All'inizio del Sinodo straordinario sulla famiglia, pubblico volentieri questo contributo di S. Em.za card. Pell.
* * * * * * * *
MATRIMONIO, IL CARD. PELL:
«DOBBIAMO PARLAR CHIARO. UN CAMBIAMENTO DELLA DOTTRINA È IMPOSSIBILE»
Ieri, domenica 5
ottobre, si è aperto il Sinodo speciale sulla Famiglia voluto da Papa
Francesco. Si discuterà a lungo e profondamente soprattutto di divorzio,
“risposati” e accesso alla santa Comunione. Sul tavolo c’è la grande sfida lanciata
dal cardinal Walter Kasper. Attorno considerazioni, riflessioni, richiami e
moniti autorevoli e sempre più numerosi.
Don Juan José Pérez Soba (ordinario di Teologia pastorale del matrimonio e della famiglia al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su Matrimonio e Famiglia nell’Università Lateranense di Roma) e Stephan Kampowski (ordinario di Antropologia filosofica al medesimo istituto) pubblicano ora, per i tipi della senese Cantagalli, un nuovo indispensabile contributo al tema, Il vangelo della famiglia nel dibattito sinodale oltre la proposta del Cardinal Kasper, ed. Cantagalli.
Don Juan José Pérez Soba (ordinario di Teologia pastorale del matrimonio e della famiglia al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su Matrimonio e Famiglia nell’Università Lateranense di Roma) e Stephan Kampowski (ordinario di Antropologia filosofica al medesimo istituto) pubblicano ora, per i tipi della senese Cantagalli, un nuovo indispensabile contributo al tema, Il vangelo della famiglia nel dibattito sinodale oltre la proposta del Cardinal Kasper, ed. Cantagalli.
Per gentile concessione
dell’editore, proponiamo qui la prefazione al volume firmata dal cardinal
George Pell.
Questo libro è
importante per molte ragioni. In particolare, nei prossimi diciotto mesi sarà
necessaria una discussione, anzi un dibattito civile, informato e rigoroso per
difendere la tradizione cristiana e cattolica del matrimonio monogamico
indissolubile.
Occorre cioè
concentrarsi sugli elementi centrali delle sfide cui sono dinanzi il matrimonio
e la famiglia, piuttosto che lasciarsi distrarre e indurre a una
controproducente e sterile ricerca di consolazioni di breve respiro.
La salute di
un’organizzazione si può misurare osservando la quantità di tempo e di energia
dedicata alla discussione di vari argomenti. Le comunità sane non investono
gran parte delle loro energie in questioni secondarie, e purtroppo il numero
dei cattolici divorziati e risposati che ritengono di dover essere ammessi alla
Comunione è molto ridotto.
Le pressioni in
direzione di questo cambiamento si concentrano soprattutto in alcune Chiese
europee, dove la frequentazione del culto è scarsa e dove un numero crescente
di divorziati sceglie di non risposarsi. La questione è considerata sia dagli
amici, sia dai nemici della tradizione cattolica come un simbolo, una posta in
palio nello scontro fra ciò che resta del cristianesimo in Europa e un
neopaganesimo aggressivo. Tutti gli avversari del cristianesimo vorrebbero che
la Chiesa capitolasse su questo punto.
Entrambi gli
schieramenti che prendono parte a questa discussione si richiamano a criteri
cristiani e tutti sono costernati dinanzi alla mole di sofferenze che la
rottura del matrimonio arreca ai coniugi e ai figli. Quale aiuto può e deve offrire
la Chiesa cattolica?
Secondo alcuni, il
compito primario della Chiesa è fornire una scialuppa di salvataggio ai
naufraghi del divorzio. E le scialuppe di salvataggio dovrebbero essere a
disposizione di tutti, specie delle vittime innocenti di queste tragedie. Ma
dove devono dirigersi queste scialuppe di salvataggio? Verso gli scogli, verso
le paludi o verso un porto sicuro, che si può raggiungere soltanto con
difficoltà? Secondo altri, un compito ancor più importante per la Chiesa è
fornire una guida e delle buone mappe per ridurre il numero dei naufragi. Entrambi
i compiti sono necessari, ma qual è il miglior modo di svolgerli?
La visione cristiana
della misericordia è centrale in tema di matrimonio e di sessualità, di perdono
e di Santa Comunione, e non sorprende che in questo ottimo volume siano esposti
in modo chiaro e convincente i legami essenziali fra misericordia e fedeltà,
fra verità e grazia presenti nel nostro insegnamento evangelico.
La misericordia è
diversa da gran parte delle forme di tolleranza, che è uno degli aspetti più
encomiabili delle nostre società pluralistiche. Alcune forme di tolleranza
definiscono il peccato come qualcosa che sta al di fuori dell’esistenza, ma le
libertà degli adulti e le inevitabili differenze non devono necessariamente
fondarsi su un assoluto relativismo.
L’indissolubilità del
matrimonio è una delle ricche verità della divina rivelazione. Non è un caso
che nella cultura giudaico-cristiana la monogamia e il monoteismo siano associati.
