Diversi
giorni fa era stata rilanciata la notizia secondo la quale il politico
italiano, noto per le sue “battaglie” asseritamente civili, Giacinto Pannella,
meglio noto come Marco Pannella, si sarebbe “convertito”
grazie alla “testimonianza” di papa Bergoglio (v. qui).
La
notizia, di per sé, è apparsa davvero incredibile sotto molti aspetti: davvero
un acceso oppositore della fede cattolica si sarebbe convertito? davvero un
fervente e sulfureo sostenitore dell’aborto, dell’eutanasia, dei matrimoni
omosessuali, dell’uso di droghe “leggere” avrebbe ritrovato la fede che aveva
perso (ammesso che ne aveva una)?
Molti,
giustamente, ne dubitano, anche perché, qualora vi fosse una conversione, sia
pure “dell’ultim’ora” (stanti le sue precarie condizioni di salute), questa
dovrebbe essere accompagnata da un’adeguata riparazione per gli scandali e gli
errori diffusi. Insegnano, in effetti, i teologi moralisti che in materia grave
per ottenere l’assoluzione bisogna adeguatamente riparare il male fatto,
altrimenti si resta in peccato mortale. Per cui, se lo scandalo è stato
pubblico, la riparazione non può che essere altrettanto pubblica. Del resto,
non possiamo dimenticare l’episodio del celebre Zaccheo evangelico: ricevuto il
perdono o anche solo la prospettiva del perdono da Cristo, il quale decide di
fermarsi a casa sua (Lc 19, 5), egli si determina a riparare il male e le
ingiustizie fatte («Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se
ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto»: Lc 19, 8). Solo allora
il Signore poté esclamare: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché
anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e
a salvare ciò che era perduto» (Lc 19, 9-10).
Molti,
anche autorevoli ed insigni pensatori cattolici, dubitano
– e ne hanno tutte le ragioni – sulla sincerità di quest’asserita conversione
di Pannella, anche se non spetta a noi giudicare le vie imperscrutabili della
Provvidenza, la quale per far giungere la sua salvezza anche ai peccatori più
incalliti si serve di via insperate. Forse la misericordia di Dio è all’opera
verso quest’uomo, per intercessione di Maria, giacché a lui fu regalata
quest’anno, non molti mesi fa, in occasione del suo compleanno, da un giovane tradizionalista marchigiano la c.d. medaglia miracolosa di Rue du Bac:
Non sappiamo se,
sino alla fine, Pannella si convertirà. Lo possiamo sperare per il suo bene e
ad majorem Dei gloriam. Del resto, esempi clamorosi di conversioni di atei
incalliti ed anticlericali non mancano nella storia. Un esempio, forse noto a
pochi, è la testimonianza sulla conversione di Giosué Carducci, cioè di quello
stesso poeta massone che nel suo Inno a Satana, nel 1863, ravvisò nel gesto di Lutero
di infrangere i suoi voti religiosi l’avvio del libero pensiero e della
vittoria dell’angelo decaduto: «Gittò la tonaca/Martin Lutero:/gitta i tuoi
vincoli,/uman pensiero,/e splendi e folgora/di fiamme cinto;/materia, inalzati:/Satana
ha vinto» (vv. 161-168).
Eppure, stando alla testimonianza di san Luigi Orione, verso gli
ultimi giorni della sua vita, il poeta ebbe modo di ritornare a Cristo. Non ci
sono prove di ciò, ma certamente non possiamo dubitare della parola di quel
santo sacerdote e che la Provvidenza abbia potuto “lavorare” per vie ignote e
sconosciute al mondo.
Nè preci di cardinali nè comizi di popolo. Io sono quale che fui nel 1867 e tale aspetto immutato e imperturbato la grande ora. Nov. '05 G. Carducci
|
Salma del Carducci con le tipiche insegne muratorie |
L’importante, in fondo, è che il peccatore voglia
corrispondere a quella grazia, a quell’ancora di salvezza che gli viene
offerta. Non come fece, probabilmente, il celebre riformatore tedesco. Si trova,
a questo riguardo, assai interessante il dialogo – vero – tra Lutero e la
moglie, la ex monaca Katharina von Bora, come ci è riportata da uno storico,
al di sopra di ogni sospetto quale fu Jean-Marie-Vincent Audin, nella sua Storia
della vita di Martin Lutero. Ecco la traduzione italiana: «Una sera, le
stelle scintillavano di straordinario splendore, il cielo sembrava di fuoco … -
Osserva come quei punti luminoso risplendono, disse Caterina a Lutero … Lutero
alzò gli occhi – Oh! che viva luce! disse, essa non risplende per noi! – E
perché? soggiunse Bora, forse che saremmo privati del regno de’ cieli? Lutero
sospirò … - Forse, disse, per punirci perché abbiamo abbandonato il nostro
stato - Bisognerebbe dunque ritornarvi? suggiunse Caterina. – È troppo tardi,
il carro è impantanato, replicò il dottore, e ruppe il colloquio» (Jean-Marie-Vincent Audin, Storia
della vita, delle opere e delle dottrine di Martino Lutero, vol. II, Milano 1842, p. 126. Nella versione francese, ID., Histoire
de la vie, des écrits e des doctrines de Martin Luther, vol. II, Paris
1841, p. 278). Lutero aveva, dunque, rimorsi di coscienza per aver abbandonato
i suoi voti?
