Sante Messe in rito antico in Puglia

martedì 25 novembre 2014

Giosué Carducci si convertì?

Diversi giorni fa era stata rilanciata la notizia secondo la quale il politico italiano, noto per le sue “battaglie” asseritamente civili, Giacinto Pannella, meglio noto come Marco Pannella, si sarebbe “convertito” grazie alla “testimonianza” di papa Bergoglio (vqui).
La notizia, di per sé, è apparsa davvero incredibile sotto molti aspetti: davvero un acceso oppositore della fede cattolica si sarebbe convertito? davvero un fervente e sulfureo sostenitore dell’aborto, dell’eutanasia, dei matrimoni omosessuali, dell’uso di droghe “leggere” avrebbe ritrovato la fede che aveva perso (ammesso che ne aveva una)?
Molti, giustamente, ne dubitano, anche perché, qualora vi fosse una conversione, sia pure “dell’ultim’ora” (stanti le sue precarie condizioni di salute), questa dovrebbe essere accompagnata da un’adeguata riparazione per gli scandali e gli errori diffusi. Insegnano, in effetti, i teologi moralisti che in materia grave per ottenere l’assoluzione bisogna adeguatamente riparare il male fatto, altrimenti si resta in peccato mortale. Per cui, se lo scandalo è stato pubblico, la riparazione non può che essere altrettanto pubblica. Del resto, non possiamo dimenticare l’episodio del celebre Zaccheo evangelico: ricevuto il perdono o anche solo la prospettiva del perdono da Cristo, il quale decide di fermarsi a casa sua (Lc 19, 5), egli si determina a riparare il male e le ingiustizie fatte («Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto»: Lc 19, 8). Solo allora il Signore poté esclamare: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Lc 19, 9-10).
Molti, anche autorevoli ed insigni pensatori cattolici, dubitano – e ne hanno tutte le ragioni – sulla sincerità di quest’asserita conversione di Pannella, anche se non spetta a noi giudicare le vie imperscrutabili della Provvidenza, la quale per far giungere la sua salvezza anche ai peccatori più incalliti si serve di via insperate. Forse la misericordia di Dio è all’opera verso quest’uomo, per intercessione di Maria, giacché a lui fu regalata quest’anno, non molti mesi fa, in occasione del suo compleanno, da un giovane tradizionalista marchigiano la c.d. medaglia miracolosa di Rue du Bac:


Non sappiamo se, sino alla fine, Pannella si convertirà. Lo possiamo sperare per il suo bene e ad majorem Dei gloriam. Del resto, esempi clamorosi di conversioni di atei incalliti ed anticlericali non mancano nella storia. Un esempio, forse noto a pochi, è la testimonianza sulla conversione di Giosué Carducci, cioè di quello stesso poeta massone che nel suo Inno a Satana, nel 1863, ravvisò nel gesto di Lutero di infrangere i suoi voti religiosi l’avvio del libero pensiero e della vittoria dell’angelo decaduto: «Gittò la tonaca/Martin Lutero:/gitta i tuoi vincoli,/uman pensiero,/e splendi e folgora/di fiamme cinto;/materia, inalzati:/Satana ha vinto» (vv. 161-168).
Eppure, stando alla testimonianza di san Luigi Orione, verso gli ultimi giorni della sua vita, il poeta ebbe modo di ritornare a Cristo. Non ci sono prove di ciò, ma certamente non possiamo dubitare della parola di quel santo sacerdote e che la Provvidenza abbia potuto “lavorare” per vie ignote e sconosciute al mondo. 


Nè preci di cardinali nè comizi di popolo. Io sono quale che fui nel 1867 e tale aspetto immutato e imperturbato la grande ora. Nov. '05 G. Carducci


Salma del Carducci con le tipiche insegne muratorie

L’importante, in fondo, è che il peccatore voglia corrispondere a quella grazia, a quell’ancora di salvezza che gli viene offerta. Non come fece, probabilmente, il celebre riformatore tedesco. Si trova, a questo riguardo, assai interessante il dialogo – vero – tra Lutero e la moglie, la ex monaca Katharina von Bora, come ci è riportata da uno storico, al di sopra di ogni sospetto quale fu Jean-Marie-Vincent Audin, nella sua Storia della vita di Martin Lutero. Ecco la traduzione italiana: «Una sera, le stelle scintillavano di straordinario splendore, il cielo sembrava di fuoco … - Osserva come quei punti luminoso risplendono, disse Caterina a Lutero … Lutero alzò gli occhi – Oh! che viva luce! disse, essa non risplende per noi! – E perché? soggiunse Bora, forse che saremmo privati del regno de’ cieli? Lutero sospirò … - Forse, disse, per punirci perché abbiamo abbandonato il nostro stato - Bisognerebbe dunque ritornarvi? suggiunse Caterina. – È troppo tardi, il carro è impantanato, replicò il dottore, e ruppe il colloquio» (Jean-Marie-Vincent Audin, Storia della vita, delle opere e delle dottrine di Martino Lutero, vol. II, Milano 1842, p. 126. Nella versione francese, ID., Histoire de la vie, des écrits e des doctrines de Martin Luther, vol. II, Paris 1841, p. 278). Lutero aveva, dunque, rimorsi di coscienza per aver abbandonato i suoi voti?