Il matrimonio per tutta la vita non è semplicemente un fardello, bensì una
gemma, un’istituzione che dà vita. Le società che riconoscono questa bellezza e
questo bene li proteggono regolarmente per mezzo di efficaci misure disciplinari.
Esse comprendono che la dottrina e la prassi pastorale non possono essere in
contraddizione fra loro e che non si può sostenere l’indissolubilità del
matrimonio consentendo al tempo stesso ai “risposati” di ricevere la Comunione.
Per i credenti, riconoscere la loro incapacità di partecipare appieno
all’Eucaristia è indubbiamente un sacrificio, una forma imperfetta ma reale di
amore sacrificale.
Il cristianesimo, e in
particolare il cattolicesimo, costituisce una realtà storica in cui si preserva
la tradizione apostolica di fede e di morale, di preghiera e di culto. Le
dottrine di Cristo sono la nostra pietra angolare.
È interessante che il
severo insegnamento di Gesù secondo cui “quello dunque che Dio ha congiunto,
l’uomo non lo separi” (Mt 19,6) segua a poca distanza la sua insistente perorazione
rivolta a Pietro circa la necessità del perdono (cfr. Mt 18,21-35).
È vero che Gesù non
condanna l’adultera minacciata di morte per lapidazione, ma è vero anche che,
lungi dall’elogiare la sua condotta invitandola a continuare così, le dice
invece di non peccare più (Gv 8,1-11).
Una barriera
insormontabile, per chi invoca una nuova disciplina dottrinale e pastorale per
l’accesso alla Santa Comunione, è la quasi completa unanimità su questo punto
di cui la storia cattolica dà prova da duemila anni. È vero che gli Ortodossi hanno
da lungo tempo una tradizione diversa, alla quale furono originariamente
costretti dai loro imperatori bizantini; ma la prassi cattolica non è mai stata
questa.
Si potrebbe sostenere
che le discipline penitenziali risalenti ai primi secoli, anteriormente al
Concilio di Nicea, fossero troppo severe nel discutere se la Chiesa potesse
riconciliare i colpevoli di omicidio, adulterio o apostasia con la loro comunità
locale una sola volta oppure mai. Si è sempre riconosciuto che Dio sa
perdonare, anche quando la possibilità della Chiesa di riammettere i peccatori
in seno alla comunità era limitata.
Tale severità era la
norma in un’epoca in cui la Chiesa accresceva il numero dei suoi seguaci
malgrado le persecuzioni. Non è possibile ignorarla, così come non è possibile
ignorare gli insegnamenti del Concilio di Trento o quelli di San Giovanni Paolo
II o di Papa Benedetto in materia di matrimonio.
Le decisioni seguite al
divorzio di Enrico VIII furono davvero del tutto inutili?
Quest’opera contiene
un’analisi penetrante delle cause culturali della disgregazione della famiglia
nell’odierna cultura pansessuale e gli autori hanno ragione quando affermano
che la cosa più importante, di fronte a un’epidemia, è una diagnosi corretta!
Una tesi è che il
divorzio è la rivoluzione sociale più importante dell’epoca moderna, ed è fuor
di dubbio che la crisi del matrimonio rispecchi la crisi della fede e della
pratica religiosa.
Ma qual è la gallina e
qual è l’uovo?
Oltre all’intuizione,
ormai confermata, che una fede infiacchita significhi meno figli, penso sia
altamente probabile che la decisione di non avere figli, o di averne
pochissimi, produca essa stessa un grave indebolimento della fede. L’un fenomeno
influisce sull’altro.
Attualmente ci troviamo,
in un certo senso, in una situazione nuova, che non ha uguali dai tempi del
Concilio Vaticano II. In questa nuova situazione, perfino alcuni membri del
clero offrono una gamma sempre più vasta di opzioni morali. Se ciò ha dei
vantaggi, nella misura in cui un numero crescente di persone che prima se ne
disinteressavano adesso cominciano a discutere delle tesi cristiane, d’altra
parte comporta inevitabilmente dolore e ferite.
Coloro che credono nella
tradizione, come gli autori di questo volume, sono da elogiare quando affermano
le proprie convinzioni in modo calmo e caritatevole. La canzone migliore
continua a essere la nostra.
Adesso dobbiamo anche
operare per evitare che si ripeta quanto avvenne dopo la promulgazione di
Humanae vitae nel 1968. Dobbiamo parlar chiaro, perché quanto prima i feriti, i
tiepidi e gli esterni si renderanno conto che un cambiamento sostanziale della
dottrina e della pastorale è impossibile, tanto più riusciremo ad anticipare e
dissipare la delusione ostile che inevitabilmente seguirà la riaffermazione
della dottrina.
cardinale George Pell
Arcivescovo
Emerito di Melbourn e Sydney
Prefetto della
Segreteria per l'Economia
Fonte: Il Timone, 6.10.2014
Nessun commento:
Posta un commento