Per commemorare il centenario della morte di Papa Sarto, che ricordiamo quest'oggi (v. anche qui), ci è stato inviato un interessante scritto, che
volentieri pubblichiamo, che traccia il profilo di uno dei più fedeli collaboratori
del Pontefice veneto.
Il suo nome era Casimiro Gennari.
Si tratta – come ricorda Gianpaolo Romanato – di una «figura
finora trascurata dalla storiografia, … già fondatore del "Monitore
Ecclesiastico", la rivista che prima della nascita degli "Acta
Apostolicae Sedis" fu l'organo semiufficiale della Santa Sede» (Gianpaolo Romanato, La rivoluzione del papa modernizzatore).
Grande affinità, teologica, spirituale e morale, con papa Sarto caratterizzarono il pensiero e l'opera del card. Gennari. Egli era legato, in effetti, al Pontefice da sinceri sentimenti di amicizia e di concordia. A riprova può ricordarsi che, nel conclave, che era seguito alla morte di Leone XIII, nel 1903, secondo molti, il card. Gennari senz'altro dové essere tra i grandi elettori, appunto, del Patriarca di Venezia, card. Sarto.
In una nota
confidenziale del 1913, redatta in previsione del futuro conclave, che sarebbe
seguito alla morte dello stesso santo Pontefice (e che si tenne poi nell’estate
del 1914), inoltre, significativamente mons. Umberto Benigni (1862-1934), fondatore ed organizzatore dello
strumento formidabile di lotta al modernismo quale fu il Sodalitium Pianum,
indicava i nomi dei cardinali, che riteneva più vicini all’azione anti-modernista
del Papa di Riese. Fra questi vi erano tre cardinali, che avevano ricevuto il
galero da Leone XIII e che rappresentavano quindi la continuità tra i due
pontificati: il cappuccino José Vives y Tuto (1854-1913), il ravennate Francesco
Salesio Della Volpe (1844-1916) ed, appunto, Casimiro Gennari (1839-1914)
originario di Maratea, il quale era stato scelto cardinale nel concistoro del
15 aprile 1901 da papa Pecci e, nel 1908, designato da san Pio X quale Prefetto della S. C.
del Concilio.
Alla morte, dunque, di
papa Sarto, dunque, il card. Gennari era ritenuto come un “papabile”, che, se eletto al
Supremo Pontificato, avrebbe degnamente continuato l’azione avviata dal suo
predecessore, soprattutto con riguardo alla lotta alle eresie scaturenti dal modernismo.
Ciò significava chiaramente come l’opera di quel porporato avesse genuinamente compreso l’azione riformatrice e restauratrice intrapresa dal papa Giuseppe Sarto, cogliendone lo spirito,
le finalità ed il significato.
Non ci sembra modo più degno di ricordare il centenario del beato transito di S. Pio X, perciò, che rammentarne uno dei più fedeli interpreti.
San Pio X e la sua
ombra: il Card. Casimiro Gènnari
di Vito Abbruzzi
Cento anni fa,
esattamente il 20 agosto del 1914, moriva San Pio X. Gli storici della Chiesa –
e non solo – hanno versato fiumi di inchiostro sul suo pontificato, dividendosi
in giudizi opposti tra di loro; ma tutti d’accordo sulla sua indiscussa
santità.
Il pontificato di Giuseppe Melchiorre Sarto (nato a Riese,
nel Trevigiano, il 2 giugno 1835) è stato certamente uno dei più fecondi nella
storia della Chiesa, attuando con coraggio e fermezza il motto paolino “Instaurare
omnia in Christo” (Ef 1, 10). Una volta eletto papa, infatti, rendendosi
conto di non avere doti diplomatiche né una vera e propria formazione
universitaria, San Pio X sentì il dovere di farsi affiancare da collaboratori preziosi
e competenti, quali i cardinali Rafael Merry
del Val e Casimiro
Gènnari: entrambi morti in concetto di santità. Ma mentre del primo
sappiamo abbastanza, del secondo, praticamente, poco o nulla. E per questo,
proprio perché anche di lui quest’anno ricorre il centenario della morte,
avvenuta a Roma il 31 gennaio del 1914, voglio spendere qualche parola, per
ricordarne l’alta statura di uomo colto e pio.
