Abbiamo già suggerito nei giorni scorsi un'invocazione di preghiera alla Vergine Maria, Regina di Palestina, a favore delle popolazioni innocenti e sofferenti di Gaza e, soprattutto, per i cristiani perseguitati dagli islamici del Califatto di Mosul, da recitarsi il 1° agosto, giornata di preghiera, e che ha trovato a livello locale anche alcuni riscontri significativi.
Oggi apprendiamo che non tutti gli islamici hanno aderito alla campagna di odio nei confronti delle inermi popolazioni cristiane di quelle antiche terre, che per prime conobbero la Rivelazione di Dio. Anzi, alcuni di questi sono stati uccisi e frustati. Anche se non cristiani, pur'essi possono definirsi tali in spirito. A questi islamici generosi e sprezzanti del pericolo che corrono va la nostra ammirazione e riconoscenza.
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I sedici
ulema uccisi a Mosul per aver difeso i cristiani, l’imam frustato in piazza e
altre storie di musulmani perseguitati dallo Stato islamico
Leone Grotti
Come vivono il fanatismo del
califfo Al Baghdadi i musulmani di Iraq e Siria? Camille Eid: «Alcuni
protestano pagando con la vita, la maggior parte tace»
I fanatici dello Stato islamico,
dopo essersi insediati a Mosul proclamando il califfato, hanno dato il via a
una sistematica persecuzione dei
cristiani, culminata nella cacciata di
questi dalle loro case. Le massime cariche istituzionali della Chiesa e degli
organismi internazionali hanno condannato questa condotta, ma come hanno
reagito i musulmani moderati? «Dipende», dichiara a tempi.it Camille
Eid, scrittore e giornalista libanese. «Alcuni hanno protestato, pagando
con la propria vita, altri hanno preferito restare in silenzio».
Chi si è opposto?
Innanzitutto 16 ulema sunniti che
appartengono a confraternite sufi di Mosul, il ramo più spirituale dell’islam.
La notizia della loro uccisione è uscita circa un mese dopo la presa della
città da parte dello Stato islamico (e secondo l’Onu sono stati uccisi tra il
12 e il 14 giugno, ndr). Alcuni di loro sono stati uccisi ancora prima che
venissero emanati gli editti contro i cristiani perché si erano opposti
all’interpretazione radicale dell’islam seguita da questi terroristi. Tra loro
ci sono gli imam della Grande moschea della città, Muhammad al-Mansuri, e
quello della moschea del Profeta Giona, Abdel-Salam Muhammad.
Ce ne sono altri?
Un docente di legge (che lavora
nel dipartimento di Pedagogia dell’università di Mosul, ndr), Mahmoud Al
‘Asali, che si è ribellato alle azioni persecutorie contro i cristiani. È stato
davvero coraggioso. Altri, magari, pensavano che questi terroristi non facessero
davvero sul serio.
Cioè?
Lo sceicco Muhammad Al Badrani, imam sufi, ha ricevuto 70 frustate come punizione per aver ripetuto dal minareto della moschea Al Kawthar lodi “aggiuntive” al Profeta prima dell’appello alla preghiera. Era già stato avvertito di smettere e forse non li ha presi sul serio. Allora lo hanno trascinato davanti al tribunale e gli hanno dimostrato che non scherzano. Ma non hanno problemi a punire anche uccidendo.
Lo sceicco Muhammad Al Badrani, imam sufi, ha ricevuto 70 frustate come punizione per aver ripetuto dal minareto della moschea Al Kawthar lodi “aggiuntive” al Profeta prima dell’appello alla preghiera. Era già stato avvertito di smettere e forse non li ha presi sul serio. Allora lo hanno trascinato davanti al tribunale e gli hanno dimostrato che non scherzano. Ma non hanno problemi a punire anche uccidendo.
Come si spiega questi gesti di
grande coraggio?
Non dico che Mosul abbia alle
spalle una storia ideale di convivenza, però quanto meno il suo pluralismo è
conosciuto da secoli. È stata una città con una composizione di etnie e
religioni molto variegata. C’erano i cristiani siri, caldei, armeni; i
musulmani sunniti, sciiti, sunniti sufi, yazidi. Poi i curdi, i turkmeni e
anche una comunità ebraica fino agli anni Cinquanta. La convivenza di questi
gruppi ha prodotto una tolleranza reciproca e molti si sono opposti alla sua
distruzione. Anche i cristiani all’inizio sono stati ingannati, perché i
terroristi hanno dato loro l’impressione che se fossero rimasti tranquilli
avrebbero potuto continuare a vivere nella città. Non era così.
A Baghdad si è vista una piccola manifestazione di
sostegno musulmano ai cristiani.
Non è stata una cosa organizzata.
Si tratta di giovani musulmani che hanno voluto esprimere la loro vicinanza ai
cristiani scrivendo sulle magliette “Io sono iracheno, sono cristiano” e anche
“Siamo tutti cristiani”. Poi si è trasformata in una campagna Twitter. Questa è
stata un’idea geniale che risponde alla richiesta del patriarca Sako, che ha
invocato dai musulmani gesti di vicinanza concreti, non parole. Ha chiesto:
dove siete voi musulmani moderati?
Il gesto di questi musulmani è
isolato?
Purtroppo la maggior parte dei
musulmani tace. Io capisco quelli che vivono nelle zone dove governa lo Stato
islamico e che rischierebbero la vita. Però mi chiedo: il grande imam della
moschea di Al Azhar in Egitto perché non parla? Che paura puoi avere se ti
trovi al Cairo? Molti non parlano contro le crocifissioni,
le lapidazioni e
le amputazioni perché sanno già cosa si sentirebbero rispondere: non avete
letto il Corano? Quando i terroristi compiono questi atti prima citano il
Corano. E questo è un problema.
Nei luoghi in cui si insedia lo
Stato islamico cerca di insegnare la versione radicale dell’islam contro cui si
sono opposti gli imam sufi?
Certo. A Raqqa, ad
esempio, sono molto pignoli con le accuse di politeismo e hanno tappezzato i
muri della città (foto a destra) con manifesti che riportano: “Chi appende un
amuleto [allo specchietto retrovisore della macchina] commette politeismo”. C’è
anche una squadra di donne che pattuglia le strade controllando che nessuna
donna violi il rigido codice di abbigliamento. Diciamo che fanno il loro
catechismo.
Fonte: Tempi, 25.7.2014
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