* * * * * *
LA TESTIMONIANZA
DEL BEATO DON LUIGI ORIONE
Abbiamo parlato tempo
fa delle voci circa la presunta conversione di Carducci. Voci che cominciarono
a girare subito dopo la sua morte. Don Giuseppe Tomaselli, che, da ragazzo,
assistete al funerale del Poeta, ci parla delle ronde per impedire che il prete
potesse raggiungerlo. Tale episodio è narrato anche da altri autori. Una delle
testimonianze più autorevoli al riguardo, non solo e non tanto di tali “ronde”,
ma del tema conversione di Carducci, è quella DEL BEATO DON LUIGI ORIONE. Circa
l’argomento, il testo fondamentale è: “CARDUCCI Giosué: Dalla ribellione alla
conversione”. Si tratta di un lungo articolo (occupava le pagine da 11 a 42 del
n.98 - anno 1998 - della rivista Messaggi di Don Orione), scritto da
ALESSANDRO BELANO. Articolo che è la fonte principale delle notizie che
troverete nel presente pezzo.
Torniamo un po’
indietro. I segni di questo riavvicinamento alla fede della sua infanzia
lentamente, faticosamente, e certo dolorosamente, si stavano facendo strada
nell’animo del Poeta. Nel 1892, sotto una immagine del Cristo di Monte Verde
che gli veniva mostrata dalla Marchesa di Villamarina, dama di compagnia della
regina Margherita, egli scrisse di suo pugno questa quartina:
«Le braccia di pietà
che al mondo apristi, sacro Signor, da l’albero fatale, piegale a noi che,
peccatori e tristi, teco aspiriamo al secolo immortale».
Nello stesso anno, in
occasione della Prima Comunione di Margherita Gargiolli, regala alla
festeggiata il libro di pietà L’anima con Dio del Card. Arcivescovo di Napoli
Alfonso Capecelatro, apponendovi questa dedica:
«A te innanzi il
giovin core apra candido il suo fiore ne la prima luce o regina del dolore o
sovrana dell’amore Santa Vergine Maria!».
Un altro indizio di
questo silenzioso riavvicinamento a Dio possiamo scorgerlo in un rapido
passaggio, quasi insignificante, che compare in una lettera scritta all’amico
Giuseppe Chiarini in data 11 agosto 1905, a soli due anni dalla morte. Dopo
aver ringraziato l’amico letterato, il Poeta aggiunge:
«...Ora, tanto del
fisico come del morale, sono proprio affranto: la macchina è forte e potente,
ma la malattia ha ripetuto i colpi e sempre li rinnova. Sarà quel che Dio
vuole...». «Sarà quel che Dio vuole»:
da quel poco che
conosciamo in nessun altro scritto carducciano compare una simile espressione.
Lui proprio, il nostro Poeta, che, è stato calcolato che, nella sua produzione
letteraria, ha scritto la parola “DIO” 110 volte, di cui 22 volte nella forma
minuscola “dio”. Retorica? Formula convenzionale? Non lo crediamo: solo un
senso di rinnovata convinzione può aver spinto il Poeta a scrivere quella
frase. A questo punto della sua vita, ormai vicino alla morte, la retorica, le
apparenze, le convenzioni si erano già da tempo dissolti. Che cosa stava
succedendo al Carducci? Viene da credere che lentamente, nascostamente, un
diverso atteggiamento nei confronti della religione e di Dio, stava sbocciando
nel suo animo.
IL RITORNO A DIO.
LA TESTIMONIANZA DI DON ORIONE
La prima
esplicita testimonianza rilasciata da Don Orione circa la conversione del
Carducci avvenne sulla nave «Conte Grande», nel settembre del 1934, durante uno
dei viaggi missionari che il Beato fece in Sud America. Essendo stato invitato
a parlare ai passeggeri che si recavano al Congresso Eucaristico di Buenos
Aires, Don Orione trattò della confessione sacramentale e, per sottolineare la
straordinaria grandezza del sacramento, rivelò che il Carducci, durante un
soggiorno a Courmayeur, aveva conosciuto l’Abate Chanoux, noto predicatore che
risiedeva al Piccolo San Bernardo, e che, dopo alcune conversazioni con lui, si
era alfine confessato tornando alla fede cattolica. Una preziosa conferma di
questo viaggio a Courmayeur, di cui parla Don Orione, viene dal riscontro con
una affermazione di Libertà Carducci, figlia del Poeta, che ha segnato un
appuntamento del padre con l’Abate Chanoux nell’ultimo volume dell’epistolario.
