In
realtà, questa messa della vigilia, il 24 dicembre, non dovrebbe aver luogo,
giacché l’originaria messa vigiliare è quella che si celebrava questa notte
dopo l’ufficio notturno nell’oratorio ad Præsepe. Però, dopo i Concili
d’Efeso e di Calcedonia, la solennità del Natale salì a tale celebrità, che
l’antico rito romano del Natale dové esserne modificato; cosi che esso importò
un digiuno e un mese preparatorio a somiglianza della Pasqua. La stessa
solennità natalizia del 25 dicembre, inoltre, invece di due messe, una della
vigilia e l’altra della festa, con una terza messa intercalare in memoria di
sant’Anastasia, finì per ammetterne quattro, e tutte in memoria del mistero:
una cioè la sera del 24 dicembre al primo inizio dell’ufficio notturno, una a
mezzanotte al primo canto del gallo, una al primo mattino, e l’ultima all’ora
Terza. Sant’Anastasia ai tempi di san Gregorio passò in seconda linea, e al più
ritenne l’onore d’una semplice commemorazione.
Nel VI sec., dunque, il sacramentario di
Verona contiene una messa per la vigilia della Natività e, nel VII sec., tanto
l’evangeliario del 645 quanto i sacramentari gregoriano e gelasiano offrono i
formulari per la messa celebrata a santa Maria Maggiore in vigilia natalis Domini hora nona (così ricorda Pierre Jounel, Le
Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle,
École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, pp. 325-326).
La
messa, tuttavia, assegnata per oggi nel Messale, piuttosto che il sacrificio
vigiliare, che importava sempre la precedente pannuchis, rappresenterebbe
la messa della preorte, come dicono i Greci, il sacrificio del giorno
precedente alla festa, quando dopo l’ora Nona si celebrava la messa di
preparazione e s’iniziava subito la solennità notturnale. Tale era esattamente
l’uso della Chiesa Milanese nel Medioevo.
La
Stazione del 24 dicembre è, come detto, a Santa Maria Maggiore, come quella
della notte per la prima messa natalizia: abbiamo così due, anzi con la terza
messa di domani, tre Stazioni consecutive alla medesima chiesa; il che, essendo
contrario al genio dell’antica liturgia romana, tradisce subito un posteriore rimaneggiamento
e c’indica che l’ordine seguito oggi dal Messale non è più quello originario.
In effetti, anche la messa d’oggi non è che uno sdoppiamento di quella della
notte prossima ad Præsepe, ed è un esempio sporadico nella liturgia
romana, quello d’una festa con due sacrifici vigiliari, uno prima ed uno dopo
l’ufficio notturno.
Nei
giorni di domenica, secondo quanto stabilì papa Damaso, su consiglio di san
Girolamo, e poi confermò san Gregorio I, s’aggiunge il verso alleluiatico,
tratto dall’apocrifo IV libro di Esdra, conosciuto anche come Apocalisse di Esdra (4 Esd. 16, 52-53) «Crástina
die delébitur iníquitas terræ: et regnábit super nos Salvátor mundi»; «Domani sarà
cancellato dal mondo il peccato e regnerà sopra di noi il Salvatore degli
uomini». Con la nascita del Salvatore inizia infatti l’espiazione del
peccato e la redenzione dell’umanità.
Secondo
gli antichi Ordines Romani, nella cappella papale oggi si cantavano due
uffici vigiliari, come nei giorni più solenni del ciclo annuale. Nel primo si
recitavano tre salmi con cinque lezioni ed altrettanti responsori. Nella quarta
si rimproveravano gli Ebrei perché non avevano voluto riconoscere il nascituro
Messia (Vos inquam convenio, o Judæi, qui usque in
hodiernum diem negatis Filium Dei: San
Quodvultdeus di Cartagine
(o Sant’Agostino d’Ippona), Sermo De Symbolo. Contra Judæos, Paganos et Arianos, capp. XI-XVI, 5; XVII, 1, in PL 42, col. 1117-1130, partic. 1123B-1126B, 1127B), e
per responsorio si cantavano i famosi versi sibillini Judicii signum, tellus
sudore madescit, affinchè anche la Musa pagana rinfacciasse a quel
popolo ostinato la sua infedeltà al Signore (Ordo
Romanus XI, § 14, in PL 78, col. 1031A). Dopo l’ora Nona,
il Papa assistito dalla sua nobile corte, celebrava la messa stazionale a Santa
Maria Maggiore, seguita dalla cena apprestata dal vescovo d’Albano, alla quale
sedeva il Pontefice insieme coi prelati del seguito. Dopo la refezione si
cantavano i vespri (Ibidem). Siccome però a mezzanotte dovevano
nuovamente cominciare le vigilie, perciò senza più tornare in Laterano, il Papa
si disponeva a passare la prima parte della sera nel palazzo Liberiano, ma
prima somministrava di propria mano una tazza di vino a tutto il clero, non
esclusi i giovani cantori della Schola lateranense. Nei tempi a noi più
vicini, il beato Pio IX, la sera della vigilia di Natale, andava a Santa Maria
Maggiore, e qui anticipava la prima messa in modo da fare a tempo per ritornare
al Quirinale prima che scoccasse l’ora in cui incominciava il digiuno
ecclesiastico per la Comunione del giorno seguente.
A
preferenza delle altre vigilie in cui predomina un senso di tristezza e di
carattere penitenziale, quella di Natale, come in genere tutto l’Avvento, è
ripiena di slancio e di santa gioia. Questo è perfettamente conforme alla
natura del cuore umano. Dopo tanto tempo di pena e d’affannosa attesa,
l’improvviso annunzio della nostra prossima liberazione ci allarga il cuore; la
comune gioia ci unisce insieme e fa si che, dimenticandoci per breve ora delle
spinose condizioni della nostra vita quaggiù, ci sentiamo a un tratto tutti
fratelli, figli d’un comun padre, rinasciamo col bambino Gesù alla bella
semplicità della santa infanzia spirituale, restauriamo con l’affetto l’aurea
felicità dell’età prima (cfr. Alfredo
Ildefonso Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche
sul messale romano, vol. II, Torino-Roma 1930, pp. 147-151).
Anonimo, La Divina Sapienza tra Maria e S. Giovanni Battista, XIX sec., collezione privata |
Jacopo Torriti, Natività, 1270-1300, Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma |
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