Dopo aver celebrato ieri la grande festa dell’Esaltazione della santa Croce, appare davvero opportuno – nel giorno di Ottava della Natività della Vergine Maria – commemorare pure la Madre dolorosa, che abbiamo onorato col bellissimo inno, altamente poetico e struggente, dello Stabat Mater, composto verosimilmente dal francescano beato Jacopone da Todi nel 1306 circa, che abbiamo gustato anche nella versione musicata dal Pergolesi.
L’odierna
festa fu inizialmente propria dell’Ordine dei Serviti sin dalla sua fondazione, stante la sua tradizionale devozione verso i dolori sofferti dalla Madre del Redentore.
Il
9 giugno 1668 la Sacra Congregazione dei Riti permetteva al predetto Ordine di
celebrare la messa votiva dei Sette Dolori della Beata Vergine e di stamparne
il formulario per uso interno. Nel relativo decreto si faceva menzione del fatto
che i Serviti portavano l’abito nero in memoria della vedovanza di
Maria e dei dolori che ella sostenne nella passione del Figlio.
Il
15 settembre seguente, la medesima Congregazione romana autorizzava l’Ordine servita a recitare anche l’ufficio mariano dei Sette Dolori, già
concesso da Alessandro VII agli Agostiniani Scalzi di Francia. In pari tempo
consentiva loro di celebrare la festa omonima la III domenica di settembre,
con rito doppio quale festa principale.
Due
anni dopo, il 9 agosto 1670, sempre la stessa Congregazione romana estendeva ad
ogni venerdì liturgicamente non impedito la facoltà di celebrare l’ufficio dei
Sette Dolori della Beata Vergine, «... uti devotionem proprie et
principaliter ad dictum Ordinem spectantem». Il testo del predetto ufficio
fu composto nel 1672 da fra Prospero M. Bernardi, per incarico del priore
generale del tempo fra Giovanni Vincenzo M. Lucchesini. La Sacra Congregazione dei Riti l’approvava
il 6 maggio 1673, e papa Clemente X il 17 dello stesso mese.
Negli
anni successivi, l’Ordine servita propose che la III Domenica di settembre, già
dedicata ai Sette Dolori della Beata Vergine per indulto apostolico, fosse
dichiarata festa principale solenne, propria dell’Ordine.
Sotto
il papa Innocenzo XII, la predetta Congregazione romana, con decreto del 2 agosto 1692 (ratificato il 9 agosto successivo dal papa), accogliendo benevolmente questo pio desiderio, espresso mediante il priore generale fra Giovanni Francesco M. Poggi ed il procuratore generale fra Pietro Antonio M. Rossi, autorizzò la
celebrazione dei Sette Dolori della Beata Vergine la III domenica di settembre, ricordandosi come in precedenza la stessa Sacra Congregazione dei Riti avesse approvato ad uso dell'Ordine dei Servi l'ufficio proprio nella commemorazione dei Sette Dolori della Beata Vergine, sua Titolare e Patrona, ... uti devotionem proprie et principaliter ad dictum Ordinem spectantem, ossia ... quale devozione che appartiene all'Ordine suddetto come sua principale caratteristica.
Il
18 agosto 1714 sempre la Sacra Congregazione dei Riti, su richiesta del priore
generale fra Antonio M. Castelli, concesse a tutto l’Ordine dei Serviti di poter
celebrare la messa e l’ufficio dei Sette Dolori, con rito doppio maggiore, il
venerdì dopo la domenica di Passione.
Tredici
anni più tardi, il 22 agosto 1727, dietro supplica del priore generale fra
Pietro M. Pieri e del procuratore generale fra Giuseppe M. Curti, papa
Benedetto XIII col decreto Urbis et Orbis allargava il medesimo permesso
a tutti i fedeli, sia secolari sia regolari, uomini e donne, tenuti alla recita
delle ore canoniche.
L’odierna
ricorrenza, inoltre, in uso presso i Serviti, fu estesa alla Spagna nel 1735 e
poi alla Toscana, come festa doppia di seconda classe con un’ottava, nel 1807.
Il
18 settembre 1814, Pio VII Chiaramonti, col decreto Cum in publicis Ecclesiæ
calamitatibus, estendeva a tutta la Chiesa latina la festa dei Sette Dolori
della Beata Vergine, per la III domenica di settembre, con i formulari dell’ufficio
divino e della messa già in vigore presso l’Ordine dei Serviti, e cioè con rito doppio maggiore (Decreta authentica
Congregationis Sacrorum Rituum ..., t. III, Typographia Polyglotta Sacræ
Congregationis de Propaganda Fide, Romæ, 1900, pp. 281-282), allo scopo di ricordare le sofferenza che attraversava, in quel tempo, la
Sposa di Cristo, la Chiesa.
La festa
fu elevata al rango di doppio di seconda classe il 13 maggio 1908.
A seguito
della riforma liturgica avviata da san Pio X, che intendeva conferire massimo
risalto alla Domenica e liberare queste dalle feste di santi (v. Sacra
Congregazione dei Riti, decreto generale Dominicæ quævis, 28 ottobre
1913, in AAS, 5 (1913), p. 458), la festa dei Sette Dolori fu fissata
definitivamente al 15 settembre, giorno dell’Ottava della Natività della Santa
Vergine. All’Ordine dei Serviti, su richiesta del vicario generale fra
Agostino M. Sartori, il 1° settembre 1915 la s. Congregazione dei Riti permise
tuttavia di mantenerla nella data tradizionale della III Domenica settembrina.
Tale privilegio decadde a seguito dell’Istruzione De calendariis
particularibus et Officiorum ac Missarum propriis ad normam et mentem codicis
rubricarum revisendis, della Sacra Congregazione predetta del 14 febbraio
1961 (in AAS, 53 (1961), pp. 168 ss., partic. n. 21, p. 172).
Con il Calendario Romano promulgato da Paolo VI il 14 febbraio
1969, secondo i dettami del Concilio Vaticano II, si conservò solo la
ricorrenza del 15 settembre, sotto il grado di «memoria» e col titolo mutato di
«Beata Vergine Maria Addolorata». Tale denominazione rinnovata, preferita a quella precedente, forse per il suo "barocchismo" legato com'era alla devozione sei-settecentesca (i sette dolori, infatti, erano contrapposti alle "sette allegrezze" di Maria), potrebbe apparire alquanto riduttiva, poiché, con essa sembrerebbe incentrarsi l’attenzione solo sul dolore della Vergine ai piedi della Croce, obliterandosi quasi gli altri che Ella dové
soffrire fin dalla più tenera età del Figlio. Del resto, il Bousset sosteneva nel suo Panegirico di san Giuseppe che quand Jésus entre quelque part, il y entre avec sa croix, il y porte avec lui toutes ses épines, et il en fait part à tous ceux qu'il aime, cioè "quando Gesù entra, entra la sua croce, porta con sé le spine, e le divide con quelli che ama". Davvero, sin dall'infanzia del divin Bambino, anche la vita della Madre non fu esente da pene, sempre accettate, ovviamente, con calma, con serenità ed abbandono alla volontà divina. La Vergine, dunque, non soffrì solo ai piedi della Croce: quello fu il vertice delle sue pene, fu la spada, che le trapassò il cuore, ma le pene furono sin dalla nascita di quel Bambino divino.
