giovedì 25 dicembre 2014

"Puer natus est nobis, et fílius datus est nobis: cujus impérium super húmerum ejus" (Is. 9, 6 - Intr. Miss. Tert.) - IN NATIVITATE DOMINI






Poiché è ignota sin dai primi tempi la data storica della natività temporale del Salvatore, un’antica tradizione, inaugurata forse all’inizio del II sec., celebrava le varie teofanie del Cristo nella sua natura mortale, cioè la sua nascita, il suo battesimo nel Giordano e la sua manifestazione ai Magi poco dopo il solstizio d’inverno, nei primi dieci giorni di gennaio. Questa data convenzionale aveva già trovato credito in tutte la Chiese, quando, non si sa come, Roma sdoppiò per suo conto la festa delle Teofanie, anticipando al 25 dicembre l’anniversario della nascita temporale del Salvatore (Sul tema, per riferimenti, cfr. Nicola Bux, Gesù il Salvatore. Luoghi e tempi della sua venuta nella storia, Siena 2009, passim). Quando e come la Chiesa Madre giunse a stabilire tale data? Lo ignoriamo, giacché, messo da parte un testo assai dubbio del Commentario d’Ippolito sul profeta Daniele risalente al 204 d.C. (Cfr. Mario Righetti, Storia liturgica3, vol. II, Milano 1969, pp.65-70, partic. p. 65), il più antico documento che assegni il Natale al 25 dicembre è il Calendario Filocaliano del 336, il quale reca quest’indicazione: VIII Kal. Jan. natus Christus in Betleem Judeæ. Evidentemente il Cronografo non annunzia nulla di proprio, ma si fa l’eco della anteriore tradizione romana, la quale nel Liber Pontificalis pretende di risalire sino a papa Telesforo (ibidem, p. 66). Nel discorso tenuto in san Pietro da papa Liberio in occasione del giorno di Natale (o Epifania?) in cui diede il velo di verginale a Marcellina, sorella di sant’Ambrogio, non vi si rileva alcun accenno alla novità della festa, ma anzi tutto il contesto conferma l’impressione che trattasi d’una solennità d’antica data, alla quale il popolo soleva accorrere in folla per antica consuetudine (il discorso di papa Liberio è ricordato da sant’Ambrogio, De Virginibus libri tres, lib. III, capp. 1-3, in PL 16, col. 219B ss.; ed. 1880, col. 231B ss.). In quell’occasione il papa avrebbe domandato retoricamente: «... vides quantus ad Natalem Sponsi tui populus convenerit ...?»: ivi, col. 219B; ed. 1880, col. 231B).).
La festa di Natale fu da principio propria della Sede Apostolica. San Giovanni Crisostomo, che l’introdusse in Antiochia verso il 375, si appella appunto all’autorità della capitale del mondo latino, dove, a suo avviso, si sarebbero ancor conservati gli atti del censimento di Quirino con la data precisa della nascita di Cristo a Beth-lechem, il 25 dicembre (San Giovanni Crisostomo, Homilia in Diem Natalem Domini Nostri Jesu Christi, § 2, in Id., Sermones Panegyyrici in solemnitates Domini Nostri Jesu Christi et Sanctorum, in PG 49, col. 352C-353A). Da Antiochia la festa passò a Costantinopoli. Sotto il vescovo Giovenale, tra il 422 ed il 456, essa venne introdotta a Gerusalemme, probabilmente dopo il Concilio di Calcedonia del 451 (Ignazio De Francesco, Introduzione. Natale ed Epifania nella Chiesa Antica, in Sant’Efrem il Siro, Inni sulla Natività e sull’Epifania, Milano 2003, p. 29); quindi, verso il 430 fu ammessa anche ad Alessandria, e da queste celebri sedi patriarcali si diffuse un po’ alla volta anche nelle diocesi loro dipendenti. Attualmente solo i monofisiti Armeni (e coloro che seguono il calendario giuliano) celebrano ancora il natale di Cristo alla sua primitiva data, il 6 gennaio (ibidem).
Non è da trascurare però una coincidenza. Il calendario civile della collezione Filocaliana, al 25 dicembre nota il Natalis invicti, cioè del sole, la cui nascita coincide appunto col solstizio d’inverno. In un tempo, a causa dei misteri mitriaci, il culto dell’astro aureo del giorno aveva preso tale sviluppo, che, a dire di san Leone, pure gli stessi devoti, che frequentavano la basilica vaticana, si permettevano d’unirvi il rito superstizioso di salutare prima, sull’atrium dell’Apostolo, il disco solare: «De talibus institutis etiam illa generatur impietas, ut sol in inclinatione diurnæ lucis exurgens a quibusdam insipientioribus de locis eminentioribus adoretur: quod nonnulli etiam Christiani adeo se religiose facere putant, ut priusquam ad B. Petri Apostoli Basilicam, quæ uni Deo vivo et vero est dedicata, perveniant, superatis gradibus, quibus ad suggestum areæ superioris ascenditur, converso corpore ad nascentem se Solem reflectant, et curvatis cervicibus, in honorem se splendidi orbis inclinent. Quod fieri partim ignorantiæ vitio partim paganitatis spiritu, multum tabescimus et dolemus: quia etsi quidam forte creatorem potius pulchri luminis, quam ipsum lumen, quod est creatura, venerantur; abstinendum tamen est ab ipsa specie hujus officii, quam cum in nostris invenit, qui deorum cultum reliquit, nonne hanc secum partem opinionis vetustæ tamquam probabilem retentabit, quam Christianis et impiis viderit esse communem?» (San Leone Magno, Sermo XXVII, In Nativitate Domini VII, a. 460, cap. 4, in PL 54, col. 218C-219A, ora anche in Sancti Leonis Magni, Sermones, Romæ 1849, p. 102).
