Lo scorso
14 dicembre, Cristina Siccardi ha tenuto una relazione in Mondovì dedicata ai
grandi del Catechismo, indicati nelle figure di S. Pio X e del Ven. oratoriano Giovanni
Battista Trona: il primo autore del celebre Catechismo, che porta il suo nome, articolato
in domande e risposte; il secondo estensore, in pieno secolo dei Lumi, del
pregevole testo noto come “Catechismo di Mons. Casati” (dal nome del vescovo di
Mondovì che lo promulgò) ed al quale lo stesso papa Sarto s’ispirò.
I grandi
del Catechismo: San Pio X e il Ven. G. B. Trona
di Cristina
Siccardi
«Instaurare
omnia in Christo» è il timone al quale si mise San Pio X quando
salì sulla nave di San Pietro. È l’obiettivo che si prefisse fin dal principio
e che scrisse nella sua prima enciclica, quella programmatica, E supremi apostolatus del 4 ottobre 1903.
Egli è
stato fra i più grandi riformatori di tutta la storia della Chiesa, come ebbe a
dire lo studioso Aubert. Fu
tra i Pontefici più attivi di tutta la storia e la sua forza risiedeva nel suo
essere super partes.
Da un lato condannò e dall’altra riformò: Riformare per restaurare! Leggiamo
nel numero di «Civiltà Cattolica» del 1908[1]: «Restaurare un edificio non è abbatterlo
per farne un altro; è rinnovarlo, conservandolo e preservandolo. Tale fu
l’opera instauratrice di Pio X; d’incremento e di miglioramento da un lato, di
correzione e di difesa dall’altro».
L’operato
di San Pio X fu a 360°: il nuovo, nuovissimo, poiché nella storia della Chiesa
non era mai esistito, Codice di Diritto Canonico (Codex iuris canonici); la
riforma della Curia Romana (dal 1588 la situazione era ingessata); la
fondazione dell’Istituto biblico; l’erezione dei Seminari centrali-regionali;
la legislazione per una migliore e solida formazione del clero; la nuova
disciplina per la prima – e più frequente – Comunione; la restaurazione della
musica sacra; il poderoso atteggiamento che ebbe contro gli errori del
Modernismo e la sua energica difesa della libertà della Chiesa in Francia, in
Germania, in Portogallo, in Russia e altrove…
La grande
preoccupazione di San Pio X fu quella di osservare, con sgomento, lo
scollamento che si era creato nella società che andava via via secolarizzandosi
e scristianizzandosi. Dalle filosofie illuministe erano nati il liberalismo, il
positivismo, lo scientismo, lo storicismo, il sociologismo… insomma il
relativismo di cui parlerà Benedetto XVI, che arriverà a definirlo «dittatura
del relativismo». La Chiesa dei modernisti era quella che rinunciava a guidare
il mondo per essere trascinata dalla cultura moderna. San Pio X comprese che la
Chiesa era in pericolo: della modernità utilizzava soltanto quegli strumenti
utili ad essere appunto mezzi, ma non le finalità. La Chiesa è sempre identica
a se stessa nella sua essenza: difesa della Fede e difesa della Chiesa. La
Chiesa non può mutare la sua natura, non può conformarsi agli obiettivi del
mondo. Non è un’istituzione umana, non è l’Onu, non è un organo internazionale
e ha una natura non solo umana, ma divina, essa è, prima di tutto, Corpo
mistico di Nostro Signore. «La politica della Chiesa»,m diceva, «è quella di
non fare politica e di andare sempre per la retta via».
Grande sua
apprensione: la separazione, la cesura fra Fede e vita (proprio quella
richiesta dal liberalismo e dagli stessi modernisti), togliendo così, come poi
avverrà in uno sviluppo a valanga, i crocifissi dalle pareti, ma anche dai
cuori. Pio XII lo beatificò nel 1951 e lo canonizzò nel 1854, il suo fu un atto
che andò oltre la canonizzazione della sua persona, innalzò all’onore degli
altari non solo Giuseppe Sarto, ma anche il suo Pontificato.
