Innocenzo III avrebbe, si dice,
visto in sogno un povero, i piedi nudi ed i fianchi cinti da un’"umile corda",
che, con le sue spalle possenti, sosteneva il grandioso, ma caduco edificio del
Patriarchium del
Laterano (FF 603, 1063-1064, 1342, 1460, 2139).
Questo sogno fu una profezia ed
un simbolo. In un secolo di violenze e di ambizioni, allorché la società
cristiana aveva dimenticato il discorso evangelico delle Beatitudini, e che l’orgoglio
feudale aveva corrotto perfino l’atmosfera del chiostro e del santuario,
Francesco, il povero di Assisi, lo stigmatizzato, si levò in mezzo a folle cristiane,
per annunciare loro nuovamente il Vangelo del Regno e predicare semplicemente
il Cristo crocifisso.
In questa risiede la grandezza
e la cattolicità dell’opera del figlio di Pietro Bernardone, e tutto il
carattere soprannaturale della sua missione. Prima di lui, numerose sette di
eretici, in Francia soprattutto, erano sorte per rimproverare alla Chiesa il
suo fasto mondano e le sue ricchezze. Per riformare il clero, esse volevano
operare una rivoluzione insanguinata, allo scopo di portarla con la forza a
quello stato di povertà evangelica in cui si erano trovati Pietro e Paolo
allorché erano nelle prigioni di Nerone.
Questa missione, essendo
illegittima e contraria ai voleri di Dio, non approdò a niente. Quella di san
Francesco, al contrario, ci riuscì; in luogo di proclamare la rivoluzione
contro la sua madre Chiesa, egli cominciò con l’offrire in se stesso quell’esempio
di conversione di distacco dalle vanità secolari che erano allora
universalmente reclamate non solo dagli eretici ma pure dai fedeli.
Per riformarsi, la Chiesa non
aveva bisogna di nulla prendere al di fuori: essa aveva in se stessa tutti i
principi direttivi, tutte le forze necessarie per vivere di una vita potente e
divina che sfida i tempi. È per questo che, nel XIII sec., senza il concorso di
principi né di pseudo-predicatori, ma col semplice esempio ed alla sola parola
evangelica di Francesco, il popolo cristiano fu riformato ed una corrente
potentissima di spiritualità mistica si aprì nella Chiesa.
Ai tempi nuovi, ai nuovi
bisogni, occorrevano dei nuovi rimedi.
Nei secoli passati dell’Alto
Medioevo, esistevano l’alto clero, le potenti abbazie benedettine, il feudo, ma
la plebe od il popolo, per dir così, non esistevano, e su di esso pesava un
lungo codice di doveri, senza che una lista di diritti vi corrispondesse. A
quest’antica società, formata di aristocrazia ecclesiastica e laica che parlava
e scriveva ancora nella lingua di Virgilio e di Leone Magno, satura di
filosofia greca e di teologia patristica, erano familiari i simboli
apocalittici dell’essenza di Dio, della sua unità e della sua Trinità, dipinti
nelle absidi delle basiliche.
Ma i tempi erano cambiati. Alla
fine dell’XI sec., nei regesta e
nelle cronache, intendiamo come il mormorio di una nuova vita che invade la
terra. È il popolo, questi sono i minores
dei nostri comuni, che, essendo emancipati dai nobili – i maiores –
affermano anche i loro diritti e pensano che il sistema feudale scomparendo, l’avvenire
è ormai per la democrazia.
A questo popolo italiano ancora
giovane, semplice e capriccioso, bisognava dunque parlare un nuovo linguaggio
spirituale, più adatto alla sua intelligenza.
Per salire alla contemplazione giovannea della divinità, era
assolutamente necessario fare
affidamento su l’umanità ed è allora che San
Francesco, a
San Damiano, a Greccio ed a La Verna, popolarizzò il culto
della santa umanità del Redentore,
che d’ora in poi appassionerà la famiglia cattolica e giungerà sino al punto
culminante delle grandi
rivelazioni di Paray-le-Monial.
