La Vigilia dell’Immacolata
Concezione e l’Ottava della festa costituisce
come un privilegio liturgico, mediante il quale Pio IX, nel 1854, volle rendere
più solenne la festa dell’Immacolata Concezione dichiarata da lui dogma della
fede cattolica. Entrambe – la
vigilia e l’Ottava – furono soppresse col decreto di semplificazione delle
rubriche del 1955.
Di fatto, poiché l’usanza delle
grandi stazioni vigiliali precedenti la domenica e le feste dei martiri più
celebri era scomparsa sin dall’Alto Medioevo, le feste mariane solenni introdotte
a Roma nell’VIII sec., come la Purificazione e la Natività della Beata Vergine,
non sono precedute da alcuna vigilia nei sacramentari.
Non vi è eccezione che per la
vigilia dell’Assunzione, celebre a Roma a causa di una solenne processione con
fiaccole, che, dal Laterano andava sino alla basilica di Santa Maria Maggiore,
passando da Santa Maria Nova e per i fori imperiali. Questo spiega la ragione per la quale,
sino al ‘55, questa Vigilia si atteggiasse a vero e proprio privilegio liturgico,
col quale Pio IX aveva inteso solennizzare la festività dell’Immacolata.
Tuttavia, la preghiera delle ore era incentrata tutta su sant’Ambrogio, non
facendosi nulla della Vigilia nell’Ufficio.
In questa vigilia, come del resto in
tutte le messe vigiliali di carattere per così dire penitenziale, intimo,
frequentate da un’assemblea abbastanza ristretta di chierici e di fedeli, a
differenza delle messe stazionali o domenicali alle quali prendeva parte un
tempo tutto il popolo, si omette il canto alleluiatico per riservarlo alla
solennità dell’indomani mattina.
La festa dell’Immacolata Concezione
della santa Vergine è intimamente legata a quella della sua santa Natività,
perciò la Chiesa legge oggi la genealogia del divin Salvatore (Mt. 1, 1-16),
già prescritta per l’8 settembre. L’albero della discendenza di Gesù - di
carattere mnemonico e rappresentativo, ma con alcune lacune nel catena
genealogica – offre un senso teologico molto più profondo di quello di un
semplice dettaglio storico, perché ha per scopo di confermare la divina
promessa fatta ad Abramo ed a Davide, facendo sapere che dalla loro discendenza
sarebbe nato il Messia. Difatti Egli volle avere non solo per madre la Vergine
Maria, ma dispose anche che i suoi antenati fossero Abramo, Isacco, Giacobbe,
ecc., affinché per la realtà della sua natura umana, che rimane indubbia, gli
uomini apprendessero che il Verbo si era unito alla loro carne per elevare
questa al trono della divinità.
L’albero di Jesse, in Rabano Mauro, De Laudibus Sancte Crucis, 1250-1300, Bibliotheque Municipale, Douai |
Jan Mostaert (attrib.), L’albero di Jesse, 1520 circa, Rijksmuseum, Amsterdam |
Victor, L'Albero di Jesse, 1674, Museo delle Icone, Venezia |
Emmanouil Tzanes Bounialìs, Maria e l'Albero di Jesse, 1644, Museo delle Icone, Venezia |
Si nota spesso, negli antichi
manoscritti dei Vangeli, che la pagina di pergamena sulla quale si trascriveva
l’albero genealogico del Salvatore, era sottoposta ad un bagno di porpora e che
i caratteri erano di oro; ciò aveva per scopo di indicare la sovrana devozione
che dobbiamo nutrire per tutto ciò che si riferisce all’adorabile Persona del
divin Salvatore.
Dopo Gesù, Maria è il capolavoro
della creazione, quella che, in maniera più perfetta di ogni altra creatura,
porta in sé l’impronta e l’immagine del Creatore. Le altre creature non si
dedicano a Dio che parzialmente o troppo tardi, quando già il peccato ha ferito
e ha indebolito le loro potenzialità. Gesù voleva una madre che fosse tutta sua
che gli appartenesse interamente con tutti quei titoli in virtù dei quali una
Madre di Dio può appartenere a Dio solo. Egli allora creò Maria; formò il suo
corpo, creò la sua anima e vi effuse tutti i tesori di grazia di cui è capace
una tale creatura. E, come il fiore fa la bellezza della pianta, così il
Salvatore volle nascere, secondo la profezia di Isaia, dal gambo senza macchia
di Maria, per esserne la gloria, il prezzo ed il frutto dell’immacolata
verginità.