Del resto il Poeta aveva compiuto precedenti viaggi e villeggiature a
Courmayeur. La prima volta, da quanto risulta, la compì nel 1887, quindi nel
1889, tra luglio e agosto. Fu in quell’anno che compose l’ode Courmayeur.[35]
Fu di nuovo a Courmayeur tra l’agosto e il settembre del 1895. Più tardi, nel
corso di una conversazione privata, il Beato Don Orione, poco prima della sua
morte, ebbe modo di ribadire quanto egli conosceva sulla conversione del
Carducci.
Queste notizie furono
raccolte dal suo primo biografo, Don Domenico Sparpaglione. Questi, in
occasione del primo processo ordinario per la canonizzazione di Don Orione
svoltosi a Tortona, sotto giuramento, testimoniò: «Non saprei precisare quando,
ma negli ultimi giorni trascorsi da Don Orione a Tortona, prima di recarsi a
San Remo, dove morì, io per incarico del Salesiano Don Cojazzi chiesi a lui i
particolari della confessione di Giosuè Carducci, della quale egli aveva
parlato in una predica tenuta sul «Conte Grande». Egli, studiando bene le
parole, confermò che il poeta andò durante un’estate a trovare l’Abate Chanoux
sul Piccolo S. Bernardo, dal quale si confessò, e aggiunse di averlo saputo da
una persona incapace di ingannare, ma non volle dirne il nome perché vincolato
da un segreto, essendo quella persona depositaria di due lettere del Carducci
relative all’avvenimento, ma in pericolo qualora il segreto fosse stato
rivelato.
Quanto alla morte
cristiana del Carducci, Don Orione mi disse che la riteneva per lo meno
probabile e che non bisogna lasciarsi ingannare da tutto quell’apparato
massonico, che l’accompagnò». Del racconto di Don Orione circa la conversione
del Carducci, esistono altre testimonianze raccolte dalla viva voce dei
testimoni. Riferiamo la versione lasciataci da Don Luigi Orlandi, confidente del
Fondatore e, per molti anni, archivista e Postulatore generale della
Congregazione fondata dal Beato: «Nella settimana precedente la sua andata a
San Remo, Don Orione mi chiamò in camera sua, vicino all’orologio, al Paterno,
e venne a parlare della morte cristiana del Carducci, confessatosi e
comunicatosi dall’Abate Chanoux. Tra l’altro mi disse che, molto spesso, si
crede che gli uomini della politica siano morti lontani dalla Chiesa e dai
Sacramenti, mentre spesso, in privato e di nascosto dal gran pubblico, si sono
riconciliati con la Chiesa e con Dio».
Altra importante
testimonianza è quella rilasciata da Don Giuseppe Zambarbieri, terzo successore
del Beato Don Orione e, in età giovanile, a lui vicinissimo come segretario.
Egli scrive: «A proposito degli episodi dei quali il ven. fondatore era solito
infiorare i suoi discorsi, onde renderli più vivi e fecondi di bene, narro
quanto ho appreso da Don Orione medesimo in merito alla predica che egli tenne
sul “Conte Grande” nel settembre del 1934, parlando anche del Carducci. Ne
interpellai il Ven. fondatore, il quale disse: “È vero: il Carducci è tornato
alla fede e si è confessato. Questo è avvenuto precisamente a Courmayeur”. E mi
ha raccontato di una notte che il Carducci passò in piedi, passeggiando avanti
e indietro nella sua stanza: una notte assai simile a quella famosa dell’Innominato.
Al mattino si è presentato all’Abate Chanoux e si è confessato. Ho chiesto se
vi sono prove di veridicità. Don Orione è stato di persona a Courmayeur per accertare
il fatto, penso che sia stato inviato in missione straordinaria. Ed ebbe dall’Abate
la conferma».
Una conferma
indiretta di questo avvenimento legato alla conversione del Carducci si può
ritrovare nella testimonianza della professoressa Enrichetta Mombelli di
Casale, dotata di profonda cultura letteraria. Nel gennaio 1932, Don Orione,
desiderando suggellare l’inaugurazione del Santuario della Madonna della
Guardia in Tortona, da lui voluto, invitò la summenzionata a tenere una
conferenza presso il Collegio Dante Alighieri, in Tortona, aperta alle
signorine e donne della città. Riferendosi all’iniziativa, la professoressa
Mombelli ricorda: «Alle Signorine Don Orione stesso fece una dimostrazione del
come la confessione sia stata accolta anche da persone in alto, per scienza e
vita politica, dicendo tra l’altro: “Quando si potrà scrivere una pagina sul
Carducci, si saprà che, prima di morire, si è confessato”».
