Sante Messe in rito antico in Puglia

lunedì 8 dicembre 2014

"Ave, grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus" (Luc. 1, 27 - Ev.) - IN CONCEPTIONE IMMACULATA BEATÆ MARIÆ VIRGINIS





Questo dogma così consolante della fede cattolica, così glorioso per Maria e così onorabile per tutta la famiglia umana, è soltanto misteriosamente accennato nelle Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento. Bisogna, pertanto, partire dal divino deposito della tradizione cattolica e riconoscere nelle liturgie delle differenti Chiese l’espressione e la dichiarazione più autorevole di questa stessa fede, che si pone in perfetta continuità e logica coerenza con tutte le altre verità di fede proclamate dalla Chiesa cattolica (per un sintetico excursus storico, v. qui).
L’esenzione della Beata Vergine Maria dal peccato originale è affermata esplicitamente dall’Islam, in un adīth di Maometto, che, in questa circostanza, non è che l’eco della fede delle Chiese nestoriane: Ogni creatura umana è toccata, dalla sua nascita, da Satana, eccettuata Maria e suo Figlio (cfr. Joseph Huby, Christus. Manuel d’histoire des Religions, Paris 1916, p. 775, n. 1; Patrizia Spallino, Maryam. La Vergine Immacolata nella tradizione musulmana, in Diego Ciccarelli – Marisa Dora Valenza (a cura di), La Sicilia e l’Immacolata. Non solo 150 anni, Atti del Convegno di studio, Palermo, 1-4 dicembre 2004, Palermo 2006, pp. 411-416, partic. p. 412. Per la verità, l’islam ignora il significato di trasmissione del peccato originale così come quello di grazia. Così ricorda Domenico Cocozza, Cristo. Un profeta tra Bibbia e Corano, Roma 2008, p. 28).
Sant’Efrem il siriaco, in un poema del 370, mette queste parole sulle labbra della Chiesa di Edessa: «Tu solo, (o Gesù), e tua Madre siete di una bellezza che supera tutti: perché in te non c’è macchia alcuna e nessun’ombra nella tua madre» (Sant’Efrem il Siro, Carmina Nisibina, 27, 8, in Corpus Scriptorum Christianorum Orientalium. Scriptores Syri, vol. 219, p. 76. Nell’edizione Bickell del 1866, p. 122. Cfr. Georges Gharib - Ermanno M. Toniolo – Luigi Gambero – Gerardo Di Nola, Testi Mariani del Primo Millennio, vol. IV, Padri e altri autori orientali, Roma 1991, p. 73).
Molti altri Padri, soprattutto i greci della prima epoca patristica, ripetono lo stesso pensiero relativamente alla purezza assoluta della Vergine, sebbene la maggior parte di essi, piuttosto che porsi la questione formale della Concezione come più tardi se la posero gli Scolastici, la suppongono risolta nel senso della definizione dogmatica di Pio IX, in quanto l’innocenza immacolata, che essi attribuiscono alla Madre di Dio, dev’essere intesa sì pienamente che si esclude in lei ogni macchia del peccato originale.
Una festa locale in onore della Concezione di Maria, esattamente nove mesi prima della Natività della Vergine (8 settembre), fissata al 9 dicembre è già menzionata in un sermone del vescovo Giovanni di Eubea, contemporaneo di san Giovanni Damasceno (Giovanni di Eubea, Sermo in Conceptionem sanctissimæ Virginis Deiparæ, § XXIII, in PG 96, col. 1499A-1500A). La festa, però, pare risalisse già al V sec. Nel 675 sant’Andrea di Creta compose un Ufficio per i Greci sotto il titolo di Conceptio sanctæ ac Dei aviæ Annæ. Circa un secolo più tardi rispetto a S. Giovanni Damasceno, la solennità aveva guadagnato terreno ed era divenuta comune presso i Greci, come risulta da un discorso del vescovo Giorgio di Nicomedia sulla Conceptio sanctæ Annæ (Giorgio di Nicomedia, Oratio II, Laudatio in Conceptionem sanctæ Annæ, parentis sanctissimæ Deiparæ, in PG 100, col. 1353B-1376B).
Gli antichi prendono abitualmente questo termine nel senso attivo, in modo che, nei loro calendari, il titolo di Conceptio Sanctæ Mariæ designa, al contrario, il giorno dell’Incarnazione del Salvatore.
La festa della Concezione di sant’Anna, madre della Madre di Dio, figura al 9 dicembre nel calendario conosciuto sotto il nome di Menologio dell’imperatore Basilio II Porfirogenito, nel 984-985; essa è ugualmente computata tra i giorni festivi non lavorativi in una costituzione dell’imperatore Manuele I Comneno nel 1166.
