sabato 9 agosto 2014

VIGILIA DI SAN LORENZO ARCIDIACONO E MARTIRE

La festa di san Lorenzo, essendo la seconda grande festa della Chiesa di Roma, dopo quella dei Principi degli Apostoli, ben si comprende come la devozione l’avesse voluta anticipare con una Vigilia; del resto, questa festa aveva anche la sua Ottava sino al 1955.
Conosciamo l’esistenza di questa veglia almeno dal IV sec. 
Leggiamo, in effetti, nella Vita di santa Melania la Giovane (o Juniore), scritta dal presbitero Geronzio poco dopo la morte della santa nel 439 a Gerusalemme, che i suoi genitori rifiutarono di condurla, nella sua giovinezza, al Martyrium del Santo Arcidiacono, visto il suo stato di gravidanza, essendo in attesa del suo secondo figlio, per assistere all'ufficio notturno precedente la festa. Era l’anno 403. Allora Melania si ritirò nell’oratorio domestico e fece, meglio che poté, la veglia in onore di san Lorenzo (GERONZIO, Vita sanctæ Melaniæ, c. 5. Cfr. TOMÁS SPIDLÍK, Melania La Giovane: La Benefattrice (383-440), Milano 1996, pp. 36-37. Il testo in italiano della vita della santa è reperibile qui). 
Lorenzo, «arcidiacono simile agli apostoli», pare fosse considerato speciale patrono dell’aristocrazia romana e, secondo la notizia di Prudenzio, era celebrato quale «padre del popolo romano», tanto che la basilica insigne dedicata al martire ci viene descritta nella sua maestosità e nella preziosità dei doni ricevuti dai fedeli (PRUDENZIO, Peristephanon, 2, in PL 60, col. 294 ss.).
Per la sua importanza, ricorda il beato card. Schuster, quando nel tardo Medioevo le vigilie delle grandi feste vennero anticipate fin dal pomeriggio del giorno precedente, san Lorenzo ebbe la sua messa in vigilia, e poi un’altra prima missa in nocte (cfr. A. I. SCHUSTER, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano – VII. I Santi nel mistero della Redenzione [le Feste dei Santi dall’Ottava dei Principi degli Apostoli alla Dedicazione di san Michele], Torino-Roma, Marietti, 1932, pp. 157-158).
La riforma del calendario di Giovanni XXIII ridonò alla ridetta vigilia la sua importanza, anticipando all’8 agosto la festa di san Giovanni Maria Vianney, più recente, che, invece, sino al 1960, era celebrata il 9 agosto.
L'odierna vigilia dedicata al grande martire Lorenzo ci insegna che la testimonianza della buona coscienza e della fede nel giusto giudizio di Dio ispirano una grande pace ai Martiri in mezzo alla tempesta di odio che li ha travolti e continua a travolgere, ieri come oggi. 
Il Santo arcidiacono sapeva bene come fosse dolce addormentarsi al mondo, di fronte ad un tiranno furioso, al boia, ad un popolo sacrilego, che, nell’anfiteatro, esclamava: Christianos ad leones, ed al medesimo istante, svegliarsi tra le braccia degli angeli in Cielo, in presenza del Cristo, per ricevere da Lui l’eterna corona!
D'altro canto, come ricordato da S. Em.za il card. Burke, la vocazione cristiana non è forse un appello al martirio?
Questo spiega il motivo dell'amabile rimprovero, tramandatoci dagli Acta sancti Sixti papae et martyris (ripresi da SANT'AMBROGIO DI MILANO, De Officiis Ministrorum, lib. I, cap. XLI, 204-206, in PL 16, 84-85), rivolto da Lorenzo al suo vescovo, il papa Sisto II, che è stato ricordato, nel calendario tradizionale, il 6 agosto scorso, allorché era condotto al martirio:

