Respirare
a pieni polmoni
di Vito Abbruzzi
Qualche giorno fa un amico mi ha scritto: “Si è pensato, per la
Tradizione, di immaginare qualcosa di simile al pellegrinaggio annuale
Parigi-Chartres, che si svolge a Pentecoste, e che possa coinvolgere i giovani
in un percorso, magari in qualche data significativa tra luglio-agosto. Già un
gruppo di scout lo fa ogni 11 luglio per ricordare il Santo di Norcia, ma questa data non sarebbe gradita ad alcuni tradizionalisti (visto che per essi S. Benedetto è solo il 21 marzo). Per
cui, bisognerebbe scegliere una data opportuna, che non susciti risentimenti né
tra i moderni né tra i ridetti tradizionalisti puristi. Tu che ne
pensi?”. Bella domanda!
All’amico ho subito risposto con pochissime battute – secondo lo stile
delle E-mail – in questi termini: “Per
quanto riguarda i suddetti tradizionalisti: io credo che proprio il Summorum
Pontificum abbia il merito di aver
riconciliato tutti e dato un’ampia libertà di culto: è bene non stracciarsi le
vesti ed approfittarne. D’altronde, lo stesso accade per il festeggiamento
degli onomastici”: chi li festeggia col vecchio calendario liturgico e chi con
quello nuovo. Prova ne sono le feste in onore dei Santi Patroni, moltissime
delle quali – non so se per timore o per rispetto della popolazione – sono
rimaste fedeli alla data originale. Un esempio tra tutti: la festa dei Santi
Medici ad Alberobello, che cade puntualmente ogni anno il 27 settembre, quando,
invece, in altri santuari a loro dedicati – come quello più antico di
Conversano, dedicato anche a S. Rita da Cascia – la ricorrenza liturgica la si
fa cadere il giorno prima: come stabilito dal calendario attualmente in vigore.
Quando dico che
il Motu Proprio a favore della “Liturgia romana anteriore alla riforma del
1970” ha il merito di aver riconciliato
tutti e dato un’ampia libertà di culto, apro una polemica con chi si ostina
ad alzare barricate, dividendo il mondo cattolico in moderni, o modernisti, da
una parte e tradizionalisti – per di
più puristi – dall’altra:
inconciliabilmente distinti e distanti gli uni dagli altri.
Noi – grazie a Dio – ci sentiamo e siamo realmente cattolici! Nel senso più genuino del
termine: non chiusi monoliticamente in questo o quello schieramento, bensì
aperti alla multiversalità delle
espressioni di culto che caratterizzano da sempre proprio il Cattolicesimo; e
soltanto esso. E ciò in ossequio a quanto già felicemente esprimeva il santo
papa Giovanni XXIII, a proposito dell'allora celebrando Concilio Vaticano II: “Il Concilio è convocato, anzitutto, perché, la Chiesa
cattolica, nella fulgida varietà dei riti, nella multiforme azione, nella
infrangibile unità, si propone di attingere novello vigore per la sua divina
missione. Perennemente fedele ai sacri principii su cui poggia e all’immutabile
dottrina affidatele dal Divin Fondatore, la Chiesa, seguendo sempre le orme della tradizione antica, intende, con
fervido slancio, rinsaldare la propria vita e coesione, anche di fronte alle
tante contingenze e situazioni odierne”.
L’errore che tanto il fronte modernista
quanto quello tradizionalista commette
è quello “di respirare, per così dire, come un tisico, che con un solo polmone”, secondo
la celebre frase del poeta, filosofo e filologo russo Vjaceslav Ivanov (Mosca, 28 febbraio
1866 – Roma, 16 luglio
1949), ripresa da Giovanni
Paolo II nel Discorso ai partecipanti al simposio internazionale su “Ivanov e la cultura del suo tempo”; ma se per l’ortodosso
Ivanov si tratta di “un sentimento di malessere, divenuto a poco a poco sofferenza, per
essere staccato dall’altra metà di questo tesoro vivo di santità e di grazia”, costituito,
appunto, dalla Chiesa di Roma con la ricchezza
della sua Liturgia, a molti cattolici, ahimè!,
sfugge tutto questo. E pensare che “la Lettera Apostolica, Summorum Pontificum
Motu Proprio data, del Sommo Pontefice Benedetto XVI
del 7 luglio 2007, entrata in vigore il 14 settembre 2007, ha reso più
accessibile alla Chiesa universale la ricchezza della Liturgia Romana”!
(Istruzione Universae Ecclesiae, n.
1).
Ho abbondantemente trattato
questo argomento, nell’articolo “La ‘ricchezza’ della Liturgia Romana”, e non voglio,
perciò, ripetermi; ma mi preme che coloro i quali si considerano come “i
buoni cattolici, i bravi figli della Chiesa” (Paolo VI), non si lascino irretire ed etichettare, con argomenti
faziosi e capziosi, da chi fomenta lo scandalo della divisione: ad extra, ma soprattutto ad intra della Chiesa di Roma.
Noi, vivaddio!, siamo a
pieno titolo buoni cattolici e bravi figli della Chiesa: liberi,
veramente liberi, “di rendere culto a Dio secondo le disposizioni del proprio rito
approvato dai legittimi Pastori della Chiesa e di seguire un proprio metodo di
vita spirituale, che sia però conforme alla dottrina della Chiesa” (CIC, can. 214).
Riflettano, adunque, gli altri e convengano sul fatto che “non si può respirare come cristiani, direi di più, come cattolici, con un solo polmone” (Giovanni Paolo II); e che si deve, necessariamente, respirare – come noi facciamo – a pieni polmoni!
Riflettano, adunque, gli altri e convengano sul fatto che “non si può respirare come cristiani, direi di più, come cattolici, con un solo polmone” (Giovanni Paolo II); e che si deve, necessariamente, respirare – come noi facciamo – a pieni polmoni!
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