mercoledì 24 dicembre 2014

Crástina die delébitur iníquitas terræ: et regnábit super nos Salvátor mundi (4 Esd. 16, 52-53 – All.) - IN VIGILIA NATIVITATIS DOMINI



In realtà, questa messa della vigilia, il 24 dicembre, non dovrebbe aver luogo, giacché l’originaria messa vigiliare è quella che si celebrava questa notte dopo l’ufficio notturno nell’oratorio ad Præsepe. Però, dopo i Concili d’Efeso e di Calcedonia, la solennità del Natale salì a tale celebrità, che l’antico rito romano del Natale dové esserne modificato; cosi che esso importò un digiuno e un mese preparatorio a somiglianza della Pasqua. La stessa solennità natalizia del 25 dicembre, inoltre, invece di due messe, una della vigilia e l’altra della festa, con una terza messa intercalare in memoria di sant’Anastasia, finì per ammetterne quattro, e tutte in memoria del mistero: una cioè la sera del 24 dicembre al primo inizio dell’ufficio notturno, una a mezzanotte al primo canto del gallo, una al primo mattino, e l’ultima all’ora Terza. Sant’Anastasia ai tempi di san Gregorio passò in seconda linea, e al più ritenne l’onore d’una semplice commemorazione.
Nel VI sec., dunque, il sacramentario di Verona contiene una messa per la vigilia della Natività e, nel VII sec., tanto l’evangeliario del 645 quanto i sacramentari gregoriano e gelasiano offrono i formulari per la messa celebrata a santa Maria Maggiore in vigilia natalis Domini hora nona (così ricorda Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, pp. 325-326).
La messa, tuttavia, assegnata per oggi nel Messale, piuttosto che il sacrificio vigiliare, che importava sempre la precedente pannuchis, rappresenterebbe la messa della preorte, come dicono i Greci, il sacrificio del giorno precedente alla festa, quando dopo l’ora Nona si celebrava la messa di preparazione e s’iniziava subito la solennità notturnale. Tale era esattamente l’uso della Chiesa Milanese nel Medioevo.
La Stazione del 24 dicembre è, come detto, a Santa Maria Maggiore, come quella della notte per la prima messa natalizia: abbiamo così due, anzi con la terza messa di domani, tre Stazioni consecutive alla medesima chiesa; il che, essendo contrario al genio dell’antica liturgia romana, tradisce subito un posteriore rimaneggiamento e c’indica che l’ordine seguito oggi dal Messale non è più quello originario. In effetti, anche la messa d’oggi non è che uno sdoppiamento di quella della notte prossima ad Præsepe, ed è un esempio sporadico nella liturgia romana, quello d’una festa con due sacrifici vigiliari, uno prima ed uno dopo l’ufficio notturno.
Nei giorni di domenica, secondo quanto stabilì papa Damaso, su consiglio di san Girolamo, e poi confermò san Gregorio I, s’aggiunge il verso alleluiatico, tratto dall’apocrifo IV libro di Esdra, conosciuto anche come Apocalisse di Esdra (4 Esd. 16, 52-53) «Crástina die delébitur iníquitas terræ: et regnábit super nos Salvátor mundi»; «Domani sarà cancellato dal mondo il peccato e regnerà sopra di noi il Salvatore degli uomini». Con la nascita del Salvatore inizia infatti l’espiazione del peccato e la redenzione dell’umanità.
Secondo gli antichi Ordines Romani, nella cappella papale oggi si cantavano due uffici vigiliari, come nei giorni più solenni del ciclo annuale. Nel primo si recitavano tre salmi con cinque lezioni ed altrettanti responsori. Nella quarta si rimproveravano gli Ebrei perché non avevano voluto riconoscere il nascituro Messia (Vos inquam convenio, o Judæi, qui usque in hodiernum diem negatis Filium Dei: San Quodvultdeus di Cartagine (o Sant’Agostino d’Ippona), Sermo De Symbolo. Contra Judæos, Paganos et Arianos, capp. XI-XVI, 5; XVII, 1, in PL 42, col. 1117-1130, partic. 1123B-1126B, 1127B), e per responsorio si cantavano i famosi versi sibillini Judicii signum, tellus sudore madescit, affinchè anche la Musa pagana rinfacciasse a quel popolo ostinato la sua infedeltà al Signore (Ordo Romanus XI, § 14, in PL 78, col. 1031A). Dopo l’ora Nona, il Papa assistito dalla sua nobile corte, celebrava la messa stazionale a Santa Maria Maggiore, seguita dalla cena apprestata dal vescovo d’Albano, alla quale sedeva il Pontefice insieme coi prelati del seguito. Dopo la refezione si cantavano i vespri (Ibidem). Siccome però a mezzanotte dovevano nuovamente cominciare le vigilie, perciò senza più tornare in Laterano, il Papa si disponeva a passare la prima parte della sera nel palazzo Liberiano, ma prima somministrava di propria mano una tazza di vino a tutto il clero, non esclusi i giovani cantori della Schola lateranense. Nei tempi a noi più vicini, il beato Pio IX, la sera della vigilia di Natale, andava a Santa Maria Maggiore, e qui anticipava la prima messa in modo da fare a tempo per ritornare al Quirinale prima che scoccasse l’ora in cui incominciava il digiuno ecclesiastico per la Comunione del giorno seguente.
A preferenza delle altre vigilie in cui predomina un senso di tristezza e di carattere penitenziale, quella di Natale, come in genere tutto l’Avvento, è ripiena di slancio e di santa gioia. Questo è perfettamente conforme alla natura del cuore umano. Dopo tanto tempo di pena e d’affannosa attesa, l’improvviso annunzio della nostra prossima liberazione ci allarga il cuore; la comune gioia ci unisce insieme e fa si che, dimenticandoci per breve ora delle spinose condizioni della nostra vita quaggiù, ci sentiamo a un tratto tutti fratelli, figli d’un comun padre, rinasciamo col bambino Gesù alla bella semplicità della santa infanzia spirituale, restauriamo con l’affetto l’aurea felicità dell’età prima (cfr. Alfredo Ildefonso Schuster, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul messale romano, vol. II, Torino-Roma 1930, pp. 147-151).

Anonimo, La Divina Sapienza tra Maria e S. Giovanni Battista, XIX sec., collezione privata


Jacopo Torriti, Natività, 1270-1300, Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma


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