martedì 18 novembre 2014

IN DEDICATIONE BASILICARUM Ss. PETRI et PAULI APOSTOLORUM

«Io ti posso mostrare i trofei degli apostoli: se andrai al Vaticano o sulla Via Ostiense, vi troverai i trofei di coloro che fondarono questa Chiesa» (Euseb., Hist. Eccl., II, 25, 6-7). Eusebio di Cesarea, nel secolo IV, con queste parole, riporta l’antecedente dichiarazione di un presbitero romano di nome Gaio, fatta nei confronti di un tal Proclo, capo della setta dei Montanisti, risalente agli inizi del II sec., che attesta nell’Urbe la presenza del sepolcro degli Apostoli Pietro e Paolo.
La pace costantiniana vide spuntare dappertutto numerose chiese ed Eusebio racconta con quale clamore se ne sia fatta la dedicazione (ibidem, X, 3, 3).
Sfortunatamente, si ignora la data esatta della dedicazione delle due antiche basiliche dedicate agli Apostoli. Fa eccezione a questo silenzio delle fonti la dedicazione della basilica dell’Anastasis e del Martyrium a Gerusalemme, che fu celebrata il 13 settembre 335. Si ignora dunque il giorno e l’anno della dedicazione di san Pietro, che dovette essere completata verso il 350. La basilica di san Paolo, di cui l’imperatore Valentiniano ne prescrisse la ricostruzione nel 386, fu dedicata dal papa Siricio nel 390, senza che si potesse precisarne il giorno (M. F. Martinez-Fazio, La segunda basilica de San Pablo extramuros. Estudios su fundacion, Coll. Miscellane historiae pontificiae, n. 32, Roma 1972).
Il 18 novembre è, dunque, poco probabile che possa costituire un anniversario in senso stretto. Il natale delle due basiliche sembra situarsi, da un punto di vista liturgico, nel prolungamento della dedicazione della basilica del Laterano, celebrata nove giorni prima. È possibile che la dedicazione di san Pietro fosse stata commemorata durante un certo tempo prima che vi si congiungesse quella di san Paolo. In questo caso, il papa Gregorio VII poteva essere l’autore dell’aggiunta. Non solamente Gregorio VII unì in uno stesso culto il Principe degli Apostoli a colui che egli chiamava «suo fratello tra tutti i santi» (Gregorio VII, Registrum epistolarum, III, 10a. Questa lettera è stata inserita negli Atti del Concilio romano del 1076. Cfr. A. Fliche, La Réforme grégorienne et la Reconquête chrétienne (1057-1123), in A. Fliche e V. Martin (a cura di), Histoire de l’Eglise, tomo 6, Paris 1941, p. 136), ma non poteva che restare legato alla basilica della via Ostiense, il cui governo gli era stato affidato da papa Leone IX. Quello che era, al secolo, il monaco Ildebrando aveva lasciato, infatti, un monumento del suo attaccamento a san Paolo nella porta bizantina che egli fece piazzare all’entrata principale della basilica e che, gravemente danneggiata dall’incendio del 1823, fu restaurata solo nel 1966 (La Porta bizantina di San Paolo, a cura della Direzione generale dei Monumenti, Musei e Gallerie Pontificie, Roma 1967).
Benché non si possano invocare eventuali influenze esterne nella scelta del 18 novembre per la festa della dedicazione delle basiliche apostoliche, ricordiamo che molte famiglie liturgiche hanno una solennità della dedicazione in questo periodo dell’anno. Nel corso del mese di novembre, i siriaci conoscono una serie di domeniche della Dedicazione (così ricorda B. Botte, Les Dimanches de la dédicace dans les Eglises syriennes, in L’Orient syrien, 2 (1957), pp. 65-70. L’A. vede in questa odierna festa della Dedicazione una festa di origine gerosolimitana, intitolata «dedicazione di tutti gli altari» (LJ 366). Essa aveva per scopo quello di cristianizzare la festa giudea della dedicazione del Tempio, che cadeva per la maggior parte del tempo alla metà di dicembre (25 del mese di Kisleu). Questa cristianizzazione non consisteva, però, nel continuare la festa giudea, ma di opporvi una festa cristiana).
A Milano, invece, si celebra a metà ottobre la dedicazione dell’ecclesia maior, che è seguita da tre domeniche post Dedicationem (cfr. Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, pp. 311-312).
Tornando alla festa odierna, va ricordato che il martirologio di san Pietro è la prima testimonianza della dedicatio beati Petri apostoli (all’inizio dell’XI sec.). Un secolo e mezzo più tardi, allorché l’antifonario di san Pietro annuncia la festa del 18 novembre negli stessi termini, i calendari del Laterano e del Vaticano vi aggiungono il nome di san Paolo. Alla fine del XII sec., l’Ordinario del camerlengo Cencio Savelli (futuro papa Onorio III) indica quid dominus papa facere debeat in Dedicatione ecclesiarum Petri et Pauli, ma secondo la sua descrizione, il papa non interveniva che a san Pietro (Cencio Savelli, De consuetudinibus, 76, in Fabre-Duchesne, Le Liber censuum, in Bibliothèque des Ecoles Françaises d’Athènes et de Rome, Paris 1910, tomo 1, p. 311).
Quest’anniversario rimase localizzato a Roma sino al 1568 quando san Pio V l’iscrisse nel calendario generale sotto il rito doppio. Leone XIII l’elevò al rango di doppio maggiore nel 1897.
Per l’Ufficio, l’Ordo del Laterano rinvia al Comune della Dedicazione, ma l’antifonario del Vaticano inserisce nei Mattutini della Dedicazione alcuni testi tratti da quelli del 29 giugno (come l’inviatorio Regem apostolorum ed il responsorio Tu es Petrus).
Il breviario romano, invece, sebbene siano due feste distinte, unisce la dedicazione del Laterano a quelle delle due basiliche degli Apostoli: nell’Ufficio, in effetti, almeno sino al 1960, le letture del I Notturno si susseguono tratte dal libro dell’Apocalisse (laddove il Comune della dedicazione vi impiega, invece, il libro della Cronache) ed al III Notturno si legge il 9 novembre l’omelia prevista per l’anniversario della dedicazione (di sant’Ambrogio) ed il 18 novembre l’omelia prevista per l’ottava della dedicazione (di san Gregorio).
Nel XII sec. l’Ottava della Dedicazione di san Pietro era celebrata con solennità dal clero della basilica vaticana. Se ne faceva l’Ufficio ogni giorno. Se nel periodo dell’Ottava cadeva la festa di un santo, si riservava alla Dedicazione il III Notturno del Mattutino ed i Vespri (Pierre Jounel, op. cit., p. 315).

