Di tutte le feste degli Apostoli che facevano anticamente parte del
ciclo di Natale, la sola che è sopravvissuta è quella di san Giovanni, un tempo
associata, in Oriente, a quella di san Giacomo, primo vescovo di Gerusalemme.
Come indica il martirologio di Nicomedia, si cominciò a festeggiare
insieme i due fratelli, Giovanni e Giacomo, il 27 dicembre. Gli Armeni
continuano ad onorarli così il 28 o il 29 dicembre. Così era parimenti a
Cartagine nel VI sec. ed in Gallia nel VII (P. Salmon, Le Lectionnaire de Luxeuil, Coll. Collectanea biblica latina vol. VII, Roma 1944, p. 15, nota 1), mentre in Spagna si festeggiava il
28 Giacomo, il fratello del Signore, il 29 l’«Assunzione di Giovanni
Evangelista» ed il 30 Giacomo il fratello di Giovanni. Il martirologio
geronimiano annuncia ugualmente al 27 dicembre: Adsumptio sancti Iohannis evangelistae apud Ephesum et ordinatio
episcopatus sancti Iacobi fratris Domini.
I bizantini hanno, a loro volta, due feste dell’Apostolo san
Giovanni: il 26 settembre e l’8 maggio. I Copti fanno memoria di Giovanni il 30
dicembre ed i siriaci il 7 maggio. A Roma, fin dal VI sec., si festeggiava il
27 dicembre il natale sancti Iohannis
Evangelistae.
La stazione ha luogo nella basilica Liberiana (Santa Maria Maggiore),
perché la chiesa del Laterano è dedicata al Salvatore. In effetti, a san
Giovanni evangelista ed a san Giovanni Battista erano dedicate solamente due
piccoli oratori, a destra ed a sinistra del battistero; il papa Ilario li aveva
eretti in memoria del pericolo dal quale era scampato, quando si sottrasse con
la fuga alle violenze dei partigiani di Dioscoro I di Alessandria, all’epoca del latrocinium Ephesinum.
La basilica di San Giovanni davanti Porta Latina
è di origine posteriore e non fu compresa che molto tardi nella lista delle
chiese stazionali; restava dunque il tempio Liberiano, che, sia a causa della
Mangiatoia del Salvatore, sia in ragione dei mosaici di Sisto III commemoranti
il Concilio di Efeso, tenutosi precisamente presso il sepolcro dell’Evangelista,
sembrava la più adatta per la celebrazione della stazione in onore di san
Giovanni.
In seguito, l’oratorio del Laterano dedicato all’Evangelista
acquistò una grande importanza e non è impossibile che le due messe conservate
per questo giorno nel Sacramentario Leoniano non si riferiscano veramente a due
stazioni distinte, l’una a Santa Maria Maggiore e l’altra al battistero del
Laterano.
Fino all’XI sec., le stazioni romane si svolsero
regolarmente con i loro solenni riti tradizionali, ma dopo quest’epoca gli
scismi e le lotte tra le fazioni avevano impedito ai papi di prendervi parte di
persona; così gli Ordines posteriori
prescrivono che la festa di san Giovanni, come molte altre, fosse celebrata
semplicemente nella cappella papale. Un cardinale cantava la messa ed uno dei
procuratori dei nuovi ordini mendicanti pronunciava l’omelia in presenza del
Pontefice, che rivestiva il piviale scarlatto e la mitra. Ai secondi Vespri –
ammessi molto tardi a Roma, mentre in origine i vespri erano il preludio dell’ufficio
della vigilia, precedendo, e non seguendo, le grandi solennità – intervenivano
il clero palatino, i commensali del Papa, gli uditori di Palazzo, i suddiaconi,
gli accoliti ed i cappellani (Ordo Romanus XIV, § LXXIV, in PL 78, col. 1195A; Ordo Romanus XV, § 15, ivi,
col. 1281B).
La Roma cristiana ha dedicato numerose chiese e
santuari all’Evangelista Giovanni.