In questo giorno della vigilia
anticipata dell’Immacolata – stante domani la ricorrenza della II Domenica di
Avvento con la memoria di S. Ambrogio, vescovo, confessore e dottore della
Chiesa – e del grande vescovo e confessore S. Nicola di Myra (o di Bari), che è molto celebrato dalla liturgia e dall'arte (v. qui), sembra quantomeno opportuno riportare quest’articolo scritto dall’alfiere
dell’Immacolata, S. Massimiliano Maria Kolbe, riproposto dall’ottimo Corrispondenza romana e rilanciato dall’altrettanto insigne Cantuale Antonianum.
San Massimiliano Maria Kolbe:
« Io sono l’Immacolata Concezione »
copertina del Cavaliere dell'Immacolata |
Si
era a Parigi nell’anno 1305. Dal convento dei Frati Francescani esce un giovane
religioso e in grande raccoglimento si dirige verso la più celebre scuola di
quel tempo, l’università della Sorbona. Pensa all’Immacolata e La invoca con
sommesse giaculatorie affinché lo aiuti nel difendere il suo privilegio, a Lei
tanto caro, di Immacolata Concezione.
Proprio in
quel giorno, infatti, per ordine del Papa e di fronte ai suoi legati, si deve
svolgere una disputa generale tra i fautori di questo privilegio e i suoi
avversari.
E la disputa
è stata provocata proprio da lui…
Da poco
tempo egli si è insediato sulla cattedra universitaria, lasciata libera da
Guglielmo Ware, ritiratosi a causa dell’età avanzata. Per ordine del P.
Generale ha abbandonato la cattedra universitaria di Oxford, dove aveva parlato
pubblicamente e con vero entusiasmo della « Concepita senza peccato ». E gli
studenti erano accorsi da ogni parte, fino a raggiungere il numero di 30.000.
Ora è giunto a Parigi.
Nemmeno qui
perde l’occasione di difendere apertamente l’Immacolata Concezione. È solo dal
18 novembre del 1304 che egli si è insediato a Parigi, dopo aver lasciato
Oxford, tuttavia al Papa Clemente V, ad Avignone, giungono già lagnanze nei
suoi confronti, per il fatto che egli sostiene pubblicamente il privilegio
dell’Immacolata Concezione, quasi che egli insegnasse una dottrina contraria
alla fede, per una esagerata devozione verso la santissima Vergine. E proprio
oggi egli deve giustificarsi a tutti i professori e perfino alla presenza dei
legati del Papa.
Potrebbe
fare diversamente? Lui, francescano, figlio spirituale del santo Patriarca
d’Assisi? …
Il Padre s.
Francesco… Egli, in effetti, mandando i primi frati alla conquista delle anime,
insegnava loro una preghiera alla Madonna: « Ti saluto, Signora… eletta dal
santissimo Padre del cielo, che ti consacrò con il santissimo e dilettissimo
Figlio e con lo Spirito Santo Paraclito. In Te vi è e vi fu tutta la pienezza
di grazia e ogni bene ».
Era stato ancora
lui, a Rovigo, nell’Italia settentrionale, a celebrare l’Immacolata Concezione
di Maria [P. Kolbe annota “nel Sermone di Pentecoste”, in realtà il riferimento
è nel Sermone antoniano per la domenica di Quinquagesima] alla presenza di una
gran folla di ascoltatori e nella stessa località proprio lui in persona aveva
raccolto offerte e costruito una chiesa dedicata alla Madonna, erigendo pure in
essa un altare alla Concezione della ss. Vergine. S. Antonio, poi, uno dei
primi figli del Padre s. Francesco, non chiamava forse Maria nelle sue prediche
con il dolce nome di « Vergine Immacolata »? Solo 40 anni più tardi, nel
capitolo generale di Pisa (1263) il settimo ministro generale dei Frati Francescani,
S. Bonaventura, aveva ordinato a tutti i figli del Padre s. Francesco, a tutti
i conventi e a tutte le Province, di celebrare la festa dell’Immacolata
Concezione.
Sì, egli ha
il diritto, ha il dovere, come francescano, di lottare in difesa di un
privilegio tanto sublime della Genitrice di Dio.
I professori
di Parigi asseriscono che si tratta di una dottrina nuova. è vero che la
denominazione può sembrare nuova, ma la medesima realtà non era professata,
forse, dai fedeli fin dalle origini della Chiesa? Non viene professata, forse,
dappertutto, quando si proclama che Ella è piena di grazia, che è purissima,
santissima? Ebbene, la macchia del peccato originale e proprio una negazione
della pienezza di grazia e di santità.