In Occidente, la Conceptio sanctæ Annæ figura il 9 dicembre nel celebre calendario di marmo della Chiesa napoletana che risale al IX sec.; la data ed il titolo rivelano l’influenza bizantina; influenza che dominò non soltanto a Napoli, ma anche nella Sicilia ed in tutta l’Italia meridionale, che, per lunghi secoli, continuarono ad appartenere all’impero dei lontani successori di Costantino e di Teodosio.
In Normandia, in Inghilterra ed in Irlanda, la festa della Concezione della Beata Vergine l’8 dicembre era già stata accolta nel XII sec. con entusiasmo da molte abbazie e capitoli di canonici, malgrado le proteste di qualche vescovo che vi si era opposto. Come aveva fatto la primitiva solennità orientale ad arrivare dalle rive del Bosforo in questi lontani paesi?
Si crede comunemente che la trasmissione fu dovuta all’armata normanna, allorché, nell’XI sec., essa aveva invaso l’Italia e vi si era stabilita. Tuttavia la cosa non è assolutamente sicura, benché si deve riconoscere che i primi documenti inglesi ed irlandesi sulla festa della Concezione rivelano evidentemente delle fonti greche.
Resta da stabilire il senso primitivo di questa solennità della Concezione di sant’Anna o della Madre di Dio. Alcun documento liturgico antico appone mai – questo è vero – il titolo di immacolata a quello della Concezione. Pertanto, da quanto detto sopra, risulta che lo si doveva intendere implicitamente. Del resto, se così non fosse, la solennità non avrebbe avuto alcun significato speciale. Questo ci è confermato dalla festa bizantina della concezione di san Giovanni Battista, la quale ricordava precisamente la santificazione del Precursore di Cristo nel seno di sua madre.
La liturgia romana si sentì soddisfatta, durante lunghi secoli, dalle quattro grandi feste bizantine in onore di Maria, senza celebrare in alcun modo la sua Concezione. Quando cominciarono in Occidente le prime controversie sul contenuto teologico della solennità, Roma, prima di pronunciarsi, lasciò i campioni delle scienze sacre misurarsi tra loro: sant’Anselmo, i canonici di Lione, san Bonaventura ed il beato Duns Scoto, contro Eadmero di Canterbury, san Bernardo, san Tommaso ed i più celebri liturgisti del Medioevo.
Quanto all’espansione del dogma cattolico dell’Immacolata Concezione, fu di una così grande importanza che l’Ordine recente dei Minori se ne fece apostolo e difensore in Europa. Dal 1263, la festa era divenuta obbligatoria in tutti conventi francescani e si deve certamente alla loro immensa influenza ed alla loro popolarità che, nella XXXVI sessione dell’assemblea scismatica di Basilea, il 17 settembre 1439 (Joannes Dominicus Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, vol. 29, Firenze 1796, col. 182-183), su appello del canonico Giovanni di Romiroy, i Padri avevano dichiarato che questa dottrina trovava il suo pieno assenso nelle fonti della rivelazione cattolica e cioè dovesse ritenersi «una pia dottrina conforme alla devozione della Chiesa, alla fede cattolica, al retto giudizio ed alla Sacra Scrittura» (Salvatore M. Meo, Maria Immacolata e Vergine nei Concili Lateranese del 649, Toledano XI e XVI, di Basilea e Trento, Roma 1961, pp. 68 ss.; Jaroslav Pelikan, Mary through the Centuries – Her Place in the History of Culture, New Haven – London 1996, trad. di Nerina Rodinò (a cura di), Maria nei secoli, Roma 1999, p. 231; Pietro Maranesi, Gli sviluppi della dottrina sull’Immacolata Concezione nei secoli XII-XV, in Italia Francescana, vol. LXXX, 2005, pp. 97-122, partic. pp. 110 ss., ora anche in Enrico Dal Covolo – Aristide Serra (a cura di), Storia della mariologia, vol. I, Dal modello biblico al modello letterario, Roma 2009, pp. 843-872, partic. pp. 857 ss.). Prescriveva poi che questa dottrina fosse «approvata, sostenuta e professata da tutti i cattolici» e proibiva qualsiasi insegnamento o predicazione ad essa contraria (Jaroslav Pelikan, op. loc. cit.).
Con Sisto IV – un papa francescano – la Chiesa romana fece un passo veramente decisivo. Con una costituzione del 27 febbraio 1477, questo Pontefice prescrisse la festa e l’ufficio Conceptionis Immaculatæ Virginis Mariæ per tutta l’Urbe; due anni più tardi, fece costruire e dotare, nella basilica vaticana, una cappella dedicata alla santa Vergine, sotto il medesimo titolo di Immacolata Concezione.