Non praetereamus etiam sanctum Laurentium, qui cum videret Xystum episcopum suum ad martyrium duci, fiere coepit, non passionem illius, sed suam remansionem. 
Itaque his verbis appellare coepit: 
Quo progrederis sine filio, pater: quo, sacerdos sánete, sine diacono properas tuo? Numquam sacrificium sine ministro offerre consueveras, quid in me ergo displicuit, pater? Num degenerem probasti? Experire certe utrum idoneum ministrum elegeris. Cui commisisti Dominici sanguinis consecrationem, cui consummandorum consortium sacramentorum, buie sanguinis tui consortium negas? Vide ne periclitetur judicium tuum, dum fortitudo laudatur. Abjectio discipuli detrimentum est magisterii. Quid! quod illustres et praestantes viri discipulorum certaminibus quam suis vincunt. Denique Abraham filium obtulit (Gen. XXII, 9), Petrus Stephanum praemisit (Act. VII, 57). Et tu, pater, ostende in filio virtutem tuam, offer quem erudisti, ut securas judicii tui comitatu nobili pervenias ad coronam.
Tunc Xystus ait: 
Non ego te, fili, relinquo аc desero: sed majora tibi debentur certamina. Nos quasi senes levions pugnae cursum recipimus: te quasi juvenem manet gloriosior de tyranno triumphus. Mox venies, fiere desiste, post triduüm me sequens. Sacerdotem et levitam hic médius numenis decet. Non erat tuum sub magistro vincere, quasi adjutorem quaereres. Quid consortium passionis meae expetis? Totam tibi haereditatem ejus dimitto. Quid praesentiam meam requiris? Infirmi discipuli magistrum praecedant, fortes sequantur, ut vincant sine magistro, qui jam non indigent magisterio. Sic et Elias Elisaeum reliquit. Tibi ergo mando nostrae virtutis successionem.
Talis erat contentio, digna sane de qua certarent sacerdos et minister, quis prior pateretur pro Christi nomine. In fabulis ferunt tragicis excítalos theatri magnos esse plausus, cum se Pylades Orestem diceret; Orestes, ut erat, Orestem se esse asseveraret: ille ut pro Oreste necaretur, Orestes ne Pyladem pro se pateretur necari. Sed illis non licebat vivere, quod uterque esset parricidii reus: alter qui fecisset, alter qui adjuvisset. Hic Laurentium sanctum ad hoc nullus urgebat, nisi amor devotionis; tamen et ipse post triduüm, cum illuso tyranno, impositus super graticulam exureretur: Assum est, inquit, versa et manduca. Ita animi virtute vincebat ignis naturam.

... san Lorenzo, ... vedendo il suo vescovo Sisto condotto al martirio, cominciò a piangere non perché quello era condotto a morire, ma. perché egli doveva sopravvivergli. Comincia dunque a dirgli a gran voce: ''Dove vai, padre, senza il tuo figlio? Dove ti affretti, o santo vescovo, senza il tuo diacono? Non offrivi mai il sacrificio senza ministro. Che ti è spiaciuto dunque in me, o padre? Forse mi hai trovato indegno? Verifica almeno se hai scelto un ministro idoneo. Non vuoi che versi il sangue insieme con te colui al quale hai affidato il sangue dei Signore, colui che hai fatto partecipe della celebrazione dei sacri misteri? Sta' attento che, mentre viene lodata la tua fortezza, il tuo discernimento non vacilli. Il disprezzo per il discepolo è danno per il maestro. È necessario ricordare che gli uomini grandi e famosi vincono con le prove vittoriose dei loro discepoli più che con le proprie? Infine Abramo offrì suo figlio, Pietro mandò innanzi Stefano. Anche tu, o padre, mostra in tuo figlio la tua virtù; offri chi hai educato, per giungere al premio eterno in gloriosa compagnia, sicuro del tuo giudizio".
Allora Sisto gli rispose: "Non ti lascio, non ti abbandono, o figlio; ma ti sono riservate prove più difficili. A noi, perché vecchi, è stato assegnato il percorso d'una gara più facile; a te, perché giovane, è destinato un più glorioso trionfo sul tiranno. Presto verrai, cessa di piangere: fra tre giorni mi seguirai. Tra un vescovo e un levita è conveniente ci sia questo intervallo. Non sarebbe stato degno di te vincere sotto la guida del maestro, come se cercassi un aiuto. Perché chiedi di condividere il mio martirio? Te ne lascio l'intera eredità. Perché esigi la mia presenza? I discepoli ancor deboli precedano il maestro, quelli già forti, che non hanno più bisogno d'insegnamenti, lo seguono per vincere senza di lui. Cosi anche Elia lasciò Eliseo. Ti affido la successione della mia virtù".
C'era fra loro una gara, veramente degna d'essere combattuta da un vescovo e da un diacono: chi per primo dovesse soffrire per Cristo. (Dicono che nelle rappresentazioni tragiche gli spettatori scoppiassero in grandi applausi, quando Pilade diceva di essere Oreste e Oreste, com'era di fatto, affermava d'essere Oreste, quello per essere ucciso al posto di Oreste, Oreste per impedire che Pilade fosse ucciso al suo posto. Ma essi non avrebbero dovuto vivere, perché entrambi erano rei di parricidio: l'uno perché l'aveva commesso, l'altro perché era stato suo complice. Nel nostro caso) nessun desiderio spingeva san Lorenzo se non quello d'immolarsi per il Signore. E anch'egli, tre giorni dopo, mentre, beffato il tiranno, veniva bruciato su una graticola: 'Questa parte è cotta, disse, volta e mangia'. Così con la sua forza d'animo vinceva l'ardore del fuoco.

