Su
segnalazione, pubblico l'intervista al card. De Paolis de La Stampa.
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“Un
errore ascoltare più la gente della verità della fede”
Il
cardinale De Paolis sul Sinodo: non si può ridiscutere tutto
di GIACOMO GALEAZZI
«Ho
partecipato a vari Sinodi e il meccanismo non funziona bene. Stavolta poi c’era
troppa carne al fuoco, si è partiti senza certezze, ma non si può mettere in
discussione tutto, la Chiesa è custode di una verità di cui non può disporre».
È critico verso l’utilità della «istituzione sinodale» il cardinale Velasio De
Paolis, presidente emerito della Prefettura per gli Affari economici della
Santa Sede e tra i firmatari del testo «Permanere nella verità di Cristo»
contrario alle aperture della Chiesa sulla comunione ai divorziati risposati.
«C’è stato un errore originario di impostazione».
Cosa
non la convince nel Sinodo?
«Si
sono registrate un’influenza eccessiva del timore che la gente non ci segua e
un eccesso di enfasi sulla retorica della novità. Sui temi della famiglia
servono il tempo e la riflessione. Non la fretta. Al Sinodo tutti vogliono
intervenire, ma il tempo e l’ascolto sono limitati così come è insufficiente lo
spazio concesso alla discussione nei circoli minori. Paolo VI fondò mezzo
secolo fa il Sinodo come strumento agile di collaborazione al governo della
Chiesa. Però il confronto deve riguardare temi studiati e approfonditi sui
quali ciascun padre sinodale abbia un parere preciso».
Ci
sono state resistenze al cambiamento?
«Questo
Sinodo ha risentito di un’evidente originalità nell’impostazione. Si è rivelata
errata la scelta di discutere un po’ di tutto, come se si dovesse rifondare
tutto. La Chiesa ascolta la gente ma ha certezze che perseverano nel tempo. Il
Sinodo ha ripetuto il dramma del Concilio: coniugare novità nella continuità».
Un’occasione
mancata?
«È
stato chiamato in causa un numero eccessivo di questioni che quindi hanno
alimentato aspettative infondate. E alla fine ciò ha pesato negativamente sul
Sinodo. Non può essere tutto nuovo. La vita della Chiesa necessita di
continuità per progredire davvero. E’ una questione di fondo, filosofica. Francesco
chiede di tornare a un Vangelo che però si è calato nel tempo in tante culture.
Il punto fermo è la parola di Dio. Un tesoro che nessuno può cambiare, neppure
il Papa».
La
pastorale contrasta con la dottrina?
«Sperimentiamo
una confusione difficile da tenere a bada. Si ascolta più la gente delle verità
di fede. Ma la Chiesa deve comunicare una verità ricevuta dall’alto, non
assecondare gli orientamenti dell’opinione pubblica. Al Sinodo si sono fatti
troppi riferimenti alla pastorale. La prassi deve rispettare i principi: è
inconcepibile che sia separata dalla dottrina. Fossi intervenuto in aula avrei
ribadito le verità di fede».
Quali
in particolare?
«Per
esempio, chi convive non può fare la
comunione. Negli anni è diminuito il ruolo della religione e la società
non accetta più influenze da parte della fede. Viviamo in un mondo che teme la
religione come fonte di conflitti. La contrapposizione tra fede e ragione ci
rende schizofrenici. Così oggi è lo Stato ad occuparsi di questioni etiche. Non
si può attendersi che la Chiesa parli in contraddizione con la dottrina».
Fonte: Vatican Insider, 20.10.2014
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