Persino l’empio eresiarca Lutero, sconfessando i suoi successivi seguaci, si mostrava decisamente favorevole alla verità dell’immacolato concepimento di Maria. Scriveva, infatti: «Non è senza peccato chi non commette il peccato - ha detto Lutero - ma colui al quale Dio non lo imputa» (Luthers Werke, Weimar Ausgabe, 15, p. 415). In tal senso egli sostenne, sia pur per un certo periodo, che Maria fosse stata concepita senza il peccato (ossia, senza che le fosse stato da Dio imputato il peccato): «Io – affermava – alla Madre non attribuisco il peccato, così come quelli che vogliono che Ella non sia stata concepita nel peccato originale» (ibidem) (Cfr. R. Schimmelpfennig, Die Geschichte der Marienverehrung in deutschen Protestantismus, Paderborn, 1952, p. 14, il quale ricordava come Lutero avesse insegnato l'Immacolata Concezione nel senso stesso in cui fu poi definita da Pio IX. La tesi di Schimmelpfennig fu contraddetta da W. Tappolet, Das Marienlob der Reformatoren, Tübingen, 1962, p. 26-32, il quale, in base ai testi e alla loro cronologia, distingueva, nella vita di Lutero, tre momenti. In un primo tempo - all'inizio - nel 1516, in un discorso per la festa dell'8 dicembre, Lutero asserì che Maria fosse «l'unica goccia, nell'oceano del genere umano, preservata (dal peccato originale)»: «ex omni mare totius massæ generis humani unica præservata stilla» (Luthers Werke, Weimar, 1883, p. 107). In un secondo tempo, nel 1520, Lutero evitò di pronunziarsi in modo espresso, perché riteneva una tale questione inetta a rendere migliori gli uomini (Werke, 9, p. 492). Tuttavia, in un discorso del 1527 (per la festa dell'8 dicembre), ammetteva l'immunità dell'anima di Maria SS. dalla colpa originale (Werke, 17, 2, p. 282-289). In un terzo tempo, nel 1538 e 1539, Lutero, in alcune brevi affermazioni o allusioni, dichiarava che Maria, come tutti gli altri uomini, era stata concepita nel peccato, senza però precisare in qual senso (nel 1538: Werke, 46, p. 136; nel 1539: Werke, 46, p. 860). Occorre tuttavia tener presente, per una oggettiva valutazione delle sue asserzioni apparentemente favorevoli all'Immacolata Concezione, la sua teoria fondamentale sulla giustificazione puramente estrinseca: cosa che svuota completamente le sue affermazioni sul singolare privilegio).
Secondo l’altro eresiarca collega di Lutero, cioè Calvino, Maria non sarebbe stata esente dal peccato, checché ne dicessero «gli asini di Roma», i quali invocavano dei «privilegi». E aggiungeva: «Quando essi avranno dimostrato lettere patenti del cielo, noi li crederemo» (Acta Synodi Tridentini cum antidoto, 1547. In Sess. 6, can. 23, in Opera 7, Corpus Reformatorum, 35, p. 481. Per questo e gli altri riferimenti al mondo protestante, v. qui). Fu accontentato secoli dopo con le apparizioni di Lourdes.
Si sa l’attitudine favorevole del concilio di Trento dinanzi al dogma dell’Immacolata Concezione di Maria (Jaroslav Pelikan, op. loc. cit., p. 232. Il Concilio tridentino, nella sua XIV sessione, dopo ampie discussioni svolte in precedenza durante l’assise conciliare, parlando del peccato originale, specificò che non era intenzione del Concilio includere Maria nell’asserzione dell’universalità del peccato originale: ibidem), ma la sovrana circospezione della Santa Sede lasciò passare ancora tre secoli prima di giungere ad una decisione senza appello della controversia che, da più di novecento anni, si agitava tra i più eminenti teologi di Europa.
Va tuttavia ricordato che, a seguito di una bolla di Alessandro VII (oltre a quella di Sisto IV), «quanti afferma[vano] che la concezione di Maria fu macchiata dal peccato originale incorre[vano] ipso facto nella sospensione a divinis» (Stefano de Fiores – Luigi Gambero (a cura di), Testi mariani del Secondo Millennio, vol. VI, Autori moderni dell’Occidente (secc. XVIII-XIX), Roma 2005, p. 293). Quanto ai sostenitori della sentenza favorevole all’Immacolata Concezione, era «loro proibito presentarla come dogma di fede e di censurare l’opinione contraria», ma potevano «presentarla con ragioni e testimonianze autorevoli come “vera e comune” e perfino “moralmente certa e prossimamente definibile di fede”» (ibidem).