* * * * * *

LA TESTIMONIANZA DEL BEATO DON LUIGI ORIONE

Abbiamo parlato tempo fa delle voci circa la presunta conversione di Carducci. Voci che cominciarono a girare subito dopo la sua morte. Don Giuseppe Tomaselli, che, da ragazzo, assistete al funerale del Poeta, ci parla delle ronde per impedire che il prete potesse raggiungerlo. Tale episodio è narrato anche da altri autori. Una delle testimonianze più autorevoli al riguardo, non solo e non tanto di tali “ronde”, ma del tema conversione di Carducci, è quella DEL BEATO DON LUIGI ORIONE. Circa l’argomento, il testo fondamentale è: “CARDUCCI Giosué: Dalla ribellione alla conversione”. Si tratta di un lungo articolo (occupava le pagine da 11 a 42 del n.98 - anno 1998 - della rivista Messaggi di Don Orione), scritto da ALESSANDRO BELANO. Articolo che è la fonte principale delle notizie che troverete nel presente pezzo.
Torniamo un po’ indietro. I segni di questo riavvicinamento alla fede della sua infanzia lentamente, faticosamente, e certo dolorosamente, si stavano facendo strada nell’animo del Poeta. Nel 1892, sotto una immagine del Cristo di Monte Verde che gli veniva mostrata dalla Marchesa di Villamarina, dama di compagnia della regina Margherita, egli scrisse di suo pugno questa quartina: 
«Le braccia di pietà che al mondo apristi, sacro Signor, da l’albero fatale, piegale a noi che, peccatori e tristi, teco aspiriamo al secolo immortale».
Nello stesso anno, in occasione della Prima Comunione di Margherita Gargiolli, regala alla festeggiata il libro di pietà L’anima con Dio del Card. Arcivescovo di Napoli Alfonso Capecelatro, apponendovi questa dedica: 
«A te innanzi il giovin core apra candido il suo fiore ne la prima luce o regina del dolore o sovrana dell’amore Santa Vergine Maria!».
Un altro indizio di questo silenzioso riavvicinamento a Dio possiamo scorgerlo in un rapido passaggio, quasi insignificante, che compare in una lettera scritta all’amico Giuseppe Chiarini in data 11 agosto 1905, a soli due anni dalla morte. Dopo aver ringraziato l’amico letterato, il Poeta aggiunge: 
«...Ora, tanto del fisico come del morale, sono proprio affranto: la macchina è forte e potente, ma la malattia ha ripetuto i colpi e sempre li rinnova. Sarà quel che Dio vuole...». «Sarà quel che Dio vuole»:
da quel poco che conosciamo in nessun altro scritto carducciano compare una simile espressione. Lui proprio, il nostro Poeta, che, è stato calcolato che, nella sua produzione letteraria, ha scritto la parola “DIO” 110 volte, di cui 22 volte nella forma minuscola “dio”. Retorica? Formula convenzionale? Non lo crediamo: solo un senso di rinnovata convinzione può aver spinto il Poeta a scrivere quella frase. A questo punto della sua vita, ormai vicino alla morte, la retorica, le apparenze, le convenzioni si erano già da tempo dissolti. Che cosa stava succedendo al Carducci? Viene da credere che lentamente, nascostamente, un diverso atteggiamento nei confronti della religione e di Dio, stava sbocciando nel suo animo.

