Nella ricorrenza dei martiri SS. Sebastiano e Fabiano papa, riprendo quest’interessante contributo, in lingua italiana, del card. Burke, di introduzione al libro di S. Ecc.za Mons. Athanasius Schneider, Corpus Christi, di cui noi avevamo pubblicato mesi addietro il testo della versione francese, uno scritto quantomeno attuale soprattutto dopo aver appreso quanto avvenuto nelle Filippine, durante il viaggio papale, lo scorso 16 gennaio, al di fuori della cattedrale di Manila, circa quello che è un vero e proprio abuso, che peraltro c'era da aspettarsi ... (v. anche qui e qui).
Reliquiario del capo di S. Sebastiano, Chiesa di S. Sebastiano, Ebersberg |
S. Sebastiano, Processione dei martiri, VI sec., Chiesa di S. Apollinare Nuovo, Ravenna |
Alejandro Ferrant y Fischermans, S. Sebastiano recuperato dalla cloaca massima, 1877, museo del Prado, Madrid |
L’URGENZA DEL RIPRISTINO DELLA FORMA TRADIZIONALE DELLA COMUNIONE
La versione francese del preziosissimo libro di Mons. Athanasius Schneider sullo scandalo della comunione in mano - Corpus Christi, Libreria Editrice Vaticana, 2013 - si è arricchita di una prefazione esclusiva del cardinal Burke. Dopo le penose immagini della profanazione del Santissimo Sacramento durante la Messa di chiusura del viaggio di Papa Francesco nelle Filippine, ci sembra doveroso presentarvene una traduzione in italiano.
Nulla è più importante nella vita di un cattolico della santa Eucaristia. Il Decreto del Concilio Vaticano II sulla vita e il ministero sacerdotale, ispirandosi ad un testo di S. Tommