mercoledì 6 agosto 2014

"... Et transfiguratus est ante eos; et resplenduit facies eius sicut sol ..." (Matth. 17, 2)

Dopo aver celebrato ieri la festa della dedicazione della Basilica romana di Santa Maria Maggiore, oggi contempliamo il mistero svoltosi sul Tabor: la Trasfigurazione del Signore.




Un riferimento speciale a questa grande teofania, che i Padri annoverano, a buon diritto, tra i più grandi miracoli operati da Dio per dimostrare il carattere messianico e divino del suo Cristo, lo si trova, nell’antica liturgia romana, nella solenne veglia del sabato delle Quattro Tempora di Quaresima. In occasione di questa veglia notturna, san Leone Magno tenne molte splendide omelie sul racconto evangelico della Trasfigurazione; omelie che ricevevano un’efficacia speciale dalla sinassi notturna celebrata sulla tomba stessa di san Pietro, uno dei tre testimoni privilegiati del miracolo verificatosi sul Tabor.
Quando, però, l’incomprensione della liturgia, da parte dei fedeli, portò a penetrare meno profondamente nel tesoro tradizionale del Messale romano, si sentì il bisogno di colmare, per così dire, una lacuna, istituendo una nuova festa in onore della Trasfigurazione, allo scopo di divulgarne il mistero. Queste furono le ragioni pastorali che portarono all’istituzione della festa.
D’altronde, da molti secoli gli Orientali celebravano con una solennità tutta speciale ἁγία Μεταμόρφοσις τοῦ Κυρίου il 6 agosto come una delle feste maggiori dell’anno. Essa qui risaliva sin dal V sec. ed era nota sin da circa l’anno 500 d.C. dalla Chiesa nestoriana; dal VII sec. dalla Chiesa siriaca d’Antiochia. È attestata inoltre a Gerusalemme nel VII sec. dal Lezionario georgiano di Gerusalemme (così M. Tarchnischvili, Le grand Lectionnaire de l’Église de Jérusalem, V-VIII siècle, Coll. Corpus scriptorum christianorum orientalium, vol. 189, tomo 2, Louvain 1960, p. 25).
Alcuni la mettono in relazione con la dedicazione delle basiliche del Tabor. Sembra che la sua data fosse stata scelta in funzione dell’Esaltazione della Santa Croce: il 6 agosto, infatti, precede di quaranta giorni il 14 settembre. Ora, secondo gli apocrifi, la Trasfigurazione ebbe luogo 40 giorni prima della Crocifissione (così ricorda J. Van Goudoever, Fêtes et calendriers bibliques, Coll. Théologie historique, 7, Paris 1967, p. 277).
Riguardo al mistero della Trasfigurazione, per comprenderne la spiritualità nell’Oriente cristiano, può essere utile ricordare che, in pieno XIV sec., a Costantinopoli nacque un’accesa controversia tra il partito monastico – rappresentato da san Gregorio Palamas – ed una certa sensibilità umanistica – rappresentata dal monaco greco basiliano di Calabria Barlaam di Seminara. Oggetto del contendere fu proprio la luce taborica. Per i monaci tale luce era un’esperienza di grazia divina, essendo la manifestazione delle energie increate di Dio nell’uomo; essa poteva essere vista e contemplata mediante la pratica dell’esicasmo. Per Barlaam, non era altro che un fenomeno naturale o un’illusione diabolica, in quanto gli occhi del corpo non possono contemplare l’Essenza divina. L’epilogo di tale controversia, che conobbe diversi momenti, è risaputo: Barlaam fu condannato da due concili ortodossi convocati dall’imperatore Andronico III nel 1341 ed accusato di una visione agnostica e neoplatonica. Sconfitto, uscì dalla scena costantinopolitana rifugiandosi in Occidente dove fu elevato, l’anno successivo, all’episcopato di Gerace dal papa di allora (Clemente VI). Per breve tempo fu l’insegnante di greco del Petrarca e del Boccaccio. A Costantinopoli, invece, dopo altre controversie, la sensibilità “palamita”, che dava particolare risalto alla Trasfigurazione, si rafforzò e questo influenzò notevolmente pure lo stile iconografico dell’ultimo periodo bizantino. Le icone d’epoca paleologa sono caratterizzate da un’estrema raffinatezza rappresentativa e da una luminosità ultramondana che brilla sul corpo dei santi rappresentati, sugli oggetti e sul mondo naturale che li circonda (Cfr., per approfondimenti, A. Fyrigos, Dalla controversia palamitica alla polemica esicastica, Roma 2005, passim).


Icona della Trasfigurazione, XII sec., Monastero di Santa Caterina, Sinai

Icona musiva della Trasfigurazione, XII sec.


