venerdì 31 ottobre 2014

La Chiesa cattolica in Germania: ovvero il dilemma tra Dio e mammona!

L'avreste mai detto che, dietro le recenti prese di posizione “di apertura” – in sede sinodale – da parte di illustri prelati tedeschi, si nascondano motivazioni economiche?
Come notato, in effetti, anche da Sandro Magister nel suo blog “Settimo Cielo”, in un puntuale recente articolo, nell’epoca della Chiesa “della misericordia”, le alte gerarchie ecclesiastiche si mostrano poco …. misericordiose …. . Paradossi di questi nostri tempi “misericordiosi”!!!
Ricorda Magister che il sistema di finanziamento delle Chiese in Germania è talmente spietato che spinge la Chiesa cattolica a scomunicare – di fatto è così – chiunque, cattolico, si rifiuti di versare il cospicuo obolo alla Chiesa “misericordiosa” germanica. In effetti, un decreto della Conferenza episcopale tedesca del 2012 priva dei sacramenti e di ogni ufficio, e persino delle esequie ecclesiastiche, chiunque non versi il suddetto obolo, a prescindere dalle motivazioni per le quali ciò sia fatto. Non solo. Ma addirittura, prima delle sanzioni, per ricondurre il reprobo a più miti consigli, è previsto un colloquio col parroco del posto: se questo dovesse fallire, ecco che la Chiesa considererà scismatico, eretico ed apostata, chiunque non voglia pagare il suddetto obolo. Insomma, si fa dipendere l’appartenenza alla Chiesa ed il diritto di ricevere dalla stessa i sacramenti, a prescindere dalle motivazioni, da … mere ragioni economiche-simoniache, … cioè dal versamento dell’obolo! La misericordia lo impone!
Comprensibili sono dunque le “aperture” sinodali della maggioranza dei prelati della Chiesa germanica: esse sono dettate da motivazioni, diciamo, di … marketing … ovverosia dal fatto di favorire il più possibile i cattolici tedeschi …, che abbiano situazioni familiari irregolari, … nel versamento dell’obolo … . Un “irrigidimento” sarebbe visto da questi cattolici come un motivo in più per non versare l’obolo ed uno sprono a corrisponderlo nelle casse di confessioni religiose acattoliche.
Se, dunque, essi non versassero più, la Chiesa tedesca vedrebbe ridotte le proprie entrate. Un danno da evitare nella maniera più assoluta! L'importante è corrispondere la Kirchensteuer. Le questioni dogmatiche o la pratica religiosa in questo contesto sono secondarie o marginali.
Forse è bene rammentare a tal riguardo ciò che diceva l'ottimo Padre domenicano Garrigou-Lagrange riguardo ai misericordiosi e tolleranti, oggi molto in auge, riprendendo le parole di san Luigi Maria Grignion de Montfort: «Miséricorde et fermeté doctrinale ne peuvent subsister qu'en s'unissant; séparées l'une de l'autre elles meurent et ne laissent plus que deux cadavres: le libéralisme humanitaire avec sa fausse sérénité et le fanatisme avec son faux zèle. On a dit: "L'Eglise est intransigeante en principe parce qu'elle croit, elle est tolérante en pratique parce qu'elle aime". Les ennemis de l'Eglise sont tolérants en principe parce qu'ils ne croient pas, et intransigeants en pratique parce qu'ils n'aiment pas» (Padre R. Garrigou-Lagrange, Dieu, son existence et sa nature, Paris 1923, p. 725). Onde offrire utili spunti di riflessione sul tema, oltre a rinviare al già citato contributo di Magister, pubblico un articolo di Simone Varisco, rilanciato in inglese dall'immancabile ed ottimo Rorate caeli.


