sabato 20 settembre 2014

"Os justi meditábitur sapiéntiam, et lingua ejus loquétur judícium" (Intr. Ps 36, 30) - SANCTI MATTHÆI, APOSTOLI ET EVANGELISTÆ

Un tempo esisteva, nell’Urbe, il titolo, oggi scomparso, dedicato al santo evangelista che ricordiamo oggi: San Matteo in Merulana.
Tale antichissimo Titolo era menzionato, per la prima volta, nel Concilio romano del 499, sotto papa Simmaco, in cui uno dei firmatari si qualificava così: Andreas presbyter tituli sancti Mathæi subcripsi.
Sembra che in questo quartiere di Roma, situato intorno all’Episcopium del Laterano e della via Merulana, si vollero, un tempo, raggruppare i ricordi degli Apostoli: vi si trovava, in effetti, l’oratorio di San Giovanni evangelista, di San Bartolomeo in Capite Merulanæ, di San Matteo, di Sant’Andrea, di San Tommaso in Laterano.
Esisteva anche un altro oratorio in onore di san Matteo, e si trovava non lontano dalla diaconia di Santa Maria in Xenodochio.
La festa di san Matteo in questo giorno è già recensita nel Martirologio Geronimiano ed è celebrata in tutto l’Occidente, ma gli Orientali (bizantini e siriaci) la celebrano specialmente il 16 novembre, mentre i copti il 9 ottobre.
Gli Acta di quest’apostolo sono apocrifi e sappiamo ben poco delle vicende della sua vita, sebbene la leggenda se ne sia impossessata, come spesso accade, condendola con elementi fantastici ed inverosimili (v. qui). Generalmente, i Padri – sant’Ambrogio, per esempio – lo fanno morire in Persia (Sant’Ambrogio, Enarratio In Psalm. XLV, § 21, in PL 14 (ed. 1845), col. 1143; nell’edizione del 1882, col. 1198), mentre san Paolino afferma che egli morì presso i Parti (San Paolino da Nola, Carm. XXX (conosciuto anche come Carm. XXVI), in PL (ed. 1847) 61, col. 672.).
Venanzio Fortunato afferma, a sua volta, a questo riguardo:

Matthæus Æthiopes attemperat ore vapores,
Vivaque in exusto flumina fudit agro ... (San Venanzio Fortunato, Miscellanea, lib. V, cap. II, in PL 88, col. 182).

Inde triumphantem fert India Bartholomæum,
Matthæum eximium Naddaver alla virum.
Hinc Simonem ac Judam lumen Persida gemellum,
Læta relaxato mittit ad astra sinu (ibidem, lib. VIII, cap. VI, ivi, col. 270).

Secondo la tradizione il nostro Santo morì martire, sebbene ci fosse nell’antichità chi, come l’eretico gnostico Eracleone, sostenesse che fosse morto naturalmente.
In ogni caso, stando alla tradizione più accreditata, l’Etiopia fu evangelizzata dal nostro Apostolo e si fa risalire a lui la conversione del re Egipo e di tutta la sua famiglia. Il racconto tradizionale si sofferma particolarmente sulla figlia del re, Ifigenia, la quale dopo il Battesimo si consacrò al Signore e fu messa da Matteo a capo di duecento vergini. Dopo la morte del re, il fratello Itarco, usurpò il trono e per ragioni di stato voleva in sposa sua nipote Ifigenia. La sua resistenza fu tale che Itarco cercò in Matteo il suo ambasciatore presso la giovane, ma egli ben lungi dal prestarsi ai desideri del re, in un solenne discorso dimostrò l’errore di una tale intenzione e, mentre celebrava il Santo Sacrificio, pronunciò parole che suscitarono in Itarco una collera tale che ordinò la morte dell’Evangelista. In questa scena l’ha immortalato il Caravaggio in un suo celebre dipinto conservato a Roma nella Chiesa di San Luigi dei Francesi.
Ifigenia distribuì i suoi beni al clero e chiese che fosse costruita una grande chiesa in onore del nostro Santo.
La testimonianza del sangue dell'Apostolo ed evangelista, dunque, fu per affermare i doveri ed i diritti della santa verginità consacrata a Dio, suggellando così la consacrazione che aveva fatto di sé in una rigida ascesi. Clemente Alessandrino, infatti, ricorda come Matteo si nutrisse di semi, di frutta secca ed ortaggi, non mangiando la carne (Clemente Alessandrino, Pœdag. II, 16.1, ora in Id., Il Pedagogo, con Introduzione, traduzione e note a cura di D. Tessore, Città Nuova, Roma, 2005, p. 147).
A sua gloria di apostolo, san Matteo aggiunse quella di essere stato evangelista. Egli scrisse il suo vangelo in lingua aramaica e tradotto più tardi in greco. Non abbiamo più la versione originale, ma si suppone che questa redazione primitiva si avvicinasse molto all’Evangelium secundum Hebræos, tradotto in greco ed in latino da san Girolamo. In ogni caso, la redazione greca di san Matteo, che costituisce per la Chiesa il testo canonico del primo Vangelo, dové essere tenuta come divinamente ispirata.
Al 6 Maggio il Martirologio romano pone la traslazione del corpo di Matteo dall’Etiopia a Salerno passando per Paestum, mentre – in pieno accordo con il Martirologio Geronimiano – al 21 settembre la sua morte.
Nel 954, il corpo di san Matteo fu ritrovato, si dice, a Velia, non lontano dal golfo di Policastro e, da lì, fu trasferito nella cattedrale di Salerno. Il papa san Gregorio VII, il 18 Settembre 1080, scrisse ad Alfano I, già monaco benedettino ed allora arcivescovo di Salerno, per felicitarsi con lui per il ritrovamento del corpo di San Matteo (San Gregorio VII, Ep. Divine pietatis, in MGH, Epistolae Selectae, Gregorii VII Registrum, lib. VIII, n. 8, tomo II, Berlino 1923, pp. 526 s.): questa missiva è un documento storico ineccepibile. Nel 1084, poi, lo stesso Pontefice si recò da Montecassino per farne la consacrazione. La morte lo colse durante il suo soggiorno nella capitale del Ducato normanno ed il suo corpo vi riposa ancora oggi, presso quello del santo Evangelista. Pontefice magnanimo e forte, le cui ultime parole furono queste: Dilexi iustitiam et odivi iniquitatem; propterea morior in exilio!
Nell’antica piccola chiesa di Velia, dedicata a san Matteo - Sancti Matthæi ad duo flumina – si conserva ancora il sarcofago in cui riposarono qualche tempo le sacre ossa del grande evangelista.
Dall’VIII sec., la festa di san Matteo, nei paesi franchi, era dotata di una vigilia. Si trovano i due formulari in vigilia et in festo in numerosi sacramentari gregoriani della seconda metà del IX sec. Essi dovettero passare nei libri liturgici romani dell’XI e del XII sec. senza subire modifiche.



