Come si onora con un ufficio speciale gli
arcangeli Michele e Gabriele, così, in questi ultimi tempi, la devozione verso
san Raffaele si è largamente diffusa.
Quest’Arcangelo ci è noto
dal libro di Tobia e nell’antichità cristiana è sovente menzionato dai Padri e
nelle iscrizioni. Alla menzione di Raffaele, sant’Ambrogio unisce quella di
Gabriele e di Uriele, perché quest’ultimo è menzionato nell’apocrifo libro di
Enoch: non moritur Gabriel, non moritur
Raphaël, non moritur Uriel (Sant’Ambrogio, De Fide libri quinque ad Gratianum Augustum, lib. III, cap. 3, §. 20, in PL 16, col. 593C; nell’ed. 1880, col. 618A). L’associazione
di questi tre nomi di angeli si ritrova anche su un piccola lama d’oro,
raccolta nella rotonda di Santa Petronilla, in Vaticano, nella tomba di Maria,
sposa dell’imperatore Onorio e figlia di Stilicone. Su questa vi era scritto:
MICHAEL • GABRIEL • RAPHAEL • VRIEL
Questi quattro angeli, col
titolo di maiores, sono spessissimo invocati nel Canon universalis degli
Etiopi, nei calendari orientali ed in molte litanie del Medioevo.
Su un’ametista intagliata,
risalente al VI-VII sec., che misura approssimativamente 3 cm., vi è intagliata
una figura eretta del Cristo benedicente, con nella mano sinistra un cartiglio
con le prime parole del Vangelo di Giovanni, ἐν ἀρχῇ ἦν
ὁ λόγος. A
sinistra della figura si leggono i nomi degli angeli (Cfr. George Frederick Kunz,
The magic of jewels & charms,
Philadelphia-London 1915, p. 246; Marvin
C. Ross, Catalogue
of the Byzantine and Early Mediaeval Antiquities in the Dumbarton Oaks
Collection, vol. I, Dumbarton Oaks 1962, p. 96, n. 116). In
effetti, i santi angeli con i loro nomi erano sovente invocati a fini
protettivi così come si riconoscevano analoghe proprietà al Vangelo di Giovanni
(Cfr. Edmond Le Blant, Le premier chapitre de Saint Jean et la croyance à ses vertus secrètes, in Rev. Archéolog., 1894, t. II, pp. 8 ss., partic. p. 8),
e conservata al British Museum, si leggono questi nomi attorno all’immagine
del Cristo benedicente:
ΡΑΦΑΗΛ
ΡΕΝΕΛ
ΟΥΡΙΗΛ
ΙΧΘΥOϹ
ΜΙΧΑΗΛ
ΓΑΒΡΙΗΛ
ΑΖΑΗΛ
Raffaele, Gabriele, Michele ed
Uriele sono conosciuti, ma i nomi degli altri angeli che formano la corte dell’Ιχθυος, ichthýs celeste sono tratti dagli
apocrifi (per
la verità si è incerti se l’Ιχθυος
menzionato sia riferito qui a Cristo o sia da intendersi come nome di un angelo) e
quello che viene al terzo posto in quest’altra iscrizione di Kodja Geuzlar,
presso il sito archeologico di Thiounta,
nell’antica Frigia, rivela la stessa origine:
ΚΥΡΙΕ ΒΟΗΘΙ AAAAA ΜΙΧΑΗΛ E ΓΑΒΡΙΗΛ ΙϹΤΡΑΗΛ ΡΑΦΑΗΛ
Il culto al santo arcangelo è
assai diffuso in Europa, e segnatamente a Cordova, in Spagna, ed è
particolarmente vivo negli ordini dei Mercedari e dei Fatebenefratelli.
La Roma cristiana ha dedicato
nel 1957 una chiesa a San Raffaele Arcangelo, nel quartiere del Trullo.
A
proposito del culto degli Spiriti beati, bisogna rievocare il grande rispetto
che gli antichi professavano verso i santi Angeli deputati da Dio alla custodia
dei sepolcri dei fedeli. Nell’isola di Thera, l’odierna Santorini, nell’arcipelago
delle Cicladi, troviamo un gran numero di tombe sulle quali sono menzionate
questi Angeli. Ecco alcuni esempi di queste iscrizioni funerarie:
L’iscrizione di un’altra tomba
si conclude così: ἐνορκίζω ὑμᾶς τὸν ὧδε ἐφεστῶτα ἄγγελόν, μή τίς ποτε τολμῇ ἐνθάδε τινὰ καταθέσθε, cioè Vi scongiuro per l’angelo che plana su questo luogo: che nessuno osi introdurvi
un altro cadavere.
Raffaello Sanzio, Madonna con il pesce con i SS. Girolamo, Raffaele e Tobia, 1513-15, Museo del Prado, Madrid |
Bernardo Strozzi, La cura di Tobia, 1620-25, museo del Prado, Madrid |
Bernardo Cavallino, La cura di Tobia, museo del Prado, Madrid |
Giovanni Bilivert, L'angelo S. Raffaele rifiuta i doni di Tobiolo e Tobia, 1612, Palazzo Pitti, Firenze |
Francisco de Goya y Lucientes, Tobia e l’angelo S. Raffaele, 1787 circa, museo del Prado, Madrid |
Eduardo Rosales Gallina, Tobia e l’angelo S. Raffaele, 1860 circa, museo del Prado, Madrid |
William Adolph Bouguereau, Il giovane Tobia saluta il padre, accompagnato da S. Raffaele, 1860 |
Joaquin Agrasot, Cura di Tobia, 1861, Museo de Bellas Artes, Alicante |
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