Poiché è
ignota sin dai primi tempi la data storica della natività temporale del
Salvatore, un’antica tradizione, inaugurata forse all’inizio del II sec.,
celebrava le varie teofanie del Cristo nella sua natura mortale, cioè la sua
nascita, il suo battesimo nel Giordano e la sua manifestazione ai Magi poco
dopo il solstizio d’inverno, nei primi dieci giorni di gennaio. Questa data
convenzionale aveva già trovato credito in tutte la Chiese, quando, non si sa
come, Roma sdoppiò per suo conto la festa delle Teofanie, anticipando al 25
dicembre l’anniversario della nascita temporale del Salvatore (Sul tema, per
riferimenti, cfr. Nicola Bux, Gesù il Salvatore. Luoghi e tempi
della sua venuta nella storia, Siena
2009, passim). Quando e
come la Chiesa Madre giunse a stabilire tale data? Lo ignoriamo, giacché, messo
da parte un testo assai dubbio del Commentario d’Ippolito sul profeta Daniele
risalente al 204 d.C. (Cfr. Mario Righetti, Storia liturgica3,
vol. II, Milano 1969, pp.65-70, partic. p. 65), il più antico documento che
assegni il Natale al 25 dicembre è il Calendario Filocaliano del 336, il quale
reca quest’indicazione: VIII Kal. Jan. natus Christus in Betleem
Judeæ. Evidentemente il Cronografo non annunzia nulla di proprio, ma si
fa l’eco della anteriore tradizione romana, la quale nel Liber Pontificalis pretende di risalire sino a papa
Telesforo (ibidem, p. 66). Nel discorso tenuto in san Pietro da papa
Liberio in occasione del giorno di Natale (o Epifania?) in cui diede il velo di
verginale a Marcellina, sorella di sant’Ambrogio, non vi si rileva alcun
accenno alla novità della festa, ma anzi tutto il contesto conferma
l’impressione che trattasi d’una solennità d’antica data, alla quale il popolo
soleva accorrere in folla per antica consuetudine (il discorso di papa Liberio
è ricordato da sant’Ambrogio, De Virginibus libri tres, lib.
III, capp. 1-3,
in PL 16,
col. 219B ss.; ed. 1880, col. 231B ss.). In quell’occasione il papa avrebbe
domandato retoricamente: «... vides
quantus ad Natalem Sponsi tui populus convenerit ...?»: ivi, col. 219B; ed. 1880, col.
231B).).
La festa
di Natale fu da principio propria della Sede Apostolica. San Giovanni
Crisostomo, che l’introdusse in Antiochia verso il 375, si appella appunto
all’autorità della capitale del mondo latino, dove, a suo avviso, si sarebbero
ancor conservati gli atti del censimento di Quirino con la data precisa della
nascita di Cristo a Beth-lechem, il 25 dicembre (San Giovanni Crisostomo, Homilia in Diem Natalem Domini Nostri Jesu Christi, § 2,
in Id., Sermones Panegyyrici in solemnitates Domini Nostri Jesu
Christi et Sanctorum, in PG 49, col. 352C-353A). Da Antiochia la festa passò a
Costantinopoli. Sotto il vescovo Giovenale, tra il 422 ed il 456, essa venne
introdotta a Gerusalemme, probabilmente dopo il Concilio di Calcedonia del 451
(Ignazio De Francesco, Introduzione. Natale ed Epifania
nella Chiesa Antica, in Sant’Efrem il Siro, Inni sulla Natività e sull’Epifania,
Milano 2003, p. 29); quindi, verso il 430 fu ammessa anche ad Alessandria, e da
queste celebri sedi patriarcali si diffuse un po’ alla volta anche nelle
diocesi loro dipendenti. Attualmente solo i monofisiti Armeni (e coloro che
seguono il calendario giuliano) celebrano ancora il natale di Cristo alla sua
primitiva data, il 6 gennaio (ibidem).
Non è da
trascurare però una coincidenza. Il calendario civile della collezione
Filocaliana, al 25 dicembre nota il Natalis invicti, cioè del
sole, la cui nascita coincide appunto col solstizio d’inverno. In un tempo, a
causa dei misteri mitriaci, il culto dell’astro aureo del giorno aveva preso
tale sviluppo, che, a dire di san Leone, pure gli stessi devoti, che
frequentavano la basilica vaticana, si permettevano d’unirvi il rito
superstizioso di salutare prima, sull’atrium dell’Apostolo, il disco solare: «De talibus institutis etiam illa generatur impietas, ut sol in inclinatione diurnæ lucis exurgens a quibusdam insipientioribus
de locis eminentioribus adoretur: quod nonnulli etiam Christiani adeo se
religiose facere putant, ut priusquam ad B. Petri Apostoli Basilicam, quæ uni
Deo vivo et vero est dedicata, perveniant, superatis gradibus, quibus ad
suggestum areæ superioris ascenditur, converso corpore ad nascentem se Solem
reflectant, et curvatis cervicibus, in honorem se splendidi orbis inclinent. Quod
fieri partim ignorantiæ vitio partim paganitatis spiritu, multum tabescimus et
dolemus: quia etsi quidam forte creatorem potius pulchri luminis, quam ipsum
lumen, quod est creatura, venerantur; abstinendum tamen est ab ipsa specie
hujus officii, quam cum in nostris invenit, qui deorum cultum reliquit, nonne
hanc secum partem opinionis vetustæ tamquam probabilem retentabit, quam
Christianis et impiis viderit esse communem?» (San Leone Magno, Sermo XXVII, In Nativitate Domini VII, a. 460, cap. 4,
in PL 54,
col. 218C-219A, ora anche in Sancti Leonis Magni, Sermones, Romæ
1849, p. 102).
