La festa di due santi ricorre
oggi.
La prima è quella del celebre
vescovo di Ravenna, morto il 2 dicembre verso l’anno 450, san Pietro Crisologo,
la quale era penetrata da molto nella liturgia romana quando Benedetto XIII l’elevò
al rito doppio, per onorare soprattutto il titolo di Dottore della Chiesa
universale attribuito al Santo odierno fin dall’antichità. Di fatto, conviene
che la Chiesa romana, nella sua liturgia d’Avvento, riservi un posto di onore a
colui che, consacrato vescovo a Roma, lavorò molto con san Leone Magno,
affinché i Padri di Calcedonia distinguessero, nell’unità di persona, la doppia
natura, divina ed umana, del Verbo incarnato, e che così fosse condannato l’errore
di Eutiche. Ricordiamo queste celebri parole di san Pietro Crisologo,
indirizzate ad Eutiche, che aveva sollecitato la sua benevolenza: «... Quoniam beatus Petrus, qui in propria sede et vivit et
præsidet, præstat quærentibus fidei veritatem. Nos enim pro studio pacis et
fidei, extra consensum Romanæ civitatis episcopi, causas fidei audire non
possumus» (San Pietro Crisologo,
Epist. XXV, Ad Eutychem Presbyterum, in PL
54, col. 743A).
La liturgia tradizionale di
questo giorno, e segnatamente la preghiera-colletta, di redazione abbastanza
recente, sebbene la sua trama primitiva sia antica, dimostra come il suo
compilatore, tutto preoccupato della storia, abbia voluto inserire, tra l’altro,
un’allusione alla visione che ebbe il Papa prima dell’ordinazione episcopale
del Crisologo («Deus, qui beátum Petrum
Chrysólogum Doctorem egrégium, divínitus præmonstrátum, ad regéndam et
instruéndam Ecclésiam tuam éligi voluísti …»). L’episodio è narrato da Andrea Agnello nel Liber Pontificalis, nella Vita S. Petri Chrysologi
Ravennatis Archiepiscopi, in PL 52, col. 13C ss., partic. col. 16B: il papa Sisto
III avrebbe visto in sogno, in effetti, la notte prima dell’ordinazione
episcopale del nostro Santo, san Pietro apostolo e sant’Apollinare, i quali
avrebbero chiesto di eleggere come vescovo di Ravenna il diacono imolese Pietro
Crisologo e non altri («Igitur nocte eadem apparuit
ad sanctum Sixtum urbis Romæ episcopum per visionem B. apostolus Christi
claviger Petrus, una cum Apollinare discipulo suo, et inter ambo stans B.
Petrus Chrysologus; et parum B. Petrus apostolus pedem figens dixit ad S. Papam
Sixtum: Vide hunc virum, quem elegemus nos, qui stat in medium nostrorum, ipsum
consecra, non alium. Idcirco expergefactus papa, jussit valde introduci
diluculo plebem universam, et virum qui ordinandus erat. ...»; «Durante la
notte al santo Sisto, vescovo di Roma, apparve in visione il beato apostolo
Pietro, clavigero di Cristo, insieme col suo discepolo Apollinare e in mezzo a
loro stava il beato Pietro Crisologo; avvicinandosi un poco il beato apostolo
Pietro disse al santo papa Sisto: “Osserva l’uomo che sta in mezzo a noi e che
noi abbiamo eletto: consacra questo e non un altro”. Perciò il papa, destatosi,
subito di buon mattino ordinò che fosse introdotta tutta la gente con l’uomo
che doveva essere consacrato»).
Concludiamo il ricordo del
nostro Santo, rammentando una sua celebre parola, pronunciata un tempo davanti
ai frivoli abitanti di Ravenna suoi contemporanei: «qui jocari voluerit cum diabolo, non poterit gaudere cum
Christo. Nemo cum serpente securus ludit, nemo cum diabolo jocatur impune»; «Coloro che vogliono
divertirsi col demonio, non possono gioire con Cristo» (San Pietro Crisologo, Sermo CLV, De kalendis Januarii, quæ varia gentium
superstitione polluebantur, in PL 52, col. 611B). Divertirsi con il diavolo
significa seguire le pompe, le mode, la lussuria e la leggerezza dei mondani,
che ci impedisce di prendere la nostra croce per seguire Gesù Cristo. Questi
uomini, come dice l’Apostolo, sono i nemici della Croce del Cristo ed il loro
fine, se non si pentono, sarà la morte e la dannazione eterna.
