domenica 16 novembre 2014

La guerra interiore

Nella memoria liturgica di S. Gertrude la Grande, pubblico volentieri questa riflessione sulla vita interiore di san Macario il Grande.

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Isaac Fanous, Abba Macario con i SS. Massimo e Domezio, icona copta moderna

La guerra interiore (Macario il grande)


Abba Macario disse: “Le insidie del nemico sono state chiamate con il nome di ‘notte’ e ‘tenebra’, come dice Paolo: Noi non siamo della notte, né della tenebra, ma del giorno (1Ts 5,5.8); certamente il Figlio di Dio è il giorno (cf. Gv 12,35-36) e il diavolo è la notte (cf. Gv 13,30). Ma se il cuore vince in parte queste guerre, i demoni per invidia tornano di nuovo da chi li combatte e cominciano a imporgli la guerra. In queste guerre il cuore è debole e l’uomo non è più in grado di custodire la purezza. Il nemico gli presenta la lunghezza del tempo, le fatiche delle virtù e la durezza della vita, perché grande è la fatica e il corpo è debole. Ma se il cuore, indebolito in questa lotta e stremato nelle fatiche del combattimento, rigetta lontano da sé il male e invoca Dio con il gemito della sua anima, allora il Dio buono e pieno di misericordia per la sua creatura le invia una potenza santa. Essa prende possesso del suo cuore, gli dona lacrime, gioia e consolazione cosicché egli vince il suo nemico e quest’ultimo non prevale più su di lui, ma è pieno di timore dinanzi alla potenza che gli è giunta, come dice l’apostolo Paolo: Combattete per ricevere potenza (cf. Ef 6,10-11). Ed è di questa potenza che parla Pietro quando dice: C’è una eredità che non si corrompe, non si macchia. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede (1Pt 1,4-5). Quando il Dio buono vede che il cuore vince il nemico, allora considerando il suo buon proposito comincia a ritirargli la potenza e subito permette al nemico di muovergli guerra dall’interno mediante le impurità, i piaceri degli occhi, la vanagloria e l’orgoglio come a una barca senza timone che viene sballottata qua e là. Se il cuore diventa debolissimo a causa degli sforzi del nemico, allora il Dio buono e pieno di misericordia per la sua creatura gli invia di nuovo la potenza santa; essa prende possesso dell’anima, del cuore, del corpo e delle altre membra mettendole sotto il giogo del Paraclito, come dice il nostro Signore Gesù Cristo: Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore (Mt 11,29). Allora il Dio buono comincia ad aprire gli occhi del cuore per insegnargli a rendere gloria a Dio con cuore umile e contrito come dice Davide: Sacrificio per Dio,è un cuore contrito e umiliato (Sal 50,19); attraverso le sofferenze di queste guerre, infatti, vengono nel cuore l’umiltà e la contrizione. Allora la divina potenza svela al cuore, al nous, le realtà celesti, le lodi e la gloria che attendono chi avrà sopportato queste guerre e manifesta che se l’uomo sopporta sofferenze tanto grandi, esse sono poca cosa a confronto degli onori che Dio gli darà, come afferma ancora l’Apostolo: Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi (Rm 8,18). Allora vengono resi noti al cuore i castighi e quelli che subiscono il castigo e altre cose ancora che non posso ricordare. E il Paraclito stabilisce delle regole per il cuore, cioè: la purezza dell’anima e delle altre membra, una grande umiltà, vigilanza, sobrietà della mente, sottomissione ad ogni creatura, il non far conto del male in chiunque si trovi, la purezza degli occhi, la custodia della lingua, la purezza dei piedi, la giustizia delle mani, il servizio delle preghiere, sofferenza fisica e attenzione a Dio. Queste cose gli vengono ordinate con misura e prudenza, non nel turbamento, ma nella fermezza. Se la mente disprezza i comandamenti dello Spirito, allora la divina potenza si ritira e nel cuore nascono guerre e turbamenti; le passioni del corpo lo turbano perché il nemico lo assale e vi getta il suo seme. Ma se il cuore si converte e custodisce i comandamenti dello Spirito, allora si trova al riparo. Allora l’uomo sa che dimorare in Dio è il suo riposo, come ha detto Davide: Signore, da quando ho gridato a te ho trovato riposo secondo il tuo volere (cf. Sal 60,2-6; 61,2). Io dico che a meno che l’uomo non possieda nel proprio cuore e nel proprio corpo una grande umiltà, non si ritenga un nulla in qualsiasi cosa, non sopporti le offese subite, non si faccia violenza in ogni cosa, non abbia la morte davanti agli occhi giorno dopo giorno, non rinunci alle cose della terra e a quelle secondo la carne, non può avere la forza di custodire i comandamenti dello Spirito santo.

Testo tratto da AnonimoUmiltà e misericordia. Virtù di San Macario, ed. Qiqajon, 1996, pp. 35-36

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