Il Calendario proprio dell’Ordine dei Serviti, approvato dalla Sacra Congregazione per il Culto Divino il 6 febbraio 1971, prevede sia la «festa» del venerdì dopo la V Domenica di quaresima, denominata «Beata Maria Vergine presso la croce», sia la «solennità» del 15 settembre, col titolo «Beata Vergine Maria Addolorata, Patrona principale del nostro Ordine». In ogni caso, a titolo speciale, il nuovo messale proprio dell’Ordine servita, confermato dalla Sacra Congregazione il 1° ottobre 1971, nella celebrazione liturgica del Venerdì Santo, dopo l’adorazione della Croce, contempla la «Memoria della compassione della Beata Vergine» (così Proprium Missarum Ordinis Fratrum Servorum Beatæ Mariæ Virginis. Editio Typica, Romæ, Curia Generalis OSM, 1972, pp. 28-29) (per maggiori informazioni sulla devozione alla Vergine dolorosa nell'Ordine servita, v. Priore Gen. Ord. Servi di Maria, fra Hubert Maria Moons, lettera nel terzo centenario del Decreto di Innocenzo XII per la terza domenica di settembre, quale festa dei Sette Dolori della Beata Vergine Maria, 9 agosto 1992. Da questa lettera sono state attinte molte notizie sopra riportate).
Il Calendario proprio dell’Ordine dei Serviti, approvato dalla Sacra Congregazione per il Culto Divino il 6 febbraio 1971, prevede sia la «festa» del venerdì dopo la V Domenica di quaresima, denominata «Beata Maria Vergine presso la croce», sia la «solennità» del 15 settembre, col titolo «Beata Vergine Maria Addolorata, Patrona principale del nostro Ordine». In ogni caso, a titolo speciale, il nuovo messale proprio dell’Ordine servita, confermato dalla Sacra Congregazione il 1° ottobre 1971, nella celebrazione liturgica del Venerdì Santo, dopo l’adorazione della Croce, contempla la «Memoria della compassione della Beata Vergine» (così Proprium Missarum Ordinis Fratrum Servorum Beatæ Mariæ Virginis. Editio Typica, Romæ, Curia Generalis OSM, 1972, pp. 28-29) (per maggiori informazioni sulla devozione alla Vergine dolorosa nell'Ordine servita, v. Priore Gen. Ord. Servi di Maria, fra Hubert Maria Moons, lettera nel terzo centenario del Decreto di Innocenzo XII per la terza domenica di settembre, quale festa dei Sette Dolori della Beata Vergine Maria, 9 agosto 1992. Da questa lettera sono state attinte molte notizie sopra riportate).
In
tal modo l’Ordine dei Servi di Maria ha conservato ciò che la pietà cristiana
riconosce a Maria: cioè la sua compartecipazione alla Passione del Figlio,
ovverosia la realtà della corredenzione compiuta da Maria, assieme al suo divin
Figlio (Socia Passionis et Socia Redemptionis).
Oggetto
della festa odierna dei Sette Dolori di Maria (secondo i responsori tradizionali del Mattutino)
sono: il dolore di Maria
• nell’ascoltare
la profezia di Simeone;
• nella
fuga in Egitto;
• dopo
aver perso il Santo Bambino a Gerusalemme;
• nell’incontro
con Gesù sulla via del Calvario;
• stando
ai piedi della Croce;
• allorché
Gesù fu deposto dalla Croce;
• presso
la sepoltura di Cristo.
Per le
Chiese orientali, questa festa è sconosciuta; i ruteni cattolici tuttavia
conservano una festa della Madre dolorosa il venerdì dopo l’ottava del Corpus
Domini.
Se l’amore è per Maria sorgente di sofferenza, è pure sorgente di gioia.
Ella soffrì davvero come ricorda Pascasio Radberto (Lettera sull'Assunzione, § 14, in PL 30, col. 138). A lei può ben applicarsi il vaticinio delle Lamentazioni: O vos omnes, qui transitis per viam, attendite et videte, si est dolor sicut dolor meus, .... Dominus ... posuit me desolatam, tota die maerore confectam (Thren. 1, 12-13).
