Sebbene si tratti di un’intervista risalente a quasi
un paio di anni fa, essa mantiene tuttavia la sua freschezza ed attualità per riflettere sull'attuale momento storico della Chiesa.
Come perle ai porci
Parla l’erede di Gadamer, Robert Spaemann: “Un’Europa decristianizzata sarà
terribile”
di Giulio Meotti
“Una chiesa sulla difensiva è una chiesa finita”. Così
Robert Spaemann, che è stato a
lungo compagno di ricerche e di studi dell’allora professor Joseph Ratzinger,
commenta la crisi di legittimità della chiesa cattolica sulla questione degli
abusi sessuali a ridosso del nuovo Conclave. Massimo studioso e critico tedesco
della modernità, premio Karl Jaspers, capostipite di una generazione di
pensatori che ha vissuto la temperie nazionalsocialista, Spaemann è l’erede
della prestigiosa cattedra che fu di Hans-George Gadamer a Heidelberg. A
Spaemann, l’unico studioso occidentale, assieme a Jürgen Habermas e Richard
Rorty, ammesso a far parte dell’Accademia cinese delle Scienze sociali, si
devono alcune fra le più radicali sentenze del pensiero contemporaneo, a
cominciare da quella per cui “non c’è etica senza metafisica”, e la denuncia
dello “sguardo del medico di Auschwitz” nella manipolazione genetica.
“La chiesa è intimidita”, dice al Foglio Spaemann, autore di numerosi scritti
di etica e di filosofia politica e salutato dalla stampa tedesca come il
“Verteidiger der Menschenwürden”, il difensore della dignità umana. “Gli abusi
sessuali sono ovunque, dentro e fuori dal clero. Ma una parte della chiesa ha
cercato di coprirli perché avrebbero danneggiato l’‘immagine’ del Vaticano. Il
cardinale Joseph Ratzinger è stato uno dei più fermi oppositori di questa
pratica permissiva. Il suo principio è sempre stato ‘la verità prima di tutto’.
‘Ecclesia sempre reformanda’ è l’altro principio, c’è sempre bisogno della
riforma. Il problema è un altro, cioè che dentro alla chiesa ci sono gruppi che
hanno monopolizzato l’interpretazione di questa riforma attraverso una serie di
mantra: ordinazione delle donne, elezione dei vescovi da parte dei laici, no al
celibato, benedizione dei ‘matrimoni’ omosessuali, comunione per i divorziati,
sì ai contraccettivi. In altre parole la totale capitolazione allo ‘zeitgeist’,
lo spirito del tempo, che altro non è che l’emancipazione secolarista”.
Secondo Spaemann, già docente in numerose università del mondo tra cui
la Sorbona e dal 1992 professore emerito alla Ludwig-Maximilians-Universität di
Monaco di Baviera, così facendo la chiesa cattolica è stata messa nell’angolo e
rischia di morire d’indifferenza. “Se la chiesa resta in silenzio, se è umile e
sulla difensiva, ma non passa all’offensiva, resta senza potere. I cardinali
devono proclamare la parola di Dio, non la propria. Devono mettere sotto accusa
una società che distrugge se stessa. Quindi devono prima di tutto porre fine a
questa serie di autoscuse e alla trivializzazione delle Scritture. Devono porre
fine alla loro interpretazione della cristianità come una compagnia di amici”.
“La chiesa ha nutrito false aspettative”. Alcune settimane fa, all’Università Santa Croce di Roma, è stata celebrata una giornata in onore di Spaemann, di cui è stato presentato il testo più famoso pubblicato dalle edizioni Ares, “Fini naturali” (con la prefazione del cardinale Camillo Ruini). Il testo riflette sul “mancato riconoscimento delle basi morali e prepolitiche dello stato” ricordando il discorso di Benedetto XVI al Bundestag di Berlino: una “ragione positivista” che si presenti come esclusiva “non può creare alcun ponte verso l’ethos e il diritto” e somiglia “agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo clima e luce da soli e non vogliamo più riceverli dal mondo vasto di Dio”.
“La chiesa ha nutrito false aspettative”. Alcune settimane fa, all’Università Santa Croce di Roma, è stata celebrata una giornata in onore di Spaemann, di cui è stato presentato il testo più famoso pubblicato dalle edizioni Ares, “Fini naturali” (con la prefazione del cardinale Camillo Ruini). Il testo riflette sul “mancato riconoscimento delle basi morali e prepolitiche dello stato” ricordando il discorso di Benedetto XVI al Bundestag di Berlino: una “ragione positivista” che si presenti come esclusiva “non può creare alcun ponte verso l’ethos e il diritto” e somiglia “agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo clima e luce da soli e non vogliamo più riceverli dal mondo vasto di Dio”.
La crisi del cristianesimo, dice Spaemann, è iniziata
con la rincorsa al secolarismo. “Cristo
dice: ‘Non date perle ai porci’. Perché i porci? Perché le perle sono
impalpabili per loro e si arrabbiano, perché vorrebbero cibo da maiali. Così è
con il secolarismo. Dopo il Concilio Vaticano II, la chiesa ha nutrito
aspettative che non sarebbe mai stata in grado di realizzare se vuole rimanere
fedele al suo fondatore. Adesso è il momento della verità. Quando l’autorità è
debole, la chiesa cade in disgrazia”.
In Europa c’è una ondata di delegittimazione ideologica. “Un’Europa
decristianizzata sarà un’Europa terribile. La sentenza degli Apostoli,
‘obbedite a Dio e non agli uomini’, è l’origine della grande libertà europea.
Le persone più pericolose al mondo, persino più della tirannia, sono quelle che
temono la morte più di Dio. La chiesa ha legittimato il potere degli stati
sovrani, posto dei limiti. ‘Fedele servitore del re, ma prima di Dio’, dice
Tommaso Moro”.
Infine, secondo Spaemann, il retaggio di Joseph
Ratzinger da Pontefice è l’unica soluzione. “Il corso avviato da Benedetto XVI è l’unico che abbia
un futuro. ‘Distacco dal mondo’, modestia, aderenza all’insegnamento, luce
della ragione che illumina ogni uomo che è come una cometa nel mondo, infine
vivere come se Dio ci fosse. Benedetto XVI difende la ragione contro lo
scientismo e una distruttiva idea della ragione. Se fosse uno strumento di
adattamento al processo evolutivo e alla sopravvivenza, la ragione non avrebbe
alcun collegamento con la verità. La verità non è un’idea scientifica e la
scienza ha una tendenza a distruggere se stessa”, conclude Spaemann.
Fonte: Il Foglio, 28.2.2013
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