerra fin nel grembo materno? Gesù non ha degnato
di attenzione le tante guerre nell'impero romano, perché non si fermava agli
effetti – la guerra è tale – ma additava e rimuoveva la causa: la lontananza da
Dio, l'immoralità, il peccato. Per questo non ha mai detto che non vi saranno
guerre, né ha istruito i suoi al pacifismo. Cosa ha fatto? Risponde Eliot nei
Cori della Rocca: ha fatto il Cristianesimo. Questo è il rimedio.
Benedetto XVI ha spiegato che
Gesù è venuto a riaffermare l’adorazione di Dio: il primo comandamento mosaico «Io sono il
Signore Dio tuo” si compie nell’ “Io Sono” del Figlio di Dio. La missione del
Vangelo è l’adorazione di Dio, non la soluzione dei problemi sociali, tra cui
la guerra: “ma che cosa ha portato Gesù veramente, se non ha portato la pace
nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore? Che cosa ha portato? La
risposta è molto semplice: Dio. Ha a portato Dio» (Gesù di Nazaret, I, p
67).
Così Gesù ha cambiato il mondo
non solo una volta per tutte, ma lo cambia ogni volta che incontra il mondo intimo dell’uomo.
Perciò Egli ha promesso di essere con noi fino alla fine del mondo. Non
potrebbero i cattolici evangelizzare questo? L'effetto sarà più lento, ma più
duraturo, mettendo la premesse della vera pace: la conversione del cuore. Per
conseguire la pace, Gesù non ha chiesto agli Apostoli di costituire una
“comunità ecumenica mista”, come faceva il gesuita scomparso in Siria (cosa che
i musulmani considerano apostasia dalla loro religione), ma di fare la Chiesa
una, santa, cattolica e apostolica. A noi cattolici non è consentito di andare
oltre questo mandato, presumeremmo di essere più grandi di Gesù Cristo. Dunque:
«Il grande problema, posto davanti al mondo resta immutato – come disse
Giovanni XXIII nel discorso di apertura del Vaticano II – o sono con Cristo e
con la Chiesa sua oppure sono senza di Lui, o contro di Lui, e deliberatamente
contro la sua Chiesa».
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