Oltre al Laterano, la cui denominazione
commemora tanto l’Evangelista quanto il Battista, ed alla chiesetta di San
Giovanni a Porta Latina ed alla chiesetta di San Giovanni in Oleo, vanno
ricordate la chiesa medievale dei Santi Giovanni Evangelista e Petronio
(già denominata San Tommaso degli Spagnoli) nel rione Regola, che è la
chiesa dei bolognesi a Roma (Mariano
Armellini, Le
chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana,
Roma 18912, p. 426; Ch. Huelsen, Le
Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, p. 492); un’altra nel quartiere Trastevere
denominata San Giovanni (evangelista) della Malva in Trastevere (Armellini, op. cit., p. 652; Huelsen, op. cit., p. 275). Un’altra,
istituita nel 1969 ed inaugurata dieci anni dopo, nel quartiere Spinaceto, è
dedicata sempre all’Evangelista ed è titolo cardinalizio dal 1985.
Più plausibile, invece, pare la tesi che il
Vangelo di Giovanni sia stato scritto dal figlio di Zebedeo in una prima
versione in aramaico, prima della distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. (così Ibidem.
Cfr. anche Julián
Carrón, Un caso di ragione applicata. La storicità dei Vangeli,
in Il Nuovo Areopago, n. 3, autunno 1994, p. 16; Carsten Peter Thiede, Jesus. La fede, i fatti,
Padova 2009, passim). Prova ne sarebbe la circostanza che il Vangelo fa
riferimento a luoghi difficilmente rintracciabili dopo la distruzione del
Tempio, come, ad es., la struttura della Piscina di Betzaeta (Gv. 5, 2) (cfr. Ricciotti, op. cit., p. 157).
Questo testo originario sarebbe stato poi rivisto ed ampliato probabilmente
dallo stesso Autore, e comunque su sua indicazione, in periodi successivi.
Il passo evangelico della messa di questo giorno
contiene una prova importante dell’autenticità e della storicità del quarto
Vangelo, contro la critica razionalistica. Il Loisy, ad es., negava al Vangelo
giovanneo qualsiasi valenza storica, ritenendo che lo stesso fossero delle
riflessioni teologiche esposte in forma di vangelo (Alfred Firmin Loisy, Le Quatrième Evangile. Les Épitres dites de Jean2, Paris 1921, passim);
Ernst Käsemann, L’enigma del
quarto Vangelo : Giovanni : una comunità in conflitto con il cattolicesimo
nascente?, con Introduzione di Ermanno
Genre, traduzione di Katharina
Genre – Ermanno Genre (a cura di), Torino 1979, affermò che il Vangelo
di Giovanni doveva ritenersi interamente non storico
Se Giovanni doveva sempre rimanere giovane e
robusto, fino alla seconda venuta di Gesù – così ragionavano i fedeli degli ultimi
decenni del I sec. – ciò voleva dire che il giorno della Parusia lo
avrebbe trovato ancora vivente (la facoltà teologica dell’Università di Parigi,
va detto, in ogni caso, nel 1530, ritenne la proposizione, secondo la quale san
Giovanni evangelista non sarebbe morto, contraria allo spirito della Chiesa che
lo invocava come un santo già glorificato in cielo: così ricorda il domenicano Filippo Angelico Becchetti, Istoria degli ultimi quattro secoli della Chiesa dallo
scisma d’Occidente al regnante Sommo Pontefice Pio Sesto, t. VIII, Roma 1794, p. 148) o che sarebbe stato
risuscitato da morte come la Beata Vergine (questa credenza, resa famosa dalla Legenda
Aurea, fu evocata anche da san Tommaso d’Aquino, il quale nel suo commento
al Credo, parlando del tempo in cui ci sarà la resurrezione dei morti,
afferma per alcuni questa sarebbe stata «anticipata per privilegio, come alla
Beata Vergine e, come piamente si crede, al beato Giovanni Evangelista»: San Tommaso d’Aquino, Il Credo. Il
terzo giorno risuscitò da morte, in Id.,
Opuscoli spirituali. Commenti al Credo, al Padre nostro, all’Ave Maria e ai
dieci Comandamenti, trad. e note di Pietro
Lippini (a cura di), Bologna 1999, p. 78). Ora un simile equivoco non
era possibile prima della morte di tutti gli altri apostoli, che non potevano
sbagliare certo sul senso delle parole del Maestro, e ne avrebbero rettificato
l’interpretazione, né dopo la morte di Giovanni, che avrebbe rovinato tutto il
credito di questa credenza. Non resta dunque, come periodo di formazione di
questa strana interpretazione, che l’ultimo quarto del I sec., quando san
Giovanni poteva avere ancora interesse a denunciare l’equivoco. Donec veniam
si riferisce dunque solamente alla parusia in un senso condizionale,
cioè se Gesù avesse deciso così.