L’altra figura di santità
odierna è quella di santa Barbara.
Prima che la festa di san Francesco Saverio,
fissata al 3 dicembre, rinviasse la solennità di san Pietro Crisologo all’indomani,
questo giorno era dedicato solo alla celebre martire orientale (probabilmente
di Eliopoli, in Fenicia). La sua festa è stata accolta nel calendario romano
almeno dal XII sec.; il suo culto a Roma è tuttavia molto più antico, poiché
Gregorio Magno, Leone IV, Stefano III ed altri papi dell’Alto Medioevo gli
dedicarono delle basiliche e degli oratori al Clivus scauri (cfr. Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal
secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, pp.
515-516, il quale ricorda che si trattava di una cappella dedicata ai santi
Andrea, Silvia e Barbara), vicino al titolo dei Quattro Coronati (ibidem, p. 501; Ch. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio evo, Firenze
1927, p. 57),
vicino alla chiesa di San Lorenzo in
Agro Verano, vicino al teatro di Pompeo (ibidem, pp. 204-205), nel
quartiere della Suburra (Armellini, op. cit., p. 222; Huelsen, op. cit., p. 205), ed altri
ancora (tra
queste esiste ancora la chiesa di Santa Barbara dei Librai o alla
Regola, nella via dei Giubbonari. Cfr. Armellini,
op. cit., pp. 410-411). Una chiesa moderna, costruita nel 1953,
e dedicata alla Santa esiste nel quartiere Appio Claudio.
Il culto della Martire fu
verosimilmente importato dai Bizantini e, da Roma, si diffuse in altre parti d’Italia,
soprattutto a Rieti, la cui Cattedrale, in un’apposita cappella progettata dal
Bernini, si fregia di possedere insigni reliquie della Santa.
Giovanni Diacono, nella sua
vita di san Gregorio Magno, ci informa che essendo ancora monaco ed abate del monastero
di Sant’Andrea, in oratorio sanctæ
Barbaræ ... Gregorius laudes Domino celebrare solebat (Giovanni Diacono, Vita Sancti Gregorii Magni libri Quattuor, lib.
IV, § 89, in PL 75, col. 234B).
Di conseguenza, il culto di
santa Barbara a Roma datava almeno alla fine del VI sec.
Quasi tutti gli orientali
celebrano in questo giorno la festa di santa Barbara, alla quale i bizantini
danno anche il titolo di Βαρβάρας
μεγαλομάρτυρος (Αγίας Βαρβάρας της Μεγαλομάρτυρος). L’autenticità
dei suoi Atti non è sicura, ma alla gloria dei fasti ecclesiastici è
sufficiente l’eroica confessione della fede affermata dinanzi ai tormenti e
sigillata col sangue. È il caso di ripetere dopo sant’Ambrogio (il quale si
riferiva a sant’Agnese), Martyrem
dixi, prædicavi satis (Sant’Ambrogio, De Virginibus libri tres, lib. I, cap. II, § 6, in PL 16, 190A (ed.
1880, col. 200B). L’edizione del Migne riporta nel testo la seguente variante:
«Appellabo martyrem, prædicabo virginem»).
Gian Andrea Fornioni, S. Pietro Crisologo, 1752, Museo diocesano, Imola |
Scuola bolognese, S. Pietro Crisologo, XVIII sec., Museo diocesano, Imola |
Ambito imolese, S. Pietro Crisologo, XVIII sec., Museo diocesano, Imola |
Francisco Goya y Lucientes, S. Barbara, 1773 circa, Museo del Prado, Madrid |
Guercino, S. Barbara, 1659 |
Palma il Vecchio, S. Barbara, 1524-25, Chiesa di S. Maria Formosa, Venezia |
Parmigianino, S. Barbara, 1522, Museo del Prado, Madrid |
Maestro di Becerril, S. Barbara, 1520 circa, Museo del Prado, Madrid |
Giovanni Antonio Boltraffio, S. Barbara, 1493-99, Staatliche Museen, Berlino |
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