Ma Ella soffrì sempre con calma inalterabile e grande forza d’animo. Meglio di san Paolo, Maria sapeva che nulla, neppure la morte, l’avrebbe separata dall’amore del suo Figlio, suo Dio. Ai piedi della croce, perciò, lungi dal provare sgomento, smarrimento o persino dubbi di fede come, anche di recente, è stato ipotizzato, come ricorda, invece, il grande santo Papa Pio X, “nell’opera suprema si vide la Vergine ritta presso la croce, oppressa senza dubbio dall’orrore della scena, ma tuttavia felice e gioiosa, perché il Figlio si immolava per la salvezza del genere umano” (Encicl. Ad diem illum laetissimum, 2 febbraio 1904). Maria ama Dio e la divina volontà più di ogni altra cosa al mondo e sa che sul Calvario si compie questa volontà, perché la morte del Figlio offre a Dio il riscatto che Dio esige per la redenzione degli uomini, i quali le sono lasciati come figli suoi e li amerà e già li ama come ha amato Gesù.
Ella soffrì davvero come ricorda Pascasio Radberto (Lettera sull'Assunzione, § 14, in PL 30, col. 138). A lei può ben applicarsi il vaticinio delle Lamentazioni: O vos omnes, qui transitis per viam, attendite et videte, si est dolor sicut dolor meus, .... Dominus ... posuit me desolatam, tota die maerore confectam (Thren. 1, 12-13).
Ma Ella soffrì sempre con calma inalterabile e grande forza d’animo. Meglio di san Paolo, Maria sapeva che nulla, neppure la morte, l’avrebbe separata dall’amore del suo Figlio, suo Dio. Ai piedi della croce, perciò, lungi dal provare sgomento, smarrimento o persino dubbi di fede come, anche di recente, è stato ipotizzato, come ricorda, invece, il grande santo Papa Pio X, “nell’opera suprema si vide la Vergine ritta presso la croce, oppressa senza dubbio dall’orrore della scena, ma tuttavia felice e gioiosa, perché il Figlio si immolava per la salvezza del genere umano” (Encicl. Ad diem illum laetissimum, 2 febbraio 1904). Maria ama Dio e la divina volontà più di ogni altra cosa al mondo e sa che sul Calvario si compie questa volontà, perché la morte del Figlio offre a Dio il riscatto che Dio esige per la redenzione degli uomini, i quali le sono lasciati come figli suoi e li amerà e già li ama come ha amato Gesù.
Varie chiese di Roma sono
dedicate alla Vergine dei dolori.
Una prima chiesa, Santa
Maria dei Sette Dolori, sorge nel rione Trastevere. La chiesa, annessa al monastero sui juris delle
oblate agostiniane fondate, attorno al 1640, da Camilla Virginia Savelli
Farnese, duchessa di Latera, su consiglio di sua cugina santa Giacinta
Marescotti (cfr. M. Armellini, Le
chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vatican, Roma
18912, pp. 662-663). Il monastero aveva come fine quello
di dare modo di condurre una vita religiosa alle giovani di nobile famiglia ma
di salute cagionevole: le oblate, infatti, osservavano una regola mitigata,
approvata da papa Alessandro VII il 16 giugno 1663. Con decreto dell'11 ottobre
1969 la Congregazione per i Religiosi unì la comunità delle Oblate agostiniane
di Santa Maria dei Sette Dolori all'istituto delle suore Oblate del Santo
Bambino Gesù. Durante l’ultima guerra mondiale, il monastero ospitò – su
disposizione di Pio XII – ben 103 ebrei. Oggi, una parte dello stesso è
divenuto un albergo privato.
Sempre nello stesso
quartiere di Trastevere, esiste un oratorio dedicato a Santa Maria Addolorata,
giusto di fronte alla Basilica di Santa Maria in Trastevere. Esso fu fatto
costruire nel 1819 dall'arciconfraternita di Maria Santissima Addolorata e
delle Anime del Purgatorio (ibidem, p. 649).