Sta di fatto che, nella devozione popolare, soprattutto a seguito dell’intervento del papa Alessandro VII, andò diffondendosi la pratica del c.d. votum sanguinis, ovvero il voto di difendere, sino all’effusione del sangue, il privilegio mariano dell’Immacolato Concepimento. Anche sant’Alfonso Maria de’ Liguori lo fece sin dal termine dei suoi studi giuridici all’Università di Napoli, il 21 gennaio 1713: «Io, Alfonso Maria de Liguori, umilissimo servitore di Maria sempre Vergine Madre di Dio, prostrato ai piedi della Divina Maestà in presenza dell’ineffabile Trinità dell’unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, prendendo a testimoni tutti gli abitanti della Gerusalemme celeste, credo fedelmente con lo spirito, abbraccio veramente col cuore e proclamo fermamente con la bocca che tu, Madre di Dio sempre Vergine, tu sei stata oggetto da parte dell’onnipotente Iddio di un privilegio assolutamente unico: sei stata interamente preservata da ogni macchia di peccato originale, fin dal primo istante della tua concezione, cioè dal momento dell’unione del tuo corpo con la tua anima. In pubblico e in privato, fino all’ultimo respiro della mia vita, insegnerò questa dottrina e mi impegnerò con tutte le mie forze affinché tutti gli altri la ritengano e l’insegnino. Così attesto, così prometto, così giuro e che Dio mi aiuti e questi santi Vangeli» (così ricorda Théodule Rey-Mermet, Le saint du siècle des Lumières - Alfonso de Liguori (1696-1787), Paris 1982, trad. it. di Nella Filippi – Sabatino Majorano (a cura di), Il Santo del secolo dei Lumi – Alfonso De Liguori2, Roma 1990, p. 117. Cfr. Alfonso Santonicola, Il “voto del sangue” per l’Immacolata e S. Alfonso de Liguori, in Spicilegium Historicum Congregationis SSmi Redemptoris – pubblicazione a cura dell’Istituto Storico della Congregazione del Santissimo Redentore, ann. III, 1955, I, pp. 199-215. Sul voto di sangue, v. Felice Santi Fiasconaro, Il pensiero immacolatista di Ignazio Como, OFMConv. (+ 1774), nella controversia con L. A. Muratori sul “voto sanguinario”, Palermo 2004, passim).
La gloria di proclamare il dogma odierno fu accordata dalla divina Provvidenza al santo pontefice Pio IX, sotto il quale furono finalmente terminati i lunghi studi dei dottori sulle fonti della dottrina cattolica relativamente alla concezione immacolata di Maria. L’8 dicembre 1854, in presenza di un’imponente assemblea di molte centinaia di vescovi, il Papa promulgò infine a san Pietro la sua bolla dogmatica Ineffabilis Deus, nella quale questa dottrina fu definita come conforme alla fede cattolica, rivelata da Dio e, di conseguenza, doveva essere creduta e tenuta fermamente da tutti fedeli. Il Cielo stesso ratificò questa pronuncia papale con le celebri apparizioni di Massabielle, a Lourdes, nel 1858, e l’aveva preparata con quelle all’umile figlia di san Vincenzo de’ Paoli, Caterina Labouré, a Parigi, in Rue du Bac nel 1846 (cfr. Roberto Coggi, La Beata Vergine. Trattato di Mariologia, Bologna 2004, p. 93). A Lourdes, la Vergine si presentò quale “Immacolata Concezione”: un’espressione che dimostra come ad apparire alla fanciulla dei Pirenei fosse l’umile Ragazza di origine semitica abitante di Nazaret, divenuta Madre del Salvatore. Nel linguaggio della gematria ebraica, in effetti, “Io sono l’Immacolata Concezione”, in ebraico אני ההתעברות ללא רבב, equivale al numero 1414, che è lo stesso numero del nome Yehoshua, Gesù. Anche in quell’espressione, dunque, vi è tutto il legame di Maria col suo divin Figlio.
A dire il vero, persino il diavolo, prima della proclamazione del dogma, fu costretto a riconoscere quest'importante verità di fede e lo fece, come racconta l'esorcista P. Francesco Bamonte, per bocca di un bambino di appena anni, analfabeta, nel 1823, posseduto dal diavolo, in Ariano di Puglia (poi Ariano Irpino). Sotto un esorcismo, a cui partecipavano due predicatori domenicani, P. Cassetti e P. Pignatura, il diavolo - su comando dei due esorcisti - dimostrò l'immacolato concepimento di Maria tramite un componimento poetico di quattordici versi endecasillabi, a rima obbligata, distinti in due quartine ed in due terzine, cioè un sonetto, davvero geniale e teologicamente corretto, che certamente non poteva essere opera del ragazzino analfabeta:

"Vera Madre son io di un Dio che è Figlio

e son figlia di Lui benché sua Madre.
Ab aeterno nacque Egli ed è mio Figlio,
nel tempo io nacqui eppur gli sono Madre.

Egli è il mio Creator ed è mio Figlio,

son io sua creatura e gli son Madre.
Fu prodigio divin l’esser mio Figlio
un Dio eterno, e me aver per Madre.

L’esser quasi è comun, tra Madre e Figlio,

perché l’esser dal Figlio ebbe la Madre
e l’esser dalla Madre ebbe anche il Figlio.

Or se l’esser dal Figlio ebbe la Madre,

o s’ha da dir che fu macchiato il Figlio
o senza macchia s’ha da dir la Madre".

Il testo, come appurato da P. Bamonte, fu riferito dal card. Francesco Salesio della Volpe al processo ordinario romano, nel 1907, per la beatificazione e canonizzazione del servo di Dio Pio IX (cfr. Francesco Bamonte, La Vergine Maria e il diavolo negli esorcismi, con Prefazione di Renzo Lavatori, Paoline, Milano 20112, pp. 36 ss.).
Gli Orientali, presso i quali questo dogma trovava le testimonianze più antiche e più esplicite, cominciarono, poiché la promulgazione era stata fatta dal vescovo esecrato dell’antica Roma, a dichiararsene avversari, accusando i papisti di novità (cfr. Giustino Popovic “il nuovo filosofo”, Maria, la Tuttasanta e Semprevergine Madre di Dio, in Georges Gharib – Ermanno M. Toniolo, Testi mariani del secondo millennio, vol. I, Autori orientali, secoli XI-XX, Roma 2008, pp. 769-770; Nikos Nissiotis, Theotokos e Panaghia, ivi, p. 819; Kallistos Timothee Ware, La Madre di Dio nella teologia e nella devozione ortodossa, ivi, pp. 909-910; Bartolomeo I, Intervista a 30 Giorni, dicembre 2004, ivi, p. 961) e fraintendendo persino il significato delle parole della Vergine a Lourdes, intendendola riferita alla concezione verginale del Figlio divino. L’espressione non è errata, come sempre ritenuto dagli scismatici ortodossi (cfr. Kallistos Timothee Ware, op. cit., p. 910) e di primo acchito anche dall’abbé Peyramale, il quale obiettava a Bernadette che “la Vergine non è la sua concezione” o un evento. Maria non si definì come frutto dell’Immacolata Concezione, ma intese, con quell’espressione, far riferimento al primo dono da lei ricevuto, usando un astratto con valore superlativo, in maniera non dissimile da noi quando definiamo un soggetto facendo riferimento in maniera superlativa alla sua principale qualità («Tizio è la bontà in persona»).
Riguardo al mondo scismatico ortodosso nel quale anche oggi non mancano sostenitori di questa verità (cfr. D. Stiernon, Marie dans la Theologie orthodoxe grieco-russe, in Maria, vol. VII, Paris 1964, p. 308), tuttavia va rammentato che già dal XVII sec., il Padre Joseph Besson, gesuita, dopo aver dimostrato, per più di duecento testi tratti dalle loro liturgie, il perfetto accordo tra gli antichi Padri d’Oriente con i Dottori latini relativamente al dogma dell’Immacolata Concezione, aveva ottenuto dagli Orientali una dichiarazione esplicita, scritta e firmata da tre patriarchi e da un archimandrita. Quella dell’allora Capo della Chiesa siriaca, Ignace André I Akhidjan, era così concepita: «Ego pauper Ignatius Andreas, Patriarcha Antiochenus nationis Syrorum, confirmo hanc sententiam orthodoxam, quam explanavit P. Ioseph e S. I. dominam nostram Virginem purissimam sanctam Mariam, semper liberam extitisse et immunem a peccato originali, ut explicuerunt antiqui Sancti Patres longe plurimi, magistri Orientalis Ecclesiæ».