Una dottrina
nuova? …I Padri della Chiesa non proclamano, forse, abbastanza chiaramente la
loro fede e quella dei loro secoli nell’Immacolata Concezione di Maria, quando
affermano che Ella è purissima sotto ogni aspetto e totalmente senza macchia,
purissima, sempre pura, che in Lei il peccato non ha mai dominato, che Ella è
più che santa, più che innocente, santa sotto ogni aspetto, pura senza macchia,
più santa dei santi, più pura degli spiriti celesti, la sola santa, la sola
innocente, la sola senza macchia, la senza macchia oltre ogni misura, la sola
beata oltre ogni misura?…
La verità è
che non tutti quei signori conoscono con esattezza gli scritti dei Padri della
Chiesa, soprattutto di quelli orientali; leggano, quindi, anche quelle
pergamene.
Essi
sostengono che l’affermazione secondo cui la ss. Vergine fu immune dalla macchia
del peccato originale, è un oltraggio alla dignità di Cristo Signore, il quale
ha redento tutti senza alcuna eccezione ed è morto per tutti. Ma non è proprio
per questo, per i meriti della sua futura morte, che Egli non ha permesso
neppure che Ella fosse macchiata da qualsiasi colpa? Non è proprio per questo
che Egli L’ha redenta nel modo più perfetto? Colui che porta via un sasso dalla
strada, affinché un altro non inciampi e cada, non usa, forse, una cortesia
maggiore di colui che solleva chi è già caduto?…
Ho ascoltato
tante e tante obiezioni di tipo diverso, ma nessuna può resistere alla critica.
Sì, Dio
aveva la possibilità di preservare la propria Madre anche dalla macchia del
peccato originale. Senza dubbio l’ha voluto fare; infatti, perché non avrebbe
potuto voler fare questa cosa per Colei che doveva divenire la degna Madre di
un Dio infinitamente puro e santo; e quindi… non lo ha forse fatto?…
Sì,
indubbiamente lo ha fatto.
Scoto
sollevò lo sguardo; stava appunto passando accanto ad un palazzo: dal vano di
una nicchia di esso l’Immacolata, scolpita in una statua di marmo, lo guardava
con benevolenza.
Il suo cuore
palpitò di gioia. Gli vennero alla mente gli anni della sua adolescenza,
allorché si era presentato alla porta del convento dei Frati Francescani di
Oxford; allorché, dopo essere stato accettato, incontrava grosse difficoltà
nello studio per mancanza di capacità e, avendo pregato la Vergine Immacolata,
sede della sapienza, aveva ricevuto tale grazia in grande abbondanza e aveva
promesso all’Immacolata di consacrare alla sua gloria tutto il proprio genio e
tutta la propria scienza.
Per Lei,
appunto, stava andando in quel momento a combattere. Si tolse il cappello e
pregò interiormente con fervore: «Fammi degno di lodarti, Vergine santissima. E
dammi forza contro i tuoi nemici». E si accorse che l’Immacolata, con un
inchino del capo, gli prometteva l’aiuto. (La statua dell’Immacolata col capo
inchinato rimase esposta fino al 1789, anno in cui i massoni la distrussero
durante la Rivoluzione).
Continuò il
cammino pieno di riconoscenza, immerso nella propria indegnità, infiammato d’
amore verso la sua Immacolata Signora.
Nell’ampia
aula dell’università i numerosi oppositori avevano occupato i posti su ambedue
i lati. Anche il modesto Scoto si recò al proprio posto e attese umilmente che
gli venisse concessa la parola. Fecero il loro ingresso pure i tre inviati del
Papa e si posero al centro dell’aula nei posti loro assegnati, per ascoltare la
disputa e presiederla.
Si fecero
avanti per primi gli avversari. Con molteplici argomentazioni, che i
contemporanei enumerarono fino a 200, essi
confutarono le affermazioni del povero francescano.
Finalmente,
esaurite le obiezioni, si fece silenzio. Il legato del Papa accordò la parola a
Scoto. Questi, con la più grande meraviglia dei numerosi presenti, enumerò
tutte le obiezioni nell’ordine in cui erano state presentate, le confutò con molta
decisione e continuò giustificando con chiare dimostrazioni, la dottrina
dell’Immacolata Concezione della ss. Vergine. Le sue argomentazioni furono
tanto convincenti che i professori e i dotti presenti gli attribuirono, secondo
l’usanza del tempo, l’appellativo di « sottile », a motivo della sua abilità.
