L’errore sale sino alla Cattedra
petrina? Un sacerdote-scrittore di romanzi porno-erotici spagnolo chiamato a
Roma a discutere del ruolo della donna, in una Commissione di studio (Repubblica,
che ne ha dato la notizia, parla di trenta “studiosi” impegnati per febbraio
nella redazione di una relazione e di una prossima "rivoluzione"!). Ivi, incluso, ovviamente, la questione del
sacerdozio muliebre. Eppure essa dovrebbe – nella Chiesa cattolica – ritenersi definitivamente
acclarata da ultimo nel 1994 con la lett. ap. Ordinatio sacerdotalis,
come aveva sancito pure la Congregazione per la dottrina della fede, presieduta
dall’allora card. Ratzinger, nel 1995, in risposta ad un dubium (in L’Osservatore
Romano, 19.11.1995, p. 2) e più volte ribadita negli anni successivi anche
con l’assunzione di gravi provvedimenti verso coloro che attentavano all’Ordine
sacro mediante l’ordinazione di donne o tentavano di celebrare l’Eucaristia. L’ultimo
provvedimento assunto, nello scorso maggio, come ci si ricorderà è la scomunica nei confronti di Martha Heizer, co-fondatrice e presidente di Wir sind
Kirche (Noi siamo Chiesa), e del marito.
Per cui si può rimettere in
discussione una verità definitivamente sancita dalla Suprema Autorità senza
cadere in eresia?
* * * * * *
Dalle fessure del Tempio
all’errore in cattedra
di Mauro Faverzani
La saggezza degli antichi latini
fornisce le coordinate del problema: «Contra facta non valet argumentum». È un fatto,
dunque, che padre Pablo d’Ors si sia più volte espresso «assolutamente» a
favore del sacerdozio femminile. L’ultima occasione è stata l’intervista da lui
rilasciata al quotidiano “Repubblica” lo scorso 5 novembre.
Intervista durante la quale ha aggiunto: «Che la donna non possa essere prete per il fatto che Gesù era un
uomo e che avesse scelto solo uomini è un argomento molto debole».
Ed è un fatto anche il veto viceversa posto in modo chiaro ed impegnando il
Magistero, quindi parlando come Pietro, da Giovanni Paolo II nella Lettera
apostolica Ordinatio sacerdotalis il 22 maggio 1994, laddove scrisse: «Al fine di togliere ogni dubbio
su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina
costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli,
dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne
l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo
definitivo da tutti i fedeli della Chiesa». Specificando come ciò
derivi dalle Sacre Scritture, dalla pratica costante della Chiesa e dal Suo
vivente Magistero.
Dunque, nulla di improvvisato. Anche perché
Cristo stesso «ha scelto quelli che ha voluto e
lo ha fatto in unione col Padre, nello Spirito Santo, dopo aver passato la
notte in preghiera». D’altronde, «il fatto che Maria Santissima,
Madre di Dio e della Chiesa, non abbia ricevuto la missione propria degli
Apostoli, né il sacerdozio ministeriale mostra chiaramente che la non
ammissione delle donne all’ordinazione sacerdotale non può significare una loro
minore dignità, né una discriminazione nei loro confronti, ma l’osservanza
fedele di un disegno da attribuire alla sapienza del Signore dell’universo».
Piaccia o non piaccia a Padre d’Ors. Il quale
tuttavia, anche in quest’ultima intervista, ha definito il sacerdozio femminile
un «cambiamento necessario», spingendosi anzi a ritenere
diversamente il reiterarsi di tale esclusione «una discriminazione
inaccettabile». Incoraggiato dal fatto d’averne parlato «con moltissime donne»,
dettesi tutte favorevoli. È la Chiesa “parlamentare” della maggioranza, la sua.
Ed anche questo è un fatto. Che lo oppone, però, diametralmente al Magistero
petrino.
Ora, se la cosa fosse circoscritta alla
semplice opinione, resterebbe un errore grave verso il quale valutare eventuali
interventi disciplinari, ma non impegnerebbe alcuno, tanto meno la Chiesa in
tal senso. Invece no. Cosa è cambiato? Il fatto che il Card. Ravasi abbia chiamato direttamente
Padre d’Ors ad essere niente meno che uno dei trenta consiglieri, nominati in
tutto il mondo, del Pontificio Consiglio della Cultura. Col benestare di papa
Francesco. Che lui ricambia definendolo «un vero Pontefice, perché crea ponti intorno a sé».