Teofane il Greco, Trasfigurazione, XV sec., Galleria Tret'jakov, Государственная Третьяковская галерея, Mosca


Teofane di Creta, Trasfigurazione, 1535-46

Tornando alla festa della Trasfigurazione, essa comparve in Occidente a metà del IX sec., diffusasi nei secoli successivi, va ricordato che, all’inizio del XII sec., Pietro il Venerabile, abate di Cluny, si fece propagatore fervente di questa festività. Non contento dell’iscrizione nel calendario cluniacense nel 1132, egli compone un Ufficio della Trasfigurazione (J. Leclercq, Pierre le Vénérable, Paris 1946, pp. 382-390). La sua lettera ai monaci latini del Monte Tabor ed il sermone che egli ha lasciato su questo mistero rivelano la considerazione che il Cristo raggiante di gloria aveva nella sua contemplazione (Epistola XLIV, Lettera ai monaci del Monte Tabor, in PL 189, col. 266-268; Sermones, Sermo I, De Transfiguratione Domini, ivi, col. 953-972). Cluny dovette essere, durante tutto il XII sec., un efficace propagatore della festa del 6 agosto. Se questa festa, comunque, tocca poco i Paesi germanici (Fulda, Reichenau e San Gallo l’ignorano), essa conobbe una solida radicazione in Italia fin dall’XI sec., da Bologna a Monte Cassino.
In questa data del 6 agosto 1456 l’armata cristiana riportò una celebre vittoria sui Turchi. Come ci rammenta, in epoca più vicina a noi, il Venerabile Pio XII sin dall'esordio della sua Lettera Apostolica Dum maerenti animo del 29 giugno 1956Papa Callisto III, nel 1457, istituì e fissò per questo stesso giorno la festa della Trasfigurazione del Signore, come una solennità di annuale azione di grazie al Signore per il beneficio ricevuto e per lo scampato pericolo. L’antica solennità romana di san Sisto II e dei suoi sei eroici diaconi, i famosi Comites Xysti portant qui ex hoste tropæa, fu dunque quasi sepolta, essendo ridotta al rango del semplice commemorazione.



Carl Heinrich Bloch, Trasfigurazione, XIX sec.

Significativamente in questo giorno dell’anno 1221 avvenne il pio transito di san Domenico di Guzman, la cui memoria è stata celebrata lo scorso 4 agosto. Il grande Santo fondatore dell’Ordine dei Predicatori fu davvero un uomo trasfigurato interamente dalla luce del Tabor. Infatti, l’iconografia lo rappresenterà con una stella luminosa sulla fronte, ricordandosi la visione della madre o della sua madrina al momento del battesimo di una stella sulla fronte del piccolo Domenico a significare che sarebbe stato luce del mondo, come ci riferisce il Beato Giordano di Sassonia nel Libellus de principiis Ordinis Praedicatorum (n. 9). Il Beato Umberto de Romans, quarto successore di san Domenico, scriveva che “con la visione della stella si annunciava che sarebbe venuto alla luce sulla terra un uomo che avrebbe illuminato gli uomini che siedono nelle tenebre e nell’ombra della morte. Egli infatti rifulse nel mondo come stella del mattino, e con lui si vide spuntare nel secolo una nuova luce, il cui splendore si è ormai diffuso in tutto il mondo”.


Scuola senese, S. Domenico, 1600 circa, collezione privata

Juan Bernabé Palomino, S. Domenico, XVII sec.

Adams Schelte a Bolswert, S. Domenico, XVII sec., musée des beaux-arts, Rennes

Gaspar de Crayer, S. Domenico, 1655 circa, Museo del Prado, Madrid




Madonna del Rosario con i SS. Domenico e Caterina, chiesa di Sainte-Marie, Saint-Étienne

Filippo Tarchiani, S. Domenico in penitenza, 1615 circa, collezione privata

Scuola francese, S. Domenico, 1576-1641, British Museum, Londra




Santino del 1877

Oggi va ricordato altresì, come aveva annunciato secoli prima dalla Vergine del Buon Successo a Quito ("Nel secolo XIX, verrà un vero Presidente cristiano un uomo di carattere cui Dio Nostro Signore darà la palma del martirio sulla piaz­za adiacente a questo mio Convento. Egli consa­crerà la Repubblica al Sacro Cuore del Mio Santissi­mo Figlio e questa Consacrazione sosterrà la Reli­gione Cattolica negli anni che seguiranno; anni che saranno infausti per la Chiesa"), il martirio del Servo di Dio Gabriel Gregorio García y Moreno y Morán de Buitrón, presidente dell'Ecuador, avvenuto nel 1875, ad opera delle potenze massoniche. Un periodo assai torbido, durante il quale, appena due anni dopo, il 30 marzo 1877, fu assassinato anche l'arcivescovo metropolita di Quito, Mons. José Ignacio Checa y Barba, grande amico e sostenitore di García y Moreno, avvelenato con stricnina messa nel vino consacrato durante le celebrazioni del Venerdì Santo.






L'opera e l'uccisione del santo Presidente furono commemorati, nell'ottobre di quell'anno, da La Civiltà cattolica, cui si rinvia per la descrizione del martirio e della personalità.






La scena dell'assassinio

Presiede da morto ai propri funerali



Placca commemorativa posta sul luogo dell'assassinio del Presidente Moreno, Palacio de Carondelet, Quito




Immagine del sacro Cuore a cui il Presidente Moreno consacrò l'Ecuador e che fu intronizzato nella sede del Parlamento


Basilica del Voto Nazionale, Quito

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