Non è improbabile, perciò, che la Sede Apostolica con l’anticipare al 25 dicembre la nascita del Cristo abbia voluto contrapporre al Sol invictus, Mitra, il vero Sole di giustizia (Sant’Ambrogio esclamava in un suo celebre inno: «[Cristo] è il vero Sole»: Sant’Ambrogio, Inno II, In Aurora. Splendor paternæ gloriæ, strofa 2, ora in Sant’Ambrogio, Inni, Milano 1992, pp. 108 ss.; Id., Inni, a cura di Giacomo Biffi  Inos Biffi, Milano 1997, pp. 40-41), cercando così di allontanare i fedeli dal pericolo idolatra delle feste mitriache. In effetti, sebbene il culto a Mitra fosse soppresso formalmente a Roma nel 376 d.C., esso tuttavia dovette persistere ancora per qualche tempo.
In un’ altra occasione del tutto simile, per la festa cioè dei Robigalia il 25 aprile, Roma adottò un’identica misura di prudenza, ed al corteo pagano al Ponte Milvio sostituì la processione cristiana che percorreva il medesimo tragitto; solo però che, dalla via Flaminia e dal Ponte Milvio, il clero voltava poi verso la basilica Vaticana, per finire poi con l’offerta del divin Sacrificio sul sepolcro dell’Apostolo.
Tuttavia, oggi, come abbiamo già ricordato, quest’opinione appare in parte smentita dalle scoperte e dalle ricerche più recenti. A seguito, infatti, della scoperta dei rotoli di Qumran nel 1947, è stato possibile ricostruire il periodo di servizio delle ventiquattro classi sacerdotali (1 Cron. 24, 1-19) al Tempio. Da questa, è stato possibile ricostruire il periodo in cui prestava servizio Zaccaria, marito di sant’Elisabetta; periodo nel quale ebbe l’apparizione dell’arcangelo Gabriele, secondo il Vangelo di Luca (Lc 1, 5-11). Questa sarebbe avvenuta verosimilmente un sabato 24 settembre di un anno imprecisato tra il 7 a.C. ed il 6 a.C. Da qui, considerando le parole dell’arcangelo nell’annuncio a Maria (Lc 1, 36) e cioè che l’annunciazione avvenne nel VI mese di gravidanza di Elisabetta, e quindi, verosimilmente intorno al 24-25 marzo dell’anno seguente, si giunge – calcolando i nove mesi di gestazione di Maria – giusto al 24-25 dicembre quale data della nascita di Gesù. Per cui può avanzarsi ben più di una mera ipotesi che la Chiesa di Roma non abbia fatto altro che recepire il ricordo delle comunità giudeo-cristiane di Palestina e Siria (Cfr. Michele Loconsole, Quando è nato Gesù?, Cinisello Balsamo 2011, p. 78).   
La caratteristica della festa di Natale nel rito romano è l’uso delle tre messe, una al primo canto del gallo – ad galli cantum -, l’altra sull’albeggiare, e la terza in pieno giorno. Questa consuetudine ci viene già attestata da san Gregorio, ma è sicuramente più antica, giacché l’autore della biografia di papa Telesforo nel Liber Pontificalis pretende di sapere che fu appunto questo Pontefice ad introdurre per primo il canto del Gloria in excelsis nella messa della notte di Natale.

Bambinello nella mangiatoia, Grotta della Natività, Basilica della Natività, Betlemme


Reliquia della sacra mangiatoia, Basilica di S. Maria Maggiore, Roma

Nasce il Divino ed Eterno Sacerdote ....



Lorenzo Costa, Adorazione dei pastori con Angeli ed i nove cori angelici, 1499 circa, National gallery, Londra



Giuseppe Vermiglio, Natività ed adorazione dei pastori, XVII sec.

Philippe de Champaigne, Adorazione dei Pastori, XVII sec., The Wallace Collection, Londra



Abraham Bloemaert, Adorazione dei pastori, 1634, Gorcums Museum, Gorinchem





Theodoor van Loon, Adorazione dei pastori, 1620 circa, William I. Koch Gallery, Boston



Vasilij Shebuev Kozmich, Adorazione dei pastori, XIX sec.



Jean-Léon Gérôme, L'età di Augusto e la nascita di Gesù, 1855





Icona della Natività, Grotta della Natività, Basilica della Natività, Betlemme


Adorazione dei pastori, XX sec., Santuario del Gloria in Excelsis Deo, Campo dei Pastori, Beit Sahour, Betlemme

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