Per
realizzare questo disegno in terra San Pio X avviò un piano santamente
ambizioso e di riforma generale poiché non solo le forze nemiche, liberali e
massoniche, minacciavano la Chiesa, e i semi avvelenati del liberalismo e del
modernismo (termine presente per la prima volta nella Pascendi) avevano ormai
attecchito con successo in alcuni ambienti “cattolici”, sia nel clero, sia fra
i laici[2]; ma si era andato formando, in
particolare sotto il Pontificato di Leone XIII (1810-1903), un clima di
stanchezza e di apatia nei Seminari, nelle parrocchie e persino nelle
celebrazioni delle Santa Messe, dove erano entrati addirittura canti profani,
bande musicali, arie di opere liriche… fra le azioni di Papa Sarto ci fu anche
la Riforma della musica sacra: avvalendosi della consulenza di un eccellente
esperto e compositore come Lorenzo Perosi (1872-1956), diede al canto
gregoriano la preminenza assoluta nella Liturgia.
Il
Modernismo, definito nella Pascendi,
«sintesi di tutte le eresie», tentava di coniugare Vangelo e positivismo,
Chiesa e mondo, filosofia moderna e teologia cattolica; esso aveva visto i suoi
albori in Francia, dove si era consumata la Rivoluzione che aveva abolito il
diritto divino, incoronando la «dea ragione». Il motto «liberté, egalité,
fraternité», che aveva prodotto il testo giuridico della Déclaration des Droits de l’Homme et du
Citoyen (26 agosto
1789), divenne, lungo i decenni, il lite
motive di molti
pensatori cristiani che decisero di inchinarsi al mondo, senza più condannare gli
errori e senza più preservare l’integrità della dottrina della Fede. Fu proprio
contro questa mentalità che San Pio X decise di combattere al fine di tutelare
gli interessi di Cristo e della Sua Sposa.
Profonda
Fede, amore immenso per la Chiesa, grande umiltà e grande sensibilità. Uomo
dalle poche parole e dai molti fatti, era sempre teso a compiere la volontà di
Dio, anche quando, chiamato ad alte mansioni, sentiva tutto il peso gravoso
delle responsabilità; ma una volta accolto l’impegno, la sua preoccupazione era
quella di rispettare e far rispettare leggi e principi divini, senza
distrazioni verso il rispetto umano e il consenso delle opinioni del mondo. Non
cercò mai i riflettori, ma soltanto la difesa dei diritti del Creatore e la
salvezza delle anime.
Dal
campanile di Riese, dove nacque il 2 giugno 1935, passò a quelli di Salzano e
di Treviso per poi arrivare a quello di San Marco a Venezia e approdare a
quello di San Pietro a Roma, tuttavia rimase sempre identico a se stesso:
libero da ogni passione terrena, continuò a voler vivere in povertà, come
lasciò scritto nel suo Testamento: «Nato povero, vissuto povero e sicuro di
morir poverissimo». Povertà per sé, ma non per Dio: non lesinava mai corredi e
paramenti nella Sacra Liturgia.
Le riforme
furono uno scossone decisamente forte a Roma. Procedendo con autorità di
Pastore responsabile dell’incarico assegnatogli. San Pio X compì in pochi anni
una serie di riforme, alcune delle quali erano reclamate da secoli, parecchie
delle quali passarono come rivoluzionarie e si urtarono contro la resistenza
passiva dei vari conservatori, quelli dello Status
quo.
Le riforme
si realizzarono non senza il superamento di ostacoli di varia natura e i
drastici mutamenti non furono certo indolori.
