Sante Messe in rito antico in Puglia

sabato 22 novembre 2014

"Afferéntur Regi vírgines post eam: próximæ ejus afferéntur tibi in lætítia et exsultatióne: adducéntur in templum Regi Dómino" (Ps. 44, 15 et 16 - Offert.) Santa Cecilia, vergine e martire

Secondo il martirologio geronimiano, il natale et passio sanctæ Cæciliæ cadeva il 16 settembre (sebbene esso menzionasse, oltre al 22 novembre, anche il 17 novembre). Ma, poiché quel giorno è già occupato dalle feste dei santi Cornelio e Cipriano e dalla vergine Eufemia di Calcedonia, si affermò sin da subito l’usanza di rinviarne la solennità al 22 novembre, giorno anniversario della dedicazione del titulus Cæciliæ in Trastevere. Tale è lo stato liturgico rivelato per Roma dal Sacramentario Leoniano, in cui, il 22 novembre, sotto il titolo in natali sanctæ Cæciliæ, troviamo cinque differenti testi di messe.
Una così grande ricchezza ed una tale magnificenza di formule testimoniano il favore di cui godeva il culto della martire a Roma, in cui, nel V sec., il Papa stesso celebrava in questo giorno la messa stazionale nella basilica di Trastevere. Quest’indicazione locale ci è attestata dal biografo del papa Vigilio, nel Liber Pontificalis, che descrive la cattura del Pontefice da parte dei soldati di Giustiniano, in occasione dell’affare dei c.d. Tre Capitoli (Τρία Κεφάλαια) o scisma tricapitolino, nel momento in cui Vigilio, il 22 novembre 545, celebrava la sinassi stazionale nel Titulus Cæciliæ, in prossimità della riva del Tevere: erat enim die(s) natalis ejus, quando fu arrestato da Antemio per ordine imperiale (L. Duchesne, Le Liber Pontificalis, Paris 1886, tomo I, p. 297).
Il Papa fu dunque trascinato in una barca, ma poiché, dopo la Comunione, non aveva ancora recitato l’ultima formula di benedizione o oratio super populum, i fedeli protestarono rumorosamente, chiedendo che si desse almeno al Pontefice il tempo di lasciare a Roma la sua benedizione. Gli fu consentito e Vigilio recitò, dalla stessa barca, l’oratio super populum che era stata richiesta; dopo che i fedeli ebbero risposto amen, i rematori cominciarono a vogare e la barca si allontanò rapidamente lungo il fiume.
È questa, dunque, la più antica testimonianza del culto di santa Cecilia a Roma.
Dieci anni più tardi, Cecilia figurava nella processione delle vergini a sant’Apollinare Nuovo di Ravenna.




Nel VII sec., il nome di Cecilia è iscritto nel canone della Messa e tutte le testimonianze liturgiche romane menzionano il suo natale.
Il titulus Cæciliæ, eretto nella casa di Valeriano, dove Cecilia soffrì il martirio, appariva nelle liste dei titoli romani nel 499. Si ergeva in un’antica domus romana, ed a questo riguardo gli Atti di santa Cecilia hanno trovato, nelle indagini eseguite sotto la pavimentazione della basilica nel corso dei primi anni del XX sec., su impulso del cardinale titolare, il card. Mariano Rampolla del Tindaro, Segretario di Stato sotto Leone XIII, un’imponente conferma topografica. La data del martirio di santa Cecilia è ancora soggetta a controversia, ma crediamo che si possa assegnarla alla fine del III sec., per il fatto che il titolo trasteverino fu chiamato col suo nome e che a Roma se ne celebrava la dedicazione il 22 novembre.
La spoglia insanguinata della martire fu deposta originariamente nel cimitero di Callisto, vicino alla cripta papale; ma nell’821 (Cfr. Giovanni Battista De Rossi, La Roma sotterranea cristiana, vol. II, Roma 1867, p. 121), papa Pasquale I la trasportò nella basilica del Trastevere (Cfr. Pasquale I, Epist. Cum summae apostolicæ, De inventione reliquiarum sanctæ Cæciliæ, in PL 102, col. 1085C-1088A), dove, la si venera ancora oggi, accanto a quelle di Valeriano, sposo di Cecilia, e di Tiburzio, fratello di Valeriano, convertito da lei alla fede.
Il 19 dicembre 1599, su invito di Papa Clemente VIII, il cardinale titolare Paolo Emilio Sfondrati, noto anche come Paolo Camillo Sfondrati, ordinò la ricognizione canonica del corpo di Cecilia e lo si trovò rinsecchito, ma intatto e vestito e, secondo quanto ricorda l’archeologo maltese Antonio Bosio (che, però non fu testimone oculare della ricognizione), ed ancora nella posizione, che sarà tramandata dalla statua del Maderno; ai suoi piedi erano ripiegati i lini che erano serviti un tempo a raccogliere il suo prezioso sangue durante le ultime ore della sua terribile agonia.