S. Sisto II incontra, mentre è condotto al martirio, S. Lorenzo, vetrata, Basilica di S. Patrizio, Ottawa

Il dialogo tra Sisto e Lorenzo, ritenuto da alcuni "demitizzatori" puramente inventato, in verità, poiché riportato, sebbene con lievi varianti,  da diversi antichi autori, al di sopra di ogni sospetto, può reputarsi attendibile o, per lo meno, verosimile nella sua sostanza e nei suoi contenuti essenziali, in quanto tramandato - con probabilità - su base orale da testimoni oculari. 
Dopo la grazia della predestinazione, il martirio era considerato il dono più grande che l’anima potesse ricevere da Dio, e la via più breve per salire al Cielo. È per questo che, quando si pronunciava contro i Martiri la sentenza di morte, gli antichi testimoni della Fede davanti ai tribunali pagani esclamavano, con una pace ed una costanza pieni di dignità, presentandosi dinanzi alle fiere o al fuoco o la loro testa alla spada: Deo gratias. In effetti diversi Atti di martiri riportano che le vittime, ascoltata la sentenza di condanna capitale, rispondevano sovente «rendiamo grazie a Dio» (cfr. ad es. SAN GIUSTINO DI NABLUS, Seconda Apologia, 2, 19, ora in GIUSTINO, Le due apologie, Roma 2001, pp. 101-102; Acta Martyrum Scilitanorum, 15, oggi in A.A.R. BASTIAESEN; A. HILHORST; G.A.A. KORTEKAAS; A.P. ORBÁN; M. M VAN ASSENDELF, Atti e Passioni dei martiri, Rocca San Casciano 2007, p. 105; nonché in GIULIANA CALDARELLI (a cura di), Atti dei martiri, Milano 1985, rist. 1996, p. 153; SANT’AGOSTINO, Sermo I, In Natali Cypriani martyris, Sermo CCCIX, 4, 6, in PL 38, col. 1412, il quale ricorda che così rispose anche san Cipriano di Cartagine allorché fu condannato a morte).
Anche Tertulliano, concludendo il suo Apologeticum, scriveva: «Mentre voi ci condannate a morte, Dio ci assolse; per questo, alla lettura della vostra sentenza, noi rispondiamo gioiosi Deo gratias», «Inde est, quod ibidem sententiis vestris gratias agimus ; ut est æmulatio divinæ rei et humanæ, cum damnamur a vobis, a Deo absolvimur» (TERTULLIANO, Apologeticus adversus gentes pro christianis, 50, in PL 1, col. 604. Cfr. anche ibidem, 1 e 46, ivi, col. 317 e 577, il quale ricorda come i cristiani, «si denotatur, gloriatur; accusatur, non defendit; interrogatus vel ultro confitetur; damatus gratias agit … Christianus etiam damnatus gratias agit»).





José Juárez, S. Lorenzo, XVII sec., Museo Regional Michoacano, Morelia

Juan Luis Zambrano di Cordoba, S. Lorenzo, 1620 circa, collezione privata

Beato Angelico, Sacra conversazione (Madonna col Bambino in trono tra i SS. Domenico, Cosma e Damiano, Marco, Giovanni evangelista, Tommaso d’Aquino, Lorenzo e Pietro martire), 1450 circa, Convento di San Marco, Firenze

Spinello Aretino, S. Lorenzo, Pinacoteca di Brera, Milano

El Greco, Apparizione della Vergine a S. Lorenzo, 1578-80, Museo de Nosa Senore da Antiga, Monforte de Lemos

Jerónimo Jacinto de Espinosa, S. Lorenzo, 1660 circa, collezione privata

Luis Fernández, S. Lorenzo, 1632, Museo del Prado, Madrid



Nessun commento:

Posta un commento