Non è
improbabile, perciò, che la Sede Apostolica con l’anticipare al 25 dicembre la
nascita del Cristo abbia voluto contrapporre al Sol
invictus, Mitra, il vero Sole di giustizia (Sant’Ambrogio esclamava
in un suo celebre inno: «[Cristo] è il vero Sole»: Sant’Ambrogio, Inno II, In Aurora. Splendor paternæ gloriæ, strofa 2, ora in Sant’Ambrogio, Inni, Milano 1992, pp. 108 ss.; Id., Inni, a cura di Giacomo
Biffi – Inos
Biffi, Milano 1997, pp. 40-41), cercando così di allontanare i fedeli
dal pericolo idolatra delle feste mitriache. In effetti, sebbene il culto a
Mitra fosse soppresso formalmente a Roma nel 376 d.C., esso tuttavia dovette
persistere ancora per qualche tempo.
In un’
altra occasione del tutto simile, per la festa cioè dei Robigalia il 25 aprile, Roma adottò un’identica
misura di prudenza, ed al corteo pagano al Ponte Milvio sostituì la processione
cristiana che percorreva il medesimo tragitto; solo però che, dalla via
Flaminia e dal Ponte Milvio, il clero voltava poi verso la basilica Vaticana,
per finire poi con l’offerta del divin Sacrificio sul sepolcro dell’Apostolo.
Tuttavia,
oggi, come abbiamo già
ricordato, quest’opinione appare in parte smentita dalle scoperte e dalle
ricerche più recenti. A seguito, infatti, della scoperta dei rotoli di Qumran
nel 1947, è stato possibile ricostruire il periodo di servizio delle
ventiquattro classi sacerdotali (1 Cron. 24, 1-19) al Tempio. Da questa, è
stato possibile ricostruire il periodo in cui prestava servizio Zaccaria,
marito di sant’Elisabetta; periodo nel quale ebbe l’apparizione dell’arcangelo
Gabriele, secondo il Vangelo di Luca (Lc 1, 5-11). Questa sarebbe avvenuta
verosimilmente un sabato 24 settembre di un anno imprecisato tra il 7
a .C. ed il 6
a .C. Da qui, considerando le parole dell’arcangelo
nell’annuncio a Maria (Lc 1, 36) e cioè che l’annunciazione avvenne nel VI mese
di gravidanza di Elisabetta, e quindi, verosimilmente intorno al 24-25 marzo
dell’anno seguente, si giunge – calcolando i nove mesi di gestazione di Maria –
giusto al 24-25 dicembre quale data della nascita di Gesù. Per cui può
avanzarsi ben più di una mera ipotesi che la Chiesa di Roma non abbia fatto
altro che recepire il ricordo delle comunità giudeo-cristiane di Palestina e
Siria (Cfr. Michele Loconsole, Quando è nato Gesù?, Cinisello
Balsamo 2011, p. 78).
La
caratteristica della festa di Natale nel rito romano è l’uso delle tre messe,
una al primo canto del gallo – ad galli cantum -, l’altra sull’albeggiare, e la terza
in pieno giorno. Questa consuetudine ci viene già attestata da san Gregorio, ma
è sicuramente più antica, giacché l’autore della biografia di papa Telesforo
nel Liber Pontificalis pretende di sapere che fu appunto
questo Pontefice ad introdurre per primo il canto del Gloria
in excelsis nella
messa della notte di Natale.
Nasce il Divino ed Eterno Sacerdote .... |
Lorenzo Costa, Adorazione dei pastori con Angeli ed i nove cori angelici, 1499 circa, National gallery, Londra |
Philippe de Champaigne, Adorazione dei Pastori, XVII sec., The Wallace Collection, Londra |
Abraham Bloemaert, Adorazione dei pastori, 1634, Gorcums Museum, Gorinchem |
Theodoor van Loon, Adorazione dei pastori, 1620 circa, William I. Koch Gallery, Boston |
Vasilij Shebuev Kozmich, Adorazione dei pastori, XIX sec. |
Adorazione dei pastori, XX sec., Santuario del Gloria in Excelsis Deo, Campo dei Pastori, Beit Sahour, Betlemme |
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