IL RITORNO A DIO. LA TESTIMONIANZA DI DON ORIONE

La prima esplicita testimonianza rilasciata da Don Orione circa la conversione del Carducci avvenne sulla nave «Conte Grande», nel settembre del 1934, durante uno dei viaggi missionari che il Beato fece in Sud America. Essendo stato invitato a parlare ai passeggeri che si recavano al Congresso Eucaristico di Buenos Aires, Don Orione trattò della confessione sacramentale e, per sottolineare la straordinaria grandezza del sacramento, rivelò che il Carducci, durante un soggiorno a Courmayeur, aveva conosciuto l’Abate Chanoux, noto predicatore che risiedeva al Piccolo San Bernardo, e che, dopo alcune conversazioni con lui, si era alfine confessato tornando alla fede cattolica. Una preziosa conferma di questo viaggio a Courmayeur, di cui parla Don Orione, viene dal riscontro con una affermazione di Libertà Carducci, figlia del Poeta, che ha segnato un appuntamento del padre con l’Abate Chanoux nell’ultimo volume dell’epistolario. Del resto il Poeta aveva compiuto precedenti viaggi e villeggiature a Courmayeur. La prima volta, da quanto risulta, la compì nel 1887, quindi nel 1889, tra luglio e agosto. Fu in quell’anno che compose l’ode Courmayeur.[35] Fu di nuovo a Courmayeur tra l’agosto e il settembre del 1895. Più tardi, nel corso di una conversazione privata, il Beato Don Orione, poco prima della sua morte, ebbe modo di ribadire quanto egli conosceva sulla conversione del Carducci.
Queste notizie furono raccolte dal suo primo biografo, Don Domenico Sparpaglione. Questi, in occasione del primo processo ordinario per la canonizzazione di Don Orione svoltosi a Tortona, sotto giuramento, testimoniò: «Non saprei precisare quando, ma negli ultimi giorni trascorsi da Don Orione a Tortona, prima di recarsi a San Remo, dove morì, io per incarico del Salesiano Don Cojazzi chiesi a lui i particolari della confessione di Giosuè Carducci, della quale egli aveva parlato in una predica tenuta sul «Conte Grande». Egli, studiando bene le parole, confermò che il poeta andò durante un’estate a trovare l’Abate Chanoux sul Piccolo S. Bernardo, dal quale si confessò, e aggiunse di averlo saputo da una persona incapace di ingannare, ma non volle dirne il nome perché vincolato da un segreto, essendo quella persona depositaria di due lettere del Carducci relative all’avvenimento, ma in pericolo qualora il segreto fosse stato rivelato.
Quanto alla morte cristiana del Carducci, Don Orione mi disse che la riteneva per lo meno probabile e che non bisogna lasciarsi ingannare da tutto quell’apparato massonico, che l’accompagnò». Del racconto di Don Orione circa la conversione del Carducci, esistono altre testimonianze raccolte dalla viva voce dei testimoni. Riferiamo la versione lasciataci da Don Luigi Orlandi, confidente del Fondatore e, per molti anni, archivista e Postulatore generale della Congregazione fondata dal Beato: «Nella settimana precedente la sua andata a San Remo, Don Orione mi chiamò in camera sua, vicino all’orologio, al Paterno, e venne a parlare della morte cristiana del Carducci, confessatosi e comunicatosi dall’Abate Chanoux. Tra l’altro mi disse che, molto spesso, si crede che gli uomini della politica siano morti lontani dalla Chiesa e dai Sacramenti, mentre spesso, in privato e di nascosto dal gran pubblico, si sono riconciliati con la Chiesa e con Dio».
Altra importante testimonianza è quella rilasciata da Don Giuseppe Zambarbieri, terzo successore del Beato Don Orione e, in età giovanile, a lui vicinissimo come segretario. Egli scrive: «A proposito degli episodi dei quali il ven. fondatore era solito infiorare i suoi discorsi, onde renderli più vivi e fecondi di bene, narro quanto ho appreso da Don Orione medesimo in merito alla predica che egli tenne sul “Conte Grande” nel settembre del 1934, parlando anche del Carducci. Ne interpellai il Ven. fondatore, il quale disse: “È vero: il Carducci è tornato alla fede e si è confessato. Questo è avvenuto precisamente a Courmayeur”. E mi ha raccontato di una notte che il Carducci passò in piedi, passeggiando avanti e indietro nella sua stanza: una notte assai simile a quella famosa dell’Innominato. Al mattino si è presentato all’Abate Chanoux e si è confessato. Ho chiesto se vi sono prove di veridicità. Don Orione è stato di persona a Courmayeur per accertare il fatto, penso che sia stato inviato in missione straordinaria. Ed ebbe dall’Abate la conferma».