Ecco
il merito, la novità, il carattere, del movimento francescano primitivo, come
si rifletté sulla letteratura, sull’arte, sull’insegnamento delle università,
sulla vita comunale, tanto che san Francesco può essere considerato come il
rappresentante provvidenziale della riforma ecclesiastica nel XIII sec. ed il
punto di partenza di un’epoca nuova nella storia della Chiesa.
Diciamo: dalla Chiesa, perché
questa è un’altra caratteristica della missione del
Poverello di Assisi. La sua riforma non
è stata effettuata per mezzo di forze
estranee, come volevano gli eretici, ma nel seno della
Chiesa cattolica, e per mezzo di colui che personificava la
testa e il cuore della famiglia di Cristo. Il
cardinale Ugolino, divenuto Gregorio IX, divenne amico
e confidente del Poverello, e che lo doveva canonizzare un
giorno, fu messo a suo fianco, dobbiamo crederlo, per
Provvidenza divina, affinché portasse aiuto alla semplicità di
Francesco, e così l’autorità papale stessa dirigesse
fin dalla sua nascita, e canalizzasse nelle arterie della
Chiesa, questa potente corrente di
vita nuova e mistica evangelica restaurata dal Santo.
|
José Jiménez Aranda, Penitenti nella Basilica inferiore di S. Francesco in Assisi, 1874, Museo del Prado, Madrid |
Francesco morì la
sera di sabato, 3 ottobre 1226, come si è ricordato nel giorno della vigilia, e
fu canonizzato tre anni dopo da papa Gregorio
IX, che volle erigere sulla
sua tomba un notevole mausoleo ricco di arte e di pietà, per testimoniare la grandezza trascendente della figura del suo santo amico.
Il principale santuario dedicato a Francesco nella Roma
cristiana è senz’altro la chiesa di San Francesco a Ripa. Essa sorge nella
parte meridionale del quartiere di Trastevere, sul luogo in cui esisteva un
ospizio-ospedale – annesso ad una chiesa dedicata a san Biagio (San Biagio de Hospitale) e ad un monastero
benedettino – nel quale il Poverello risiedé nel 1219 ed al quale venne dedicata pochi anni dopo, quando passò ai
francescani (1229) per interessamento di Jacopa (o Giacoma) Frangipane de’
Settesoli (frate Jacopa, come la
chiamava san Francesco), la quale aveva più volte aiutato a Roma il Santo
assisiate ed assistito sino alla morte. Nel 1231 l’ospizio fu trasformato in convento
e la chiesa fu riedificata e divenne questa la prima sede dei Francescani a
Roma (M. Armellini, Le
chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vatican, Roma
18912, pp. 666-667; C. Huelsen, Le Chiese di
Roma nel medio evo, Firenze 1927, p. 253).
Deve il suo nome alla vicinanza con il Porto di Ripa Grande, i cui resti sono
oggi visibili dal Ponte Sublicio e da Lungotevere Testaccio.
Un’altra chiesa è quella delle Santissime Stimmate di
San Francesco, nel rione Pigna, un tempo intitolata ai Santi
Quaranta Martiri de
calcarario e dedicata al Santo di Assisi nel
‘700 (Ibidem, pp. 425-426).
Un’altra
è denominata San Francesco d’Assisi a
Monte Mario ed è situata nel borgo clementino
(M. Armellini, op.
cit., pp. 842-843).
Una
quarta chiesa è stata dedicata al Santo di Assisi nel 2001: San Francesco d’Assisi ad Acilia.