La Chiesa ricca, la chiesa vuota


di Simone Varisco

Protagonista del recente Sinodo, il confronto fra i principali esponenti della Chiesa cattolica tedesca, da Müller a Kasper, da Brandmüller a Marx, si è misurato anche su diverse visioni della crisi della Chiesa in Germania e delle sue possibili soluzioni.
Stando agli ultimi dati resi noti dalla Conferenza episcopale tedesca, nel 2013 si contavano in Germania 24,2 milioni di cattolici (per questi e i successivi dati statistici: Katholische Kirche in Deutschland. Zahlen und Fakten. 2013/14, Segreteria della Conferenza episcopale tedesca, Bonn), in calo rispetto all’anno precedente (erano 24,3 milioni), attestandosi al 29,9% della popolazione (erano il 42,7% prima della riunificazione della Germania, nel 1990), ancora distribuiti in percentuali maggiori nei Länder meridionali, come il Saarland (dove i cattolici toccano il 62%) e la Baviera (54%).
Significativo altresì come fra coloro che si dichiarano cattolici la percentuale dei fedeli che frequentano regolarmente almeno la messa domenicale si diriga da anni verso numeri a cifra singola. Non è quindi un caso che rispetto all’anno precedente parrocchie ed altri luoghi di cura pastorale siano diminuiti di 137 unità (11.085 nel 2013, per una popolazione totale di oltre 83 milioni di tedeschi. In Italia le sole parrocchie sono 25.677 (Archivio dell’Istituto Centrale per il sostentamento clero), per una popolazione di circa 60 milioni di abitanti). Sempre meno sono anche i battesimi, i bambini nati in famiglie in cui sia presente almeno un genitore cattolico e i matrimoni celebrati con rito cattolico.
Anche i sacerdoti diocesani e religiosi registrano nel 2013 un ulteriore calo rispetto al già difficile 2012. Migliori, ma in via di peggioramento, i dati riferiti al diaconato permanente che, pur registrando un aumento numerico su base nazionale (+66 diaconi rispetto all’anno precedente), si sta avviando da anni verso una progressiva stagnazione, specialmente fra coloro che assumono l’incarico come occupazione esclusiva (+15 diaconi rispetto al 2012).
All’interno di un quadro piuttosto sconfortante, si distingue invece la fortuna degli indicatori economici. Con 5,5 miliardi di euro di entrate nette nel 2013, in continua crescita dal 2005, la Chiesa cattolica in Germania è fra le più ricche al mondo (al secondo posto nel Paese la Chiesa evangelica, con 4,8 milioni di introito netto nel 2013).
Vale la pena ricordare che in base alla tassa sulle religioni (Kirchensteuer) attualmente vigente in Germania, lo Stato non si rende diretto protagonista del finanziamento delle comunità religiose (e filosofiche) esistenti sul proprio territorio, ma si fa tramite tra esse e i rispettivi fedeli per la raccolta dell’imposta fra gli iscritti agli elenchi delle rispettive comunità, in possesso dello Stato. Pagando la Kirchensteuer, i fedeli acquisiscono il diritto ad una serie di “servizi religiosi”, alcuni dei quali altrimenti noti come Sacramenti.
La cancellazione dall’elenco implica per il cittadino l’esonero dal pagamento della tassa, ma anche la cessazione dell’ottenimento dei “servizi religiosi”(salvo in caso di immediato pericolo di morte) e l’impossibilità a ricoprire determinati ruoli, come l’essere padrino o madrina o il venire impiegati in uffici ecclesiastici. Con tali implicazioni, quello che potrebbe apparire soltanto come un atto amministrativo nei rapporti fra cittadino, Stato e sistema contributivo, assume a tutti gli effetti i connotati di una defezione dalla Chiesa, con la dura presa di posizione della Conferenza episcopale tedesca, nell’ottica di «preservare la fede e l’educazione cattolica dei bambini» (Allgemeines Dekret der Deutschen Bischofskonferenz zum Kirchenaustritt, II, 2).
La prosperità economica che alimenta il Paese e la grande macchina della Chiesa cattolica tedesca è la stessa prosperità materiale che ne svuota le chiese, al punto che molte delle grandi cattedrali del Paese sono oggi più visitate dai turisti che dai fedeli.
Ancora sostenuta dal successo economico che distingue vaste aree della Germania dalla maggior parte delle economie dell’Europa occidentale, il sempre più fragile equilibrio fra l’aumento della ricchezza pro-capite dei cittadini tedeschi e il calo dei fedeli ha finora retto. Non è però difficile prevedere che se l’emorragia di fedeli proseguirà come negli ultimi anni, nel prossimo futuro della Chiesa cattolica tedesca si profilerà anche l’ombra del dissesto finanziario.
Tenere conto di questo fattore è imprescindibile nella considerazione del confronto mostrato recentemente al Sinodo, non fosse altro che per l’ingenerato senso di urgenza nell’inversione di tendenza. Al Sinodo la Chiesa cattolica tedesca si è confermata fra le più inclini alle richieste del mondo contemporaneo, una Chiesa che i media non hanno esitato a definire «aperta»; eppure una Chiesa «malata», secondo una terminologia cara all’attuale Pontefice, «chiusa» in una società prospera sempre più tentata dall’inutilità della fede ed erosa da alcune di quelle stesse forze che spingono in direzione del cambiamento.
C’è da scommettere che nel dibattito, in corso da tempo tanto all’interno alla Chiesa tedesca quanto in quella universale, i principali protagonisti del Sinodo appena concluso siano ben intenzionati a non ritagliarsi ruoli di semplici spettatori. Tanto nell’una quanto nell’altra partita.

Fonte: Caffè Storia, 24.10.2014. L'articolo è anche pubblicato su Il Timone, 31.10.2014

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