Una conferma indiretta di questo avvenimento legato alla conversione del Carducci si può ritrovare nella testimonianza della professoressa Enrichetta Mombelli di Casale, dotata di profonda cultura letteraria. Nel gennaio 1932, Don Orione, desiderando suggellare l’inaugurazione del Santuario della Madonna della Guardia in Tortona, da lui voluto, invitò la summenzionata a tenere una conferenza presso il Collegio Dante Alighieri, in Tortona, aperta alle signorine e donne della città. Riferendosi all’iniziativa, la professoressa Mombelli ricorda: «Alle Signorine Don Orione stesso fece una dimostrazione del come la confessione sia stata accolta anche da persone in alto, per scienza e vita politica, dicendo tra l’altro: “Quando si potrà scrivere una pagina sul Carducci, si saprà che, prima di morire, si è confessato”».
Per l’importanza e l’autorità della fonte, merita una segnalazione a parte la testimonianza di Luigia Tincani, fondatrice delle Missionarie della Scuola, figlia del noto classicista Carlo Tincani, allievo, amico ed ammiratore del Carducci che lo ricambiava di simpatia e amicizia. «Mio padre, pur se allora non era praticante, combatteva per la difesa della religione e della Chiesa. Era Vice-presidente del Consiglio scolastico, che contava altri quattordici membri: tutti massoni (...). Noi eravamo amiche delle figlie del custode della Certosa. Abbiamo sentito che Carducci in morte volle i Sacramenti e, malgrado la guardia feroce che gli montavano i massoni, li ebbe da un sacerdote vestito da barbiere e venuto con la scusa di fargli la barba». [ Cfr. Venturelli G., Don Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza. Documenti e testimonianze, Vol. V: 1909-1912, Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma 1995, 316-317.].
C’è ancora un elemento significativo al quale vorremo almeno accennare e che costituisce, a suo modo, un ulteriore indizio di questa conversione. È stato giustamente fatto notare che, in mezzo a tanta ribellione e frastuono, invettive e avversione, parole di fuoco e insulti, ironia, sarcasmo e minacce, resta nel Poeta un rispettoso contegno nei confronti della Vergine Maria, la quale, nelle (poche) ricorrenze letterarie, è presentata in un alone di gentilezza e considerazione, se non proprio di venerazione. Si tratta solo di «cavalleresca generosità»? Non lo crediamo. Questa presenza mariana nella vita del Carducci non fu semplicemente occasionale, né priva di significato se dobbiamo ritenere sincere le parole pronunciate dallo stesso Carducci: «La Vergine mi deve voler bene, perché ne ho parlato bene». [Cfr. Landucci Pier Carlo, È provata la conversione del Carducci?, in Cento problemi di fede, Assisi 1962, 322].
Vogliamo concludere le nostre riflessioni segnalando un particolare curioso. Da quanto ci risulta la prima composizione poetica (un sonetto) scritta dal Carducci, allora tredicenne, si intitola “A Dio”. Una sera di maggio del 1848, contemplando il paesaggio dalla finestra della sua abitazione in Castagneto e suggestionato dal rintocco grave delle campane che suonavano la prima ora di notte, l’animo giovanile del Carducci sentì nascere spontanea la voce della poesia e proruppe in una ingenua lode a Dio. Molti anni più tardi, rifacendosi a questo lontano avvenimento, il Poeta aggiunse ai quattordici versi quanto segue: «Mi ride l’animo quando ripenso che io mossi la mia poesia da Dio, da quel Dio che mi ha dato questa anima sensibile e sdegnosa di cui lo ringrazio sempre, da quel Dio che io doveva poi dimenticare ed anche oltraggiare negli anni miei più belli per correre dietro a pazze larve di virtù affettata e di gioie false e vili».[ Cfr. Opere di Giosuè Carducci, Edizione Nazionale, Vol. I, Zanichelli, Bologna 1935-1940, 331-332].
La vita del Poeta si apre e si chiude alla luce della presenza di Dio. Per quei misteriosi e provvidenziali percorsi interiori che solo Dio conosce, e che, spesso, si caratterizzano da un incedere faticoso, incerto, doloroso, ma mai privo di speranza e grazia, l’antico ribelle doveva approdare a quel Dio che, troppo spesso, aveva indicato con una iniziale minuscola.

Arcangelo Santoro
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“La chiesa di Polenta”

Ave Maria! Quando su l’aure corre
l’umil saluto, i piccioli mortali
scoprono il capo, curvano la fronte
Dante ed Aroldo. [Byron]
Una di flauti lenta melodia
passa invisibil fra la terra e il cielo:
spiriti forse che furon, che sono
e che saranno?
Un oblio lene de la faticosa
vita, un pensoso sospirar quïete,
una soave volontà di pianto
l’anime invade.
Taccion le fiere e gli uomini e le cose,
roseo il tramonto ne l’azzurro sfuma,
mormoran gli alti vertici ondeggianti
Ave Maria.

Giosué Carducci

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