Per l’importanza e l’autorità
della fonte, merita una segnalazione a parte la testimonianza di Luigia
Tincani, fondatrice delle Missionarie della Scuola, figlia del noto classicista
Carlo Tincani, allievo, amico ed ammiratore del Carducci che lo ricambiava di
simpatia e amicizia. «Mio padre, pur se allora non era praticante, combatteva
per la difesa della religione e della Chiesa. Era Vice-presidente del Consiglio
scolastico, che contava altri quattordici membri: tutti massoni (...). Noi
eravamo amiche delle figlie del custode della Certosa. Abbiamo sentito che
Carducci in morte volle i Sacramenti e, malgrado la guardia feroce che gli
montavano i massoni, li ebbe da un sacerdote vestito da barbiere e venuto con
la scusa di fargli la barba». [ Cfr. Venturelli
G., Don Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza. Documenti
e testimonianze, Vol. V: 1909-1912, Piccola Opera della Divina Provvidenza,
Roma 1995, 316-317.].
C’è ancora un
elemento significativo al quale vorremo almeno accennare e che costituisce, a
suo modo, un ulteriore indizio di questa conversione. È stato giustamente fatto
notare che, in mezzo a tanta ribellione e frastuono, invettive e avversione,
parole di fuoco e insulti, ironia, sarcasmo e minacce, resta nel Poeta un
rispettoso contegno nei confronti della Vergine Maria, la quale, nelle (poche)
ricorrenze letterarie, è presentata in un alone di gentilezza e considerazione,
se non proprio di venerazione. Si tratta solo di «cavalleresca generosità»? Non
lo crediamo. Questa presenza mariana nella vita del Carducci non fu
semplicemente occasionale, né priva di significato se dobbiamo ritenere sincere
le parole pronunciate dallo stesso Carducci: «La Vergine mi deve voler bene,
perché ne ho parlato bene». [Cfr. Landucci
Pier Carlo, È provata la conversione del Carducci?, in Cento
problemi di fede, Assisi 1962, 322].
Vogliamo concludere
le nostre riflessioni segnalando un particolare curioso. Da quanto ci risulta
la prima composizione poetica (un sonetto) scritta dal Carducci, allora
tredicenne, si intitola “A Dio”. Una sera di maggio del 1848, contemplando il
paesaggio dalla finestra della sua abitazione in Castagneto e suggestionato dal
rintocco grave delle campane che suonavano la prima ora di notte, l’animo
giovanile del Carducci sentì nascere spontanea la voce della poesia e proruppe
in una ingenua lode a Dio. Molti anni più tardi, rifacendosi a questo lontano
avvenimento, il Poeta aggiunse ai quattordici versi quanto segue: «Mi ride l’animo
quando ripenso che io mossi la mia poesia da Dio, da quel Dio che mi ha dato
questa anima sensibile e sdegnosa di cui lo ringrazio sempre, da quel Dio che
io doveva poi dimenticare ed anche oltraggiare negli anni miei più belli per
correre dietro a pazze larve di virtù affettata e di gioie false e vili».[ Cfr.
Opere di Giosuè Carducci, Edizione Nazionale, Vol. I, Zanichelli, Bologna
1935-1940, 331-332].
La vita del Poeta si
apre e si chiude alla luce della presenza di Dio. Per quei misteriosi e
provvidenziali percorsi interiori che solo Dio conosce, e che, spesso, si
caratterizzano da un incedere faticoso, incerto, doloroso, ma mai privo di
speranza e grazia, l’antico ribelle doveva approdare a quel Dio che, troppo
spesso, aveva indicato con una iniziale minuscola.
Arcangelo Santoro
________________________________
“La chiesa di Polenta”
Ave Maria! Quando su l’aure corre
l’umil saluto, i
piccioli mortali
scoprono il capo,
curvano la fronte
Dante ed Aroldo.
[Byron]
Una di flauti lenta
melodia
passa invisibil fra
la terra e il cielo:
spiriti forse che
furon, che sono
e che saranno?
Un oblio lene de la
faticosa
vita, un pensoso
sospirar quïete,
una soave volontà di
pianto
l’anime invade.
Taccion le fiere e
gli uomini e le cose,
roseo il tramonto ne
l’azzurro sfuma,
mormoran gli alti
vertici ondeggianti
Ave Maria.
Giosué Carducci
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