La Roma cristiana ha dedicato dal XVII sec. non meno di dodici chiese all’Immacolata. Abbiamo la chiesa di Santa Maria Immacolata a Via Veneto, detta anche Santa Maria della Concezione dei Cappuccini o Nostra Signora della Concezione dei Cappuccini, fatta costruire da Urbano VIII in onore del fratello, il card. Antonio Barberini, che era cappuccino (cfr. Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, pp. 302-303), ed è nota per la sua cripta-ossario decorata con le ossa di circa 4000 cappuccini. Un’altra, ubicata nel rione Esquilino, è l’Oratorio di Santa Maria Immacolata della Concezione risalente sempre al XVII sec. (ibidem, p. 812). Nel quartiere pinciano sorge la chiesa di Santa Maria Immacolata a Villa Borghese sorta alla fine del XVIII sec. Costruita tra il 1906 ed il 1909 è la chiesa neoromanica, ubicata nel rione Tiburtino, di Santa Maria Immacolata e San Giovanni Berchmans, nota come Immacolata al Tiburtino, sorta per volere di san Pio X e divenuta titolo cardinalizio dal 1969. A Tor Sapienza sorge la chiesa di Santa Maria Immacolata alla Cervelletta, aperta al culto nel 1912, ed utilizzata oggi soprattutto per la celebrazione di matrimoni. Nel rione Esquilino esiste anche la chiesa di Santa Maria Immacolata all’Esquilino costruita tra la fine del XIX sec. ed il 1914. In zona Grottarossa, in via Flaminia, sorge la chiesa di Santa Maria Immacolata a Grottarossa, costruita negli anni ‘30 del XX sec. ad Saxa Rubra, dove nell’anno 312, avvenne la storica battaglia tra gli eserciti di Costantino I e Massenzio. La chiesa è titolo cardinalizio dal 1985. Sempre nello stesso periodo sorgeva, nei pressi di piazza Euclide, la basilica del Sacro Cuore Immacolato di Maria ai Parioli. Ancora un’altra sorse all’inizio degli anni ‘50 e dedicata alla Santissima Immacolata Concezione. Sempre dello stesso periodo, nel quartiere Aurelio, abbiamo la chiesa di Santa Maria Immacolata di Lourdes (a Boccea), titolo cardinalizio dal 1985. Nel quartiere Tuscolano si ha la chiesa neoromanica, costruita alla fine degli anni ‘20, di Santa Maria Immacolata e San Giuseppe Benedetto Labre.
La grazia prevenne la beata Madre in modo tale che la sua concezione immacolata l’esentò dal contagio comune del peccato, così la divina Eucarestia dev’essere anche per noi l’antidoto contro il veleno che infetta le nostre vene, conseguenza del frutto mortale dell’Eden. La ferita della nostra natura viziata dal peccato originario è tale che, con la nostra intelligenza oscurata, la nostra volontà indebolita e le nostre passioni sregolate, non possiamo sperare di superare gli ostacoli. Abbiamo bisogno della grazia di Gesù Cristo dunque, e, per ottenerla, ci dobbiamo preparare con l’umiltà, la preghiera e la docilità. Una tenera devozione verso l’Immacolata Madre di Dio è tra i mezzi più potenti per neutralizzare in noi gli effetti del virus dell’albero nefasto del paradiso terrestre.