Ecco come
viene descritta la scena da Pelbart di Temesvar, quasi contemporaneo di Scoto:
« A costoro (quelli che negavano l’Immacolata Concezione) si oppose il valente
oratore. Erano state presentate solide argomentazioni contro di lui, in numero
di 200. Le
ascoltò tutte una dopo l’altra con serenità e con disinvoltura, ma con
attenzione, e con una memoria sorprendente le ripeté nello stesso ordine,
sciogliendo le intricate difficoltà e dimostrazioni con grande facilità, come
Sansone aveva fatto con i legami di Dalila [cf. Gdc 16, 9-14]. Inoltre
Scoto aggiunse altre numerose e assai valide argomentazioni per dimostrare che
la santissima Vergine è stata concepita senza macchia di peccato. La sua
dissertazione impressionò talmente gli studiosi dell’università parigina, che
in segno di approvazione Scoto fu insignito del titolo onorifico di “Dottore
Sottile” ».
Da allora i
Francescani, sparsi per le varie località dell’Europa, con franchezza sempre
maggiore proclamarono ovunque ai fedeli l’Immacolata Concezione della Vergine purissima.
Allorché il
giorno 8 novembre 1308 il
coraggioso difensore del privilegio dell’Immacolata Concezione lasciava questo
esilio terreno, a Colonia, nella cui università aveva insegnato negli ultimi
anni, la fede nell’Immacolata Concezione di Maria aveva posto ormai radici così
profonde che giustamente il celebre teologo spagnolo Vasquez poteva scrivere
nel secolo XVI: « Dai tempi di Scoto (la fede nell’Immacolata Concezione) è
cresciuta tanto non solo tra i teologi scolastici, ma anche in mezzo al popolo,
che nessuno ormai è più in grado di farla scomparire ».
170 anni
dopo la disputa di Parigi ebbe luogo un’altra disputa, che durò parecchi
giorni, in Vaticano, alla presenza del Papa Sisto IV, anche egli francescano.
P. Francesco Nanni, 39°ministro
generale dei Frati Francescani, in quella occasione sciolse in modo così
brillante le difficoltà mosse dagli avversari, che il Papa, incantato, esclamò:
« Tu sei davvero un Sansone fortissimo ». Poco tempo dopo lo stesso Pontefice
emanava, in data 27 febbraio 1477, una
celebre costituzione, nella quale confermava l’ufficio e la Messa
dell’Immacolata Concezione, composti da Leonardo de Nogarolis e concedeva
indulgenze a tutti coloro che avrebbero recitato tale ufficio o celebrato la s.
Messa nel giorno della festa o nell’ottava dell’Immacolata Concezione.
La fede
nell’Immacolata Concezione della Madonna si faceva sempre più e più viva. Ciò
che in passato era implicito nella fede nell’espressione: « pienezza di grazia
», vale a dire la santità e la purezza senza macchia della Madonna, ora lo si
manifestava espressamente, si venerava in tutta la sua ampiezza e si chiamava
con un nome proprio, fino al giorno in cui, nei decreti divini, giunse a
maturazione il momento in cui il Papa Pio IX, 256° successore
di s. Pietro, circondato da 53 cardinali,
42 arcivescovi, 92 vescovi e da una folla incalcolabile di fedeli, nella sua
veste di supremo Pastore di tutta la Chiesa, dichiarava solennemente che la
dottrina — la quale affermava che la ss. Vergine Maria nel primo istante della
sua concezione è stata preservata immune da ogni macchia del peccato originale,
per una grazia particolare e per un privilegio dell’onnipotente Iddio, in
considerazione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano — era stata
rivelata da Dio.
In tale
occasione, poi, il Papa incoronava un quadro dell’Immacolata Concezione, che
era stato collocato ancora dal Papa Sisto IV, francescano, sopra l’altare della
cappella dedicata a questo privilegio mariano.
Quattro anni
più tardi l’Immacolata stessa, quasi per confermare il dogma definito,
dichiarava a Lourdes: « Io sono l’Immacolata Concezione».
San Massimiliano Kolbe O.F.M.
Articolo
pubblicato in Kalendarz
Rycerza Niepokalanej, 1925, pp. 40-46.
In italiano, Il culto dell’Immacolata Concezione, in trad.
it. a cura di C. Zambelli OFM conv., Gli scritti di
Massimiliano Kolbe, Città di Vita, Firenze 1978, vol. III (SK 1081), pp.
170-176.
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