La tonsura fu comunque un atto di totale
abbandono alla Chiesa ed un dichiarato distacco dai legami dal mondo; insomma
Francesco e i suoi undici frati dovevano vivere senza troppi stretti legami con
le famiglie e considerarsi chierici a tutti gli effetti. Il Santo di Assisi,
comunque, racconta il Celano nella sua Vita
seconda, voleva che la chierica gli fosse fatta piccola, diffidando a tale
scopo il barbiere dal fargliela grande: «Cave, ne mihi magnam coronam facias! Volo enim, quod
fratres mei simplices partem habeant in capite meo» «Bada di non farmi una corona troppo larga! Perché voglio che i miei
frati semplici abbiano parte del mio capo» (FF 779).
|
Colantonio, S. Francesco consegna la Regola ai SS. Antonio da Padova e Chiara, 1445-46, Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli |
|
Filippino Lippi ed assistenti, S. Francesco in gloria, 1504 circa, Kress Collection, Memphis Brooks Museum of Art, Memphis |
|
Giacomo e Giulio Francia, SS. Girolamo, Margherita di Pisidia e Francesco d'Assisi, 1518, Museo del Prado, Madrid |
|
Moretto da Brescia, S. Margherita d'Antiochia di Pisidia tra i SS. Girolamo e Francesco, 1530 circa, Chiesa di S. Francesco d'Assisi, Brescia |
|
Moretto da Brescia, Madonna in gloria col Bambino tra i SS. Caterina d'Alessandria e Chiara, Girolamo, Bernardino da Siena, Nicola da Bari, Francesco d'Assisi e Giuseppe, c.d. Pala di Londra, 1540 circa, National Gallery, Lodnra |
|
Carlo Cerasa, Madonna con Bambino e SS. Giuseppe, Francesco e Carlo Borromeo, Chiesa di S. Caterina, Bergamo |
|
Francisco de Zurbarán, S. Francesco in meditazione dinanzi al Crocifisso, XVII sec. |
|
Francisco de Zurbarán, S. Francesco in meditazione dinanzi al Crocifisso, 1650-55, Galería Caylus, Madrid |
|
Guido Reni, Vergine con il Bambino in gloria e SS. Patroni di Bologna (Petronio, Ignazio di Loyola, Procolo, Francesco d'Assisi, Francesco Saverio, Domenico e Floriano), c.d. Pallione del voto della peste, detta anche semplicemente Pala della peste, 1630, Pinacoteca Nazionale, Bologna |
|
Pieter Paul Rubens e suo ambito, S. Francesco e la Vergine fermano i fulmini del Cristo sul mondo peccatore, 1635, Musée Royal des Beaux-Arts de Belgique, Bruxelles |
|
Pieter Paul Rubens, S. Francesco, 1635, Musée des Beaux-Arts de Strasbourg, Strasburgo |
|
Anonimo italiano, S. Francesco d'Assisi, 1615-35, Museu Nacional d'Art de Catalunya, Barcellona |
|
Juan Martín Cabezalero, Passaggio della vita di S. Francesco, XVII sec., Museo del Prado, Madrid |
|
Juan Van
Der Hamen, Apparizione dell’Immacolata Concezione a S. Francesco d’Assisi,
1630 |
|
Jacob van Oost il Vecchio, Sacra Famiglia con S. Francesco, 1665 |
|
Giovanni Battista Trotti detto Il Malosso, Madonna col Bambino in gloria tra i SS. Ambrogio e Francesco, 1591 |
|
Giulio Cesare Procaccini, Madonna col Bambino ed angeli tra i SS. Francesco e Domenico, 1612 circa |
|
Domenichino, Madonna col Bambino e S. Francesco, 1621-25 circa |
|
Domenico Piola, Madonna col Bambino e S. Francesco, XVII sec. |
|
Vincenzo Manenti, SS. Giovanni Battista e Francesco, 1635-40 circa |
|
Antonio Carnicero Mancio, Apparizione della Vergine col Bambino a S. Francesco, 1788-89, Museo del Prado, Madrid |
|
Benito Mercadé y Fábregas, Traslazione del corpo di S. Francesco, 1866, Museo del Prado, Madrid |
|
Francesco
Podesti, S. Francesco, 1860-80 circa,
chiesa di S. Giovanni Battista, Isola di Brescia |
|
Albert
Chevallier Tayler, S. Francesco, 1895-98, collezione privata |
Nessun commento:
Posta un commento