Il Cardinal Gènnari
nacque a Maratea (diocesi di Lagonegro, in Lucania) il 27 dicembre 1839 e a
soli 24 anni, il 21 marzo 1863, fu ordinato sacerdote. Pur se i suoi studi
teologici ebbero un ottimo esito sotto la direzione dei Gesuiti di Napoli, egli
non conseguì alcuna laurea né in Teologia né in Diritto Canonico; materia
quest’ultima in cui sarebbe diventato maestro insigne, fondando nel 1876 Il Monitore ecclesiastico (dal 1949 Monitor Ecclesiasticus): una rivista destinata alla formazione permanente
del clero – agli inizi prettamente italiano – sul piano culturale, morale e
ascetico. Elogiato come “pubblicazione opportunissima e di grande utilità”, a
motivo delle sue rubriche, che “offrono veramente a tutti gli ecclesiastici la
conoscenza dei documenti più necessari e l’offrono con egregio metodo, con
degna dottrina, con giudiziosa disposizione, con opportunità manifesta”, Il Monitore Ecclesiastico sarà di
fondamentale importanza in campo canonistico: dalla preparazione della
codificazione del primo Codex Iuris Canonici
(il cosiddetto Pio-Benedettino,
promulgato nel 1917) alla sua chiara e sapiente interpretazione. Ed è proprio
grazie a questa preziosa rivista che il Gènnari si farà particolarmente
apprezzare da Leone XIII, che nel 1881 lo nominerà vescovo di Conversano (diocesi
che reggerà molto solertemente e amorevolmente sino al 1897) e nel 1895
assessore del Sant’Uffizio, creandolo, infine, cardinale nel 1901. Una carriera
brillante, dunque, ma ben lontana, anzi diametralmente opposta alle logiche
delle biasimevoli cordate curiali.
Il 20 luglio 1903 veniva
meno il grande vegliardo Leone XIII e il 31 luglio, con 63 cardinali su 65, si
apriva il conclave che doveva portare alla cattedra di S. Pietro un santo: Pio
X. Sono note le vicende di quel conclave, che sbarrò prima la via al
pontificato del Card. Mariano Rampolla, già segretario di Stato, per il
deprecato veto dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe e la aprì, quindi,
all’umile Patriarca di Venezia, Giuseppe Sarto. Per quanto tutelato da
strettissimo segreto lo svolgersi del conclave, gli orientamenti dell’animo del
Card. Gènnari, quali risultano dalle notizie dell’epoca, ci portano a pensare
che, anch’egli, dopo aver favorito all’inizio la candidatura del Card.
Rampolla, ripiegasse poi, con la maggioranza, sulla mite figura del Card.
Sarto, a cui lo legavano tante identità di carattere e di vita e del quale
doveva divenire così intimo collaboratore nei più gravi negozi della Chiesa.
Pio X, fin da quando era
Patriarca di Venezia, aveva, infatti, in grande stima il Card. Gènnari, e, in
una lettera, che tuttora esiste, lo ringraziava del nuovo trattato di “cortesia
e gentilezza” per averlo onorato col prezioso regalo della sua bellissima opera
Consultazioni morali; si congratulava
con lui “per il diritto che si è acquistato alla gratitudine dei Vescovi e del
Clero in cura d’anime” e gli augurava dal cielo “la retribuzione per tanti bei
meriti”.
Tra i Canonici del
Capitolo Cattedrale di Conversano – rimasto molto affezionato alla memoria del
suo illustre pastore divenuto cardinale – si diceva che anche Mons. Gènnari,
durante quello storico conclave,
avesse ricevuto qualche preferenza: una proprio dal Card. Sarto; e questa voce
– mai smentita – è giunta sino ai giorni nostri, ripetuta con convinzione da un
capitolare anziano ancora vivente, mio amico.
Ma, al di là delle voci
di popolo, resta il fatto che il pontificato di San Pio X fu fecondo di riforme
e di innovazioni grazie alla sensibilità e alla lungimiranza di Casimiro
Gènnari; nonché alla innata longanimità di lui. Tra tutti valga di esempio la
codificazione del Diritto Canonico, fortemente caldeggiata dal nostro Gènnari,
che, su espresso volere del papa San Pio X, preparò il Motu Proprio Arduum sane munus, che usciva il 19
marzo 1904, e che aprì ufficialmente la via all’opera della codificazione.