Ha scritto
lo studioso Giovanbattista Varnier:
«Siamo
proprio sicuri che Pio X apparve ai contemporanei così poco moderno, così
conservatore come tanti testi ce lo hanno tramandato?» Felice quesito e felice
intuizione. La risposta indiretta giunge da una celebre fonte narrativa, ovvero
da quel capolavoro che è il
Gattopardo di
Giuseppe Tommasi di Lampedusa, formidabile affresco della Sicilia nel doloroso
trapasso dall’epoca borbonica a quella dello Stato unitario italiano, dove
nobiltà e borghesia si contendono la scena. L’autore della sua unica opera
letteraria, uscita postuma nel 1958, chiude la narrazione ambientandola nel
maggio del 1910. Sono trascorsi 50 anni e le 3 signorine di Casa Salina
(Concetta, Carolina, Caterina) consumano il loro tramonto nelle pratiche
religiose, in una forma piuttosto bigotta. Arriva il Vicario generale
dell’Arcidiocesi di Palermo che, seguendo le disposizioni pontificie aveva
iniziato un’ispezione agli oratori privati. Carolina reagisce: «Questo Papa
dovrebbe badare ai fatti propri, Farebbe meglio». Alla visita del Cardinale
Arcivescovo di Palermo Carolina va in escandescenze: «Per me questo Papa è un
turco».
La sua fu
una Riforma globale perché si rese conto che non era più possibile utilizzare
gli strumenti ereditati così come erano, ma occorreva riorganizzare e dare
nuova linfa e ordinare ciò che non funzionava, secondo parametri più confacenti
alle necessità urgevano.
Fu un
grande realista!
Uomo di
azione e non di buoni propositi ideali e utopici. Sapeva come sono gli uomini e
sapeva che cos’è la Chiesa, la quale ha un solo ed unico scopo imprescindibile,
la Salus animarum per la quale è stata fondata da Gesù
Cristo, il reale Capo della Chiesa. San Pio X era ben cosciente di essere
l’umile vicario che con saggezza deve assolvere il suo mandato di governo.
Dunque
cambiamenti e riforme per stare al passo delle nuove esigenze, ma sempre avendo
al primo posto la difesa della Fede e della Chiesa dalle idee sovversive e
dalle insidie.
Il Suo
Pontificato ebbe un’ampiezza tale da accorpare sia le esigenze che si erano
accumulate lungo i secoli, sia le prospettive future che con sapienza e
perspicacia aveva decodificato: la società si secolarizzava sempre più in un
mondo che offriva mirabili opportunità in campo scientifico, tecnologico,
economico; mondo che avrebbe potuto inghiottire tutto e tutti se non orientato
da Cristo e dalla Chiesa, cadendo in errori di pensiero, di azione e di morale.
Il suo disegno fu: restaurazione cristiana generale e in questo senso deve
essere vista tutta la sua opera di riforme e la sua lotta al Modernismo:
«sintesi di tutte le eresie», come ebbe a definire tale fenomeno nella Pascendi Dominici Gregis del 1907.
Con la
condanna, nel dicembre del 1903, di alcune opere dell’esegeta e storico Alfred
Firmin Loisy (1857-1940), venne aperta l’epoca della repressione. L’Èvangile et l’Église comparve fra i libri condannati, si
trattava del «livre
rouge»[3], che venne considerato come il manifesto
del Modernismo. Oltre Loisy furono chiamati inutilmente all’ordine altri
studiosi francesi: Houtin (1867-1926), Laberthonnière (1860-1932), Le Roy
(1870-1954). Dopodiché fu la volta di Antonio Fogazzaro (1842-1911), autore del
romanzo Il Santo,
pubblicato nel 1906: assertore del movimento modernista, egli sostenne la
volontà di coloro che chiedevano di sottoporre a critica storica i testi
biblici. Con Il
Santo si
propose di rinnovare le coscienze dei cattolici. La condanna all’Indice del
romanzo (5 aprile 1906) prelude la condanna del Modernismo da parte del Sommo Pontefice,
che arriverà con l’enciclica Pascendi
Dominici Gregis dell’8
settembre 1907. Imprescindibili furono per il Papa la denuncia e la condanna
degli errori, non lo avesse fatto non avrebbe potuto mettere in atto
l’obiettivo del suo Pontificato: «Instaurare tutto in Cristo», che significava
innanzitutto diagnosticare ciò che impediva a Cristo stesso di regnare e per
farlo regnare occorreva che la società venisse ricristianizzata grazie alla
presenza robusta della Chiesa, la quale poteva agire soltanto con il ministero
di sacerdoti degni di essere tali. Ad un sacerdote più che la scienza
raccomandava la pietà e ad un sacerdote secolare, uso ad operare nel mondo,
raccomandava più che la pietà la prudenza. «Saper tacere, sapersi barcamenare,
ascoltare tutti, esporsi il meno possibile era condizione essenziale per la
sopravvivenza e la credibilità di un prete in cura d’anime»[4].