La robusta vecchiaia dell’Evangelista – che
visse, secondo la testimonianza dei Padri, sino all’epoca di Traiano (Cfr. Sant’Ireneo di Lione, Adversus hæreses
libri quinques, lib. III, cap. 1, § 1, in PG 7, col. 845A, ora trad. it. e
note di Augusto Cosentino (a cura
di), Contro le eresie. Smascheramento e confutazione della falsa gnosi,
vol. II, Roma 2009, p. 9; lib. II, cap. 22, § 5, in PG 7, col. 785A, ora trad.
it. e note di Augusto Cosentino (a
cura di), Contro le eresie. Smascheramento e confutazione della falsa gnosi,
vol. I, Roma 2009, p. 265; Eusebio di
Cesarea, Hist.
eccl.,
lib. III, cap. 23, §§3 e 6, ivi, 20, col. 257A-258B, ora trad. it. e
note di Salvatore Borzì (a cura
di), Storia ecclesiastica di Eusebio di
Cesarea, Libri I-V, con Introduzione di Franzo Migliore, vol. I, Roma 20052, pp. 164-165)
– conveniva del resto molto bene alla sua verginità senza macchia. Se, in
effetti, lo stato coniugale è destinato ad assicurare la conservazione della
specie contro l’infermità della carne, che tende a cadere in polvere, la
verginità, al contrario, esprime lo stato dei santi nella gloria eterna,
allorché non essendo più soggetti alla debolezza ed a nessuna corruzione
corporale, sono esenti dalla necessità di contrarre alcun legame coniugale: In
resurrectione autem non nubent neque nubentur, sed erunt sicut Angeli Dei in
cœlo ... .
|
Ambito di El Greco, SS.
Giovanni evangelista e Francesco d'Assisi, dopo il 1600, Museo del Prado,
Madrid |
|
El Greco, S. Giovanni
evangelista, 1605 circa, Museo del Prado, Madrid |
|
El Greco, SS. Giovanni
evangelista e Battista, 1600-10, Museo del Prado, Madrid |
|
Francisco Pacheco, S.
Giovanni evangelista, 1608 circa, Museo del Prado, Madrid |
|
Pieter Paul Rubens, S.
Giovanni evangelista, 1610-12, Museo del Prado, Madrid |
|
Juan Ribalta, SS. Matteo e Giovanni evangelisti, 1620-30, Museo del Prado, Madrid |
|
Juan Ribalta, S.
Giovanni evangelista, 1618-24, Museo del Prado, Madrid |
|
Artus Wolfordt, S.
Giovanni evangelista, XVII sec., Museo del Prado, Madrid |
|
Cristobal García Salmerón, S.
Giovanni evangelista, XVII sec., Museo del Prado, Madrid |
|
Germán Hernández Amores, Viaggio
di Maria e S. Giovanni verso Efeso, 1862, Museo del Prado, Madrid |
|
Guido Reni, S. Giovanni evangelista, 1620 circa, Palazzo Corsini, Roma |
|
Carlo Dolci, S. Giovanni evangelista scrive l'Apocalisse, 1650 circa, Ringling Museum of Art, Florida |
|
Vladimir Lukich Borovikovsky, S. Giovanni, 1804-1809, Hermitage, San Pietroburgo |
|
Camillo
Rusconi, S. Giovanni evangelista,
1715-18, Basilica di S. Giovanni in Laterano, Roma |
Nessun commento:
Posta un commento