Come se i suoi predecessori fossero stati “falsi” o avessero creato
distruzione… Ma non solo: al sacerdote ribelle è stato anche chiesto di
presentare una relazione sul ruolo della donna nella Chiesa.
Come farsi sfuggire un’occasione simile? Tant’è che lui ha subito colto la palla al balzo,
affrettandosi a dichiarare «ormai maturi i tempi per percorrere nuove strade».
Padre d’Ors, romanziere dalle trame moralmente – a dir poco – disordinate, si
definisce su “Repubblica” come uno «scrittore mistico, erotico e comico». Afferma
espressamente che certamente «si può vivere senza un Dio», come fecero Einstein e
Rousseau, perché «non credenti, ma capaci di esperienze spirituali profondissime»,
essendo in «contatto con la fonte della pienezza, si chiami Dio, essere o vita»,
ponendo così sullo stesso piano – e confondendoli – Creato e Creatore, quindi
riducendo ed abbassando il Secondo al primo, non certo l’inverso. E già questo
è molto duro, anzi impossibile da digerire.
Ma quel che il quotidiano “Repubblica” non
dice è che Padre d’Ors si è già distinto in passato per le sue posizioni, per
così dire, “estreme”. Ad
esempio, il fatto d’esser non solo discepolo, bensì anche attivo promotore del
buddhismo zen, come ricordato dall’agenzia InfoCatólica. Padre Giuseppe De Rosa, sull’autorevole
“Civiltà Cattolica” del 20 agosto 1994, definì l’adesione consapevole di un
cristiano al buddhismo come «un gesto che, oggettivamente, è di formale apostasia dalla fede
cristiana».
Benedetto XVI ha definito «molto pericoloso»
il fatto che sacerdoti insegnino tali pratiche, perché tali da comportare «la perdita delle fede e la
perversione della relazione uomo-Dio», oltre ad un «disorientamento profondo
dell’essere umano, cosicché alla fine l’uomo si sposa con la menzogna».
Sono, insomma, «realtà distruttive ed opposte non solo alla fede cristiana, ma
anche alla verità dell’essere umano stesso». Sin dalle loro
preghiere, rivolte «ad altre divinità, che sono idoli».
La Congregazione per la Dottrina della Fede,
nel documento Alcuni
aspetti della meditazione cristiana del 1989, mette in guardia dai «rischi ed errori» derivanti dal tentativo «di fondere la meditazione cristiana con quella non cristiana»,
tentativo facile a degenerare in un «pernicioso sincretismo». Per tutta questa serie di
valutazioni e per molte altre che si potrebbero addurre si capisce perché Padre
Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, al giornalista del “The Irish
Times” richiedente un commento sulle dichiarazioni di Padre Pablo d’Ors, abbia
preferito non commentare.
Ma non si può nemmeno perennemente tacere, né
tanto meno rimuovere i problemi, facendo finta che non esistano. Nonostante il gioco di sponda del quotidiano della Cei
“Avvenire”, che ha pubblicato un ampio servizio sul sacerdote ribelle –
ovviamente tacendone tutti gli aspetti compromettenti – lo stesso giorno in cui
usciva la sua controversa intervista su “Repubblica”.
Padre d’Ors ritiene «un mistero»
capire perché «papa Francesco» lo abbia «scelto». Affermazione impegnativa, questa. In
ogni caso delle due, l’una: o papa Francesco era all’oscuro delle sue posizioni
contrarie, anzi opposte al Magistero ed, in tal caso, dovrebbe chiedere le
dimissioni del Card. Ravasi, che lo ha voluto nel Pontificio Consiglio della
Cultura. Oppure ne era al corrente e le ha, quanto meno, accettate, quando non
addirittura accolte. Il che aprirebbe indubbiamente un precedente a dir poco
pericoloso (in realtà, sarebbe molto di più) dentro le mura vaticane. Che sono
solide, ma, di fessura in fessura, rischiano di creparsi. O, come disse Paolo
VI, di far entrare altro «fumo di Satana nella Chiesa». Di certo è evidente,
lampante, incontestabile e patente come, in questa vicenda, l’errore sia stato
messo in cattedra.
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