L’ideale
di sacerdote a cui sempre guardò don Giuseppe Sarto era quello del Sommo
Sacerdote, Gesù Cristo, né mitizzato, né rivoluzionato: umile e povero Gesù,
che redime dal peccato e imprime la grazia. Il sacerdote amato e desiderato da
questo Papa, ignis
ardens[5], veste la talare della coerenza, della
costanza e della perseveranza, trabocca di virtù, è padre solerte, è ministro
benedicente che cura con amore e con i sacramenti il suo gregge, proprio come
il buon Pastore:
«Io sono
il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario
invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il
lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un
mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le
mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco
il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di
quest’ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e
diventeranno un solo gregge e un solo pastore»[6].
San Pio X
visse per realizzare questa missione stabilita ed indicata da Cristo:
allontanare i mercenari dal gregge ed essere un fedele Pastore che conduce le
sue pecore, quelle che lo riconoscono, e anche quelle «che non sono di
quest’ovile», per diventare un solo gregge con un solo Pastore. Non è un caso
che sulla sua scrivania, in Vaticano, avesse in bella vista una statuetta, di
discrete dimensioni, di colui che disse:
«Se non
avessimo il Sacramento dell’Ordine, noi non avremmo Nostro Signore. Chi l’ha
messo nel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha ricevuto la vostra anima al suo
ingresso a questo mondo? Il sacerdote. Chi la nutre per darle forza di fare il
suo pellegrinaggio? Sempre il sacerdote. Chi la preparerà a comparire davanti a
Dio, lavando l’anima per la prima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il
sacerdote, ogni volta il sacerdote. Se l’anima, poi, giunge all’ora del
trapasso, chi la farà risorgere, rendendole la calma e la pace? Ancora una
volta il sacerdote. Non potete pensare a nessun beneficio di Dio senza
incontrare, insieme a questo ricordo, l’immagine del sacerdote. Se andaste a
confessarvi alla Santa Vergine o a un angelo, vi assolverebbero? No. Vi
darebbero il Corpo e il Sangue di Gesù? No. La Santa Vergine non può far
scendere il Suo divin Figlio nella Santa ostia. Anche duecento angeli non vi
potrebbero assolvere. Un sacerdote, per quanto semplice sia, lo può fare, egli
può dirvi: “Va in pace, ti perdono”. Che cosa grande è il sacerdote!…»[7].
Autore di
tale brano è il Santo Curato d’Ars[8], vero Alter
Christus, che il Papa riformatore e restauratore della Chiesa, fra
i più attivi Pontefici di tutta la storia, beatificò l’8 gennaio del 1905 nella
Basilica di San Pietro.
Il
Cardinale Burke, che ha scritto la prefazione al libro, ne esalta le doti e, in
particolare, la sua straordinaria opera catechetica.
Pochissimi
sanno che San Pio X, per redigere il celebre Catechismo (quello Maggiore uscito nel 1905 e quello più divulgato
nel 1912) attinse al Catechismo di un Vescovo, Monsignor Michele
Casati (1699-1782), la cui stesura è da attribuire al Venerabile Giovanni
Battista Trona (1682-1750)[9], chiamato «Apostolo del catechismo e
Apostolo delle virtù teologali», fu lui, infatti, a scrivere l’Atto di Fede,
l’Atto di Carità e l’Atto di Speranza. Egli merita di essere presto innalzato
all’onore degli altari.
Il
Venerabile Trona fu eccellente direttore di anime. Scriveva a Carlo Vincenzo
Ferrero, Marchese d’Ormea (1680-1745), Ministro di Stato di Carlo Emanuele III
(1701-1773), affinché la sua Fede crescesse più della sua fama e del suo
prestigio:
«Quello
che non è eterno vale poco. Quel che conta è l’eternità, e la carità che ne è
la via. Gli anni passano e con essi passiamo anche noi. La salvezza è il sommo
bene, gli altri ci sono dati in aggiunta. Per questo cerchiamo di trovare ogni
anno il tempo per fare gli esercizi spirituali: qui conta solo l’eterno»[10].