Etimasia con i martiri ed i SS. Pietro e Paolo, Battistero degli ariani, Ravenna.
L’etimasìa, dal greco ἑτοιμασία, etoimasia, o hetoimasia ed anche sotto forma antica hetimasia, letteralmente “preparazione del trono”, è il nome dato ad un motivo iconografico della pittura cristiana che rappresenta un trono vuoto con le insegne di Cristo, simboleggiando l’attesa del ritorno del Cristo della Seconda Parusia (ἑτοιμάσαι, Lc 1, 17; 1, 76; 9, 52; Gv 14, 2). Per riferimenti rinvio a dom Pius Parsch, XVIII Dom. post. Pent., in Id., Le Guide dans l’année liturgique: Le Temps après la Pentecôte2, II parte, trad. dell’Abbé Marcel Gautier (a cura di), tomo V, Mulhouse (Haut-Rhin), 1954, passim.



Etimasia con i SS. Pietro e Paolo, Basilica di S. Maria Maggiore, Roma


Viviano Codazzi, Esterno della Basilica di S. Pietro in Vaticano, 1635-36, Museo del Prado, Madrid.
Il Codazzi rappresenta la Basilica con le due torri campanarie, progettate dal Maderno (morto nel 1629), che, però, non furono eseguite per il notevole peso delle strutture che avrebbero comportato vista la fragilità del suolo.

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