Annesso vi era il cimitero della vicina basilica, ora scomparso, nella cui
area, per tutto l'Ottocento, si svolgevano sacre rappresentazioni con statue di
cera a grandezza naturale, in ricordo delle anime dei defunti. L’interno,
restaurato nel 1992, è a navata unica. Due lapidi marmoree ricordano, l’una i
restauri effettuati sotto Pio IX nel 1877, e l’altra gli speciali benefici
spirituali concessi da Leone XII nel 1824 a chi visitava quest’oratorio. Oggi
questo è concesso in uso alla comunità di Sant’Egidio.
Esiste anche un oratorio –
oggi sconsacrato ed affidato al Comune di Roma – dedicato alla Santissima
Vergine Addolorata ed eretto nel rione Monti. Esso risale al XVI sec., sebbene
la denominazione attuale sia dell’inizio XIX sec. in quanto vi si riuniva
l’Arciconfraternita dell’Addolorata (ibidem, p. 248).
Nel quartiere Trieste, a
piazza Buenos Aires, esiste la chiesa di Santa Maria Addolorata a piazza Buenos
Aires. La chiesa, la cui prima pietra fu posta nel 1910, è dal 1915 la chiesa
nazionale degli argentini a Roma ed è amministrata direttamente dalla
conferenza episcopale del Paese latino-americano. Essa fu inaugurata nel 1930.
Un’altra chiese sorge nel
quartiere Collatino (Chiesa di Santa Maria Addolorata), istituita come
Parrocchia nel 1958 ed inaugurata nel 2001.
Un’ulteriore chiese sorge
nel quartiere Tor di Quinto, in via Flaminia. Essa è stata costruita nel XX
sec.
Una cappella è dedicata alla
Vergine dei dolori nel rione Esquilino (Santa Maria Addolorata all'Esquilino).
Fu costruita nel 1928 e restaurata nel 2001. Essa appartiene all’annesso
convento delle Figlie di Nostra Signora al Monte Calvario. All’interno della
cappella vi è la tomba della Serva di Dio suor Maria Teresina Zonfrilli,
deceduta nel convento il 20 gennaio 1934, e di cui è in corso la causa di
beatificazione.Adriaen Isenbrant, Sette Dolori della Vergine, XVI sec. |
Adriaen Isenbrant, Nostra Signora dei Sette Dolori della Vergine, 1518-35, Chiesa di Nostra Signora, Bruges |
Maestro delle Mezze Lunghezze (Mestre de les mitges figures), Vergine dei sette dolori, XVI sec., Museu Nacional d'Art de Catalunya, Barcellona |
Tiziano Vecellio, Mater dolorosa dalle mani aperte, 1555 circa, Museo del Prado, Madrid |
Tiziano Vecellio, Mater dolorosa, 1550-1555, Museo del Prado, Madrid |
Bartolomé Esteban Murillo, Mater dolorosa, 1669 circa, Museo del Prado, Madrid |
Guido Reni, Mater dolorosa, XVII sec., Dulwich Picture Gallery, Londra |
Carlo Dolci, Mater dolorosa, 1655 circa, National Museum of Western Art, Tokio |
Carlo Dolci, Mater dolorosa, XVII sec., The Fitzwilliam Museum, Cambridge
|
Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato, Mater dolorosa, XVII sec., Pinacoteca Comunale, Cesena |
Maestro di S. Miniato, Mater dolorosa, XVII sec., collezione privata |
Jean-Hippolyte Flandrin, Mater dolorosa, 1845, chiesa di Saint-Martory, Parigi |
Effige dell'Addolorata, Altare dell'Addolorata, Basilica del Santo Sepolcro, Gerusalemme |
Altare dell'Addolorata, Basilica del Santo Sepolcro, Gerusalemme |
Luján Pérez, Vergine dei Dolori, XIX sec., Cattedrale di Sant'Anna, Las Palmas de Gran Canaria |
Mater dolorosa, Chiesa arcipretale di San Giorgio, Qormi, Malta |
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