Stefano Maderno, Martirio di S. Cecilia, 1600, Basilica di Santa Cecilia in Trastevere, Roma

Nell’iscrizione metrica con cui Pasquale I accompagnò il mosaico absidale del titulus Cæciliæ, i versi seguenti meritano di essere segnalati:

AVREA • GEMMATIS • RESONANT • HAEC • DINDIMA • TEMPLI
LAETVS • AMORE • DEI • HIC • CONIVNXIT • CORPORA • SANCTA
CAECILIAE • ET • SOCIIS • RVTILAT • HIC • FLORE • IVVENTVS
QVAE • PRIDEM • IN • CRYPTIS • PAVSABANT • MEMBRA • BEATA
ROMA • RESVLTAT • OVANS • SEMPER • ORNATA • PER • AEVVM

Risplende di oro e di pietre preziose l’interno del Tempio, in cui (Pasquale I)
riuniva lieto dell’amore divino i santi corpi
di Cecilia e dei suoi compagni, come dei fiori di una splendida giovinezza.
Le loro sacre membra riposavano poco prima nell’oscurità delle cripte,
oggi Roma, però, se ne orna e ne gioisce attraverso i secoli.




La Città eterna ha dedicato molte chiese alla sua insigne compatrona. Ne citereno alcune: Santa Cecilia in Trastevere (Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, pp. 669-672; Ch. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, p. 229); Santa Cecilia della fossa o de fovea presso il Circus Maximus (Armellini, op. cit., p. 634; Huelsen, op. cit., pp. 225-226); Santa Cecilia montis Farfæ (Armellini, op. cit., p. 622; Huelsen, op. cit., pp. 226-227), presso il Ghetto; Santa Cecilia a domo, forse la stessa precedente (cfr. Armellini, op. cit., p. 572; Huelsen, op. cit., p. 626); Santa Cecilia in Campo Martis o de Posterula, oggi anche detta volgarmente Madonna del Divino Amore (Armellini, op. cit., p. 336; Huelsen, op. cit., pp. 228-229); Santa Cecilia de turre Campi (Armellini, op. cit., pp. 394-395; Huelsen, op. cit., pp. 224-225), nel quartiere in Parione. Quest’ultima era stata consacrata da Callisto II nel 1123. Queste chiese sono oggi scomparse eccetto due (cioè la Basilica di Santa Cecilia in Trastevere e la chiesa di Santa Cecilia in Campo Marzio).


SS. Valeriano, Cecilia e Tiburzio, Cripta, Basilica di S. Cecilia in Trastevere, Roma




Tomba dei SS. Cecilia, Tiburzio, Valeriano e papa Urbano I, Cripta, Basilica di S. Cecilia in Trastevere, Roma



Domenico Zampieri detto il Domenichino, S. Cecilia distribuisce i propri beni, 1616-17, Cappella Polet, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma




Domenico Zampieri detto il Domenichino, Morte di S. Cecilia, 1616-17, Cappella Polet, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma

Luis de Madrazo y Kuntz, Funerale di santa Cecilia, 1852, Museo del Prado, Madrid

Raffaello Sanzio, S. Cecilia e santi, 1514-16, Pinacoteca Nazionale, Bologna

Francesco Vanni, Madonna col Bambino tra i SS. Cecilia ed Agnese, XVI-XVII sec., Museo del Prado, Madrid

Antiveduto Grammatica, S. Cecilia, XVI-XVII sec., Museo del Prado, Madrid

Nicholas Poussin, S. Cecilia, 1635 circa, Museo del Prado, Madrid


Franz Ittenbach, S. Cecilia, 1842

Simon Glücklich, S. Cecilia suona l'organo, 1886, collezione privata


Scuola dei Nazareni, S. Cecilia, XIX sec.

Anton Josef Dräger, S. Cecilia, 1823

Jozsef Dragan, S. Cecilia, XIX-XX sec., collezione privata



Etienne Gautier, Morte di S. Cecilia, 1903, Musée d'Orsay, Parigi

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