Al tempo
del religioso filippino, come in quello di San Pio X, non scarseggiavano i
sacerdoti, ma scarseggiavano i catechisti anche fra i presbiteri. Proprio ai
sacerdoti padre Trona iniziò ad insegnare catechismo; perciò scrisse molte
opere di teologia adatte a loro e ai cappellani rurali, insieme a volumi sulle
virtù teologali che ebbero immediata approvazione da parte di Papa Benedetto
XIV (1675-1758).
Nel 1765
il Vescovo Casati pubblicò a Mondovì, ad uso della propria diocesi, un
Compendio della dottrina cristiana. Il testo era del Venerabile Trona e
rispecchiava la cura a scegliere quanto era «dottrina della Chiesa universale»,
liberata dalle «private dottrine di teologi, ancorché cattolici»[11]. L’autore compilò, quindi, una catena di
formule concise, tali da essere di facile memorizzazione (ricordiamo che la
maggior parte delle persone erano analfabete). Sue fonti risultano essere il
catechismo del Concilio di Trento, quelli di Jacques Bénigne Bossuet
(1627-1704), di Monsignor Jean-Pierre Biord che fu Vescovo di Ginevra e Annecy
dal 1764 al 1785 e, in parte, la dottrina di Bellarmino.
Gradatamente
il Catechismo Casati-Trona sostituì quello di Bellarmino e i vari catechismi
diocesani del Piemonte, della Lombardia, del Veneto, della Toscana, della
Sardegna, fino a diventare quello più diffuso e finì per essere il fondo
dottrinale e letterario del Catechismo di San Pio X.
Concludiamo
ricordando che il fascicolo della Pascendi,
custodito all’Archivio Segreto Vaticano, comprende 300 fogli: il primo
documento del fascicolo è un autografo del Papa di una pagina e mezza, in esso
viene evocata con grande lucidità la situazione drammatica del momento storico,
la quale può essere letta, oltre che per interesse storiografico, anche per la
sua incredibile attualità:
«L’implacabile
nemico del genere umano non dorme mai; secondo le vicende dei tempi, ed il
prodursi degli avvenimenti cambia tatticamente linguaggio, ma sempre pronto
alla lotta, anzi quanto più l’errore inseguito dalla verità è condannato a
nascondersi e tanto più è da temersi per le pericolose imboscate dietro le
quali non tarderà molto a ristabilire le sue batterie sempre micidiali. –
Perciò non potremo mai abbandonarci ad una falsa sicurezza senza incorrere in
quegli anatemi lanciati contro i falsi profeti che annunciavano la pace dove la
pace non era, e cantavano la vittoria quando tutto ci chiamava al
combattimento. – E per questo è necessario in tutti i tempi, ed è specialmente
in questo, in cui la grande cospirazione ordita direttamente contro nostro
Signore GCristo, contro la sua religione soprannaturale e rivelata, contro dei
popoli i falsi maestri che dicono bene al male e male al bene, vocantes tenebras lucem et lucem tenebras,
seducendo molte intelligenze che si piegano ad ogni vento di dottrina. – Per
questo crediamo sia venuto il tempus
loquendi»[12]. Anche oggi, come allora, è tempo di
parlare.
[1] «La Civiltà Cattolica», 1908 vol. IV, p. 514.
[2] Il modernismo si diffuse in tutta Europa. Fra
i principali esponenti: i francesi Alfred Loisy (1857- 1940) e Lucien
Laberthonnière (1860-1932); gli italiani Salvatore Minocchi (1869–1943), Romolo
Murri (1870-1944), Ernesto Buonaiuti (1881-1946), Antonio Fogazzaro, 1842-1911;
l’irlandese George Tyrrell (1861-1909); gli inglesi Maude Petre (1863-1944) e
Friedrich von Hügel (1852-1925).
[3] «Libro rosso», dal colore della copertina.
[4] G. Romanato, Pio X…
op. cit., p. 118.