Cosimo Rosselli, S. Barbara tra i SS. Giovanni Battista e Matteo, 1468-69, Galleria dell'Accademia, Firenze

Alvise Vivarini, S. Matteo, 1480 circa, Gallerie dell'Accademia, Venezia

Andrea del sarto, Madonna con Bambino e S. Matteo con l'angelo, 1522, Museo del Prado, Madrid

Girolamo Muziano, Martirio di S. Matteo, 1586-89, Chiesa di S. Maria in Aracoeli, Roma

Annibale Carracci, Madonna in trono con S. Matteo ed altri Santi (SS. Francesco d’Assisi e Giovanni Battista), 1588, Gemäldegalerie Alte Meister, Dresda



Vincenzo Campi, S. Matteo scrive il suo Vangelo, 1588, Chiesa di S. Francesco d'Assisi, Pavia


Caravaggio, Vocazione di S. Matteo, 1599-1600, Cappella Contarelli, chiesa di S. Luigi dei Francesi, Roma



Caravaggio, L’ispirazione di S. Matteo, 1602, Cappella Contarelli, San Luigi dei Francesi, Roma

Caravaggio, Martirio di S. Matteo, 1602, Cappella Contarelli, San Luigi dei Francesi, Roma

Pieter Paul Rubens, S. Matteo, 1610-12 circa, Museo del Prado, Madrid

Claude Vignon, Martirio di S. Matteo, 1617, Musee des Beaux-Arts, Arras

Guercino, S. Matteo scrive il suo Vangelo, 1622, Musei Capitolini, Roma

Guercino, S. Matteo, 1647-48, collezione privata


Juan Ribalta, SS. Matteo e Giovanni evangelisti, 1625 circa, Museo del Prado, Madrid

José (o Jusepe) Leonardo, S. Matteo, 1630

Giuseppe Vermiglio, S. Matteo, 1630 circa, Azienda Ospedaliera, Melegnano


Jusepe de Ribera, S. Matteo, 1632, Kimbell Art Museum, Fort Worth, Texas


Carlo Dolci, S. Matteo, 1670-71 circa, Princeton University Art Museum, Princeton

Gerard Seghers, S. Matteo, XVII sec., Universitätsbibliothek, Heidelberg


Francisco Bayeu y Subías, S. Matteo, 1771, Museo del Prado, Madrid

Vladimir Lukich Borovikovsky, S. Matteo, 1804-1809, Hermitage, San Pietroburgo


Andrey Nikolajewitsch Mironov, Vocazione di S. Matteo, 2010



Camillo Rusconi, S. Matteo, 1708-18, Basilica San Giovanni in Laterano, Roma

Sytov Alexander Kapitonovich, Santo Apostolo ed Evangelista Matteo, 1995

Sytov Alexander Kapitonovich, Santo Apostolo ed Evangelista Matteo, 1996



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