Jusepe de Ribera, Immacolata Concezione, XVII sec., museo del Prado, Madrid

Jusepe de Ribera, Immacolata Concezione, 1647 circa, museo del Prado, Madrid

José García Hidalgo (attrib.), Immacolata Concezione, XVII sec., museo del Prado, Madrid


Pieter Paul Rubens, Immacolata Concezione, 1628-29, museo del Prado, Madrid

Francisco de Zurbarán, Immacolata Concezione, 1628-30, museo del Prado, Madrid

Antonio Pereda y Salgado, Immacolata Concezione, 1636, museo del Prado, Madrid


Francisco Rizi, Immacolata Concezione, XVII sec., museo del Prado, Madrid

Bartolomé Esteban Murillo, Immacolata Concezione detta de l'Escorial, 1660-65, museo del Prado, Madrid


Bartolomé Esteban Murillo, Immacolata Concezione, 1665 circa, museo del Prado, Madrid

Bartolomé Esteban Murillo, Immacolata Concezione dell'Eterno Padre, 1668-69 circa, Museo de Bellas Artes, Siviglia

Bartolomé Esteban Murillo, Immacolata Concezione del Coro “la Niña”, 1668-69 circa, Museo de Bellas Artes, Siviglia


Bartolomé Esteban Murillo, Immacolata Concezione detta de los Venerables, o de Soult, 1678 circa, museo del Prado, Madrid

Bartolomé Esteban Murillo, Immacolata Concezione detta de Aranjuez, 1675 circa, museo del Prado, Madrid

Claudio Coello, Immacolata Concezione, XVII sec., museo del Prado, Madrid


Miguel Cabrera, Creazione dell'anima della Vergine, XVII sec., Museo Nacional de Arte, Città del Messico


Anonimo, Immacolata Concezione, XVII sec., museo del Prado, Madrid

José García Hidalgo, Dio Padre ritrae l'Immacolata Concezione, 1690 circa, museo del Prado, Madrid

Giovanni Andrea Coppola, Immacolata Concezione, 1624, chiesa di S. Angelo, Tricase


Giovanni Benedetto Castiglione (Il Grechetto), Immacolata tra i SS. Francesco d'Assisi e Antonio da Padova, 1650


José Joaquín Magón, Immacolata Concezione, XVII sec., Sacrestia, Cattedrale, Puebla

José Joaquín Magón, Battesimo della Vergine, XVII sec., Parrocchia de la Asunción, Tecamachalco

Anton Rafael Mengs (attrib.), Immacolata Concezione, XVIII sec., museo del Prado, Madrid

Giambattista Tiepolo, Immacolata Concezione, 1767-69, museo del Prado, Madrid

Mariano Salvador Maella, Immacolata Concezione, 1781, museo del Prado, Madrid

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