La sensibilità si vede
nel sostenere con forza la necessità di ammettere alla Prima Comunione i fanciulli, raccomandando la Comunione frequente:
“Il privar le anime anche di poche Comunioni, quando non ci sia una giusta
causa, è un grande danno e una condannevole ingiustizia”.
La lungimiranza è nel
far dire a Leone XIII, mediante la Bolla Apostolicae
curae (da lui preparata), “che le ordinazioni compiute con il rito
anglicano sono state del tutto invalide e sono assolutamente nulle”. Parliamo
di lungimiranza, perché, proprio grazie a questa ferma presa di posizione,
l’anglicanesimo è entrato in crisi con se stesso, spingendo in tempi recenti
una parte considerevole di esso a chiedere di rientrare nella comunione con la
Chiesa di Roma. Un rientro disciplinato dalla Anglicanorum coetibus: la “Costituzione Apostolica circa l'istituzione di Ordinariati Personali per Anglicani che
entrano nella piena comunione con la chiesa cattolica”, firmata il 4 novembre
2009 da Benedetto XVI, nella quale, confermando quanto dichiarato e proclamato
da Leone XIII nella Apostolicae curae,
si stabilisce che “coloro che hanno esercitato il ministero di diaconi,
presbiteri o vescovi anglicani, che rispondono ai requisiti stabiliti dal
diritto canonico e non sono impediti da irregolarità o altri impedimenti,
possono essere accettati dall’Ordinario come candidati ai Sacri Ordini nella
Chiesa Cattolica”. Una logica, questa, sacrosanta, ribadita – ma così disattesa!
– dal Vaticano II, che insegna:
“Bisogna assolutamente esporre con chiarezza tutta intera la dottrina. Niente è
più alieno dall'ecumenismo che quel falso irenismo, che altera la purezza della
dottrina cattolica e ne oscura il senso genuino e preciso” (Unitatis redintegratio, n. 11).
In ultimo, la
longanimità. È grazie a questa virtù che Il Card. Gènnari, da vescovo di
Conversano, prese a cuore la causa di canonizzazione della beata Rita da Cascia
(proclamata tale da papa Urbano VIII nel 1627, centottanta anni dopo la sua
morte, avvenuta nel 1447), istruendo nel 1887 l’apposito processo grazie al
miracolo da questa compiuto nel 1877 verso un tale
Cosimo Pellegrini, sarto conversanese, risvegliatosi dal coma in cui era
sprofondato, poiché colpito da “parossismo celebrale da ideotifo”. Un processo
felicemente conclusosi con l’elevazione agli onori degli altari della “Santa degli
impossibili e dei casi disperati”: cerimonia avvenuta in San Pietro il 21
maggio del 1900. Mi piace ricordare questo avvenimento non solo perché
conversanese, ma perché – per merito di Gènnari – la popolarità di Santa Rita è
divenuta di fama mondiale: seconda solo a quella della Madonna.
E a proposito di santità, voglio concludere citando quanto
il Card. Pietro Palazzini disse nel suo discorso commemorativo su Gènnari,
tenuto nella Cattedrale di Conversano il 20 giugno del 1965:
“Emulo del Santo Papa che si trovò a servire e ad imitare da vicino negli ultimi suoi anni, San Pio X, fu un grande Cardinale per la sua scienza e per la sua santità. Era nota la sua immensa carità, per cui si privava di tutto quanto guadagnava a beneficio dei poveri. Una povertà, la sua, che rasentava la miseria: accompagnata, com’era, da uno spirito di mortificazione che aveva dell’eroico. La sua stessa morte veniva spiegata con le privazioni, gli stenti e il freddo sofferto, avendo voluto egli restare senza riscaldamento in quel rigido gennaio del 1914, nonostante l’età e gli acciacchi, per spirito di mortificazione”.
“Emulo del Santo Papa che si trovò a servire e ad imitare da vicino negli ultimi suoi anni, San Pio X, fu un grande Cardinale per la sua scienza e per la sua santità. Era nota la sua immensa carità, per cui si privava di tutto quanto guadagnava a beneficio dei poveri. Una povertà, la sua, che rasentava la miseria: accompagnata, com’era, da uno spirito di mortificazione che aveva dell’eroico. La sua stessa morte veniva spiegata con le privazioni, gli stenti e il freddo sofferto, avendo voluto egli restare senza riscaldamento in quel rigido gennaio del 1914, nonostante l’età e gli acciacchi, per spirito di mortificazione”.
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