[5] Definizione che veniva assegnata a San Pio già
in vita. Cfr. C. Albin de Cigala (chapelain du
Maréchal du Conclave), Vie
intime de Pie X, ouvrage orné de gravures, P. Lethielleux,
Libraire-Èditeur, Paris 1904.
[6] Gv 10, 11-16.
[7] A. Monnin, Spirito del Curato d’Ars,
Ed. Ares, Roma 1956, p.81-82.
[8] Giovanni Maria Vianney (1786-1859) venne
canonizzato il 31 maggio 1925 da Pio XI (1857-1939), che nel 1929 lo dichiarò
patrono dei parroci.
[9] Giovanni Battista Trona nacque a Frabosa
Soprana, nel monregalese, il 18 ottobre 1682. Nella sua esemplare famiglia,
stimata e di molta pietà, trascorse una fanciullezza segnata da povertà e
stenti, rattristata inoltre dalla morte prematura del padre e da grave
debolezza fisica, poi superata per intercessione di Vicent Ferrer (1350-1419).
All’età di tredici anni, Giovanni Battista assistette all’omicidio della madre,
reagendo con grande fede e con il perdono cristiano dell’assassino. Questi fu
in seguito persino da lui beneficato. Compiuti privatamente i primi studi,
entrò nel 1695 nel Seminario di Mondovì, ove si distinse per il suo
comportamento esemplare e la spiccata intelligenza. Ricevette l’ordinazione
presbiterale il 19 settembre 1705. Avrebbe voluto partire missionario, ma fu
dissuaso dal suo Vescovo, che lo invitò ad entrare nella Congregazione
dell’Oratorio, istituita in diocesi l’anno precedente. Padre Trona si prodigò
per l’istruzione del popolo e la riforma del clero, contribuendo alla
pacificazione dei dissidi e ad alleviare le sofferenze dei poveri. Predicatore
instancabile, percorse le zone più impervie della diocesi di Mondovì e si
distinse particolarmente nell’apostolato catechistico, rivolto a tutte le
categorie e le età. È comunemente a lui attribuita la stesura del Catechismo di Monsignor Casati,
dal nome del Vescovo che lo promulgò, a cui attinse il Catechismo di San Pio X. Fra
le sue opere va pure ricordato il Trattato
sulle tre virtù teologali spiegate
al popolo. Proprio come San Filippo Neri, ebbe una particolare predilezione per
i giovani e si dedicò ad essi anche come direttore spirituale delle regie
Scuole di Mondovì, incaricò che accettò nel 1729 e condusse sino al termine
della sua vita. Fu consigliere di Carlo Emanuele III di Savoia (1701-1773) e
del ministro di Stato Marchese Ormea (1680-1745), della cui amicizia si servì
per il bene delle anime e per riannodare i difficili rapporti sociali e
politici del tempo. Benedetto XIV (1675-1758) gli dimostrò la sua stima,
onorandolo di preziose lettere autografe, come pure fecero numerosi vescovi
piemontesi che trovarono in lui un valido consigliere. Apostolo del catechismo,
Padre Trona morì mentre faceva catechismo ai fanciulli, il 13 dicembre 1750,
nella casa dell’Oratorio di Mondovì, la cui costruzione egli aveva promosso. La
Chiesa ha riconosciuto le virtù eroiche di Giovanni Battista Trona il 15 maggio
1927, dichiarandolo Venerabile.
[10] M.C. Carulli, Una vita tutta per gli altri. Il Venerabile Giovanni
Battista Trona sulla base dell’antica biografia scritta nel 1781,
Stampato in proprio, Edizione fuori commercio – Villaggio Famiglia Mariana,
Frabosa Soprana (CN) 1997, p. 49.
[11] Lettera del 28 luglio 1761, Raccolta di lettere pastorali
dell’illustrissimo… mons. M. C., Torino 1778, p. 73.
[12] Archivio Segreto Vaticano, Epistolae ad principes. Positiones et
minutae 157
(1907-08), fascicolo 35a.
Fonte: Cristina Siccardi, 15.12.2014. La relazione è stata anche rilanciata dal blog Messa in latino, 16.12.2014
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