Secondo il
martirologio geronimiano, il natale
et passio sanctæ Cæciliæ cadeva il 16 settembre (sebbene
esso menzionasse, oltre al 22 novembre, anche il 17 novembre). Ma, poiché quel
giorno è già occupato dalle feste dei santi Cornelio e Cipriano e dalla vergine
Eufemia di Calcedonia, si affermò sin da subito l’usanza di rinviarne la
solennità al 22 novembre, giorno anniversario della dedicazione del titulus Cæciliæ in Trastevere. Tale è lo
stato liturgico rivelato per Roma dal Sacramentario Leoniano, in cui, il 22
novembre, sotto il titolo in natali
sanctæ Cæciliæ, troviamo cinque differenti testi di messe.
Una così
grande ricchezza ed una tale magnificenza di formule testimoniano il favore di
cui godeva il culto della martire a Roma, in cui, nel V sec., il Papa stesso
celebrava in questo giorno la messa stazionale nella basilica di Trastevere.
Quest’indicazione locale ci è attestata dal biografo del papa Vigilio, nel Liber Pontificalis, che descrive la cattura del Pontefice da
parte dei soldati di Giustiniano, in occasione dell’affare dei c.d. Tre
Capitoli (Τρία Κεφάλαια) o scisma tricapitolino, nel momento in cui Vigilio, il 22
novembre 545, celebrava la sinassi stazionale nel Titulus Cæciliæ, in prossimità
della riva del Tevere: erat
enim die(s) natalis ejus, quando fu arrestato da Antemio per ordine
imperiale (L. Duchesne, Le Liber Pontificalis, Paris
1886, tomo I, p. 297).
Il Papa fu
dunque trascinato in una barca, ma poiché, dopo la Comunione, non aveva ancora
recitato l’ultima formula di benedizione o oratio super populum, i fedeli protestarono
rumorosamente, chiedendo che si desse almeno al Pontefice il tempo di lasciare
a Roma la sua benedizione. Gli fu consentito e Vigilio recitò, dalla stessa
barca, l’oratio super populum che era stata richiesta;
dopo che i fedeli ebbero risposto amen, i rematori cominciarono a vogare e la barca
si allontanò rapidamente lungo il fiume.
È questa,
dunque, la più antica testimonianza del culto di santa Cecilia a Roma.
Il titulus Cæciliæ, eretto nella casa di
Valeriano, dove Cecilia soffrì il martirio, appariva nelle liste dei titoli
romani nel 499. Si ergeva in un’antica domus romana, ed a questo riguardo
gli Atti di santa Cecilia hanno trovato, nelle indagini eseguite sotto
la pavimentazione della basilica nel corso dei primi anni del XX sec., su
impulso del cardinale titolare, il card. Mariano Rampolla del Tindaro,
Segretario di Stato sotto Leone XIII, un’imponente conferma topografica. La
data del martirio di santa Cecilia è ancora soggetta a controversia, ma
crediamo che si possa assegnarla alla fine del III sec., per il fatto che il
titolo trasteverino fu chiamato col suo nome e che a Roma se ne celebrava la
dedicazione il 22 novembre.
La spoglia insanguinata della
martire fu deposta originariamente nel cimitero di Callisto, vicino alla cripta
papale; ma nell’821 (Cfr.
Giovanni Battista De Rossi, La Roma sotterranea cristiana, vol. II,
Roma 1867, p. 121), papa Pasquale I la trasportò nella basilica del Trastevere
(Cfr. Pasquale I, Epist. Cum summae apostolicæ, De inventione reliquiarum sanctæ
Cæciliæ,
in PL 102, col. 1085C-1088A), dove, la si venera ancora oggi, accanto
a quelle di Valeriano, sposo di Cecilia, e di Tiburzio, fratello di Valeriano,
convertito da lei alla fede.
Il 19 dicembre 1599, su invito di Papa
Clemente VIII, il cardinale titolare Paolo Emilio Sfondrati, noto anche
come Paolo Camillo Sfondrati, ordinò la ricognizione canonica del corpo di
Cecilia e lo si trovò rinsecchito, ma intatto e vestito e, secondo quanto ricorda l’archeologo
maltese Antonio Bosio (che, però non fu testimone oculare della ricognizione), ed
ancora nella posizione, che sarà tramandata dalla statua del Maderno; ai
suoi piedi erano ripiegati i lini che erano serviti un tempo a raccogliere il
suo prezioso sangue durante le ultime ore della sua terribile agonia.
Stefano Maderno, Martirio di S. Cecilia, 1600, Basilica di Santa Cecilia in Trastevere, Roma |
Nell’iscrizione metrica con cui
Pasquale I accompagnò il mosaico absidale del titulus Cæciliæ, i versi seguenti meritano di essere
segnalati:
AVREA • GEMMATIS • RESONANT • HAEC • DINDIMA •
TEMPLI
LAETVS • AMORE • DEI • HIC • CONIVNXIT • CORPORA •
SANCTA
CAECILIAE • ET • SOCIIS • RVTILAT • HIC • FLORE •
IVVENTVS
QVAE • PRIDEM • IN • CRYPTIS • PAVSABANT • MEMBRA •
BEATA
ROMA • RESVLTAT • OVANS • SEMPER • ORNATA • PER •
AEVVM
Risplende
di oro e di pietre preziose l’interno del Tempio, in cui (Pasquale
I)
riuniva
lieto dell’amore divino i santi corpi
di
Cecilia e dei suoi compagni, come dei fiori di una splendida giovinezza.
Le loro
sacre membra riposavano poco prima nell’oscurità delle cripte,
oggi
Roma, però, se ne orna e ne gioisce attraverso i secoli.
SS. Valeriano, Cecilia e Tiburzio, Cripta, Basilica di S. Cecilia in Trastevere, Roma |
Tomba dei SS. Cecilia, Tiburzio, Valeriano e papa Urbano I, Cripta, Basilica di S. Cecilia in Trastevere, Roma |
Domenico Zampieri detto il Domenichino, S. Cecilia distribuisce i propri beni, 1616-17, Cappella Polet, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma |
Domenico Zampieri detto il Domenichino, Morte di S. Cecilia, 1616-17, Cappella Polet, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma |
Luis de Madrazo y Kuntz, Funerale
di santa Cecilia, 1852, Museo del Prado, Madrid
|
Francesco Vanni, Madonna col Bambino tra i SS. Cecilia ed Agnese, XVI-XVII sec., Museo del Prado, Madrid |
Antiveduto Grammatica, S. Cecilia, XVI-XVII sec., Museo del Prado, Madrid |
Nicholas Poussin, S. Cecilia, 1635 circa, Museo del Prado, Madrid |
Franz Ittenbach, S. Cecilia, 1842 |
Simon Glücklich, S. Cecilia suona l'organo, 1886, collezione privata |
Scuola dei Nazareni, S. Cecilia, XIX sec. |
Anton Josef Dräger, S. Cecilia, 1823 |
Jozsef Dragan, S. Cecilia, XIX-XX sec., collezione privata |
Etienne Gautier, Morte di S. Cecilia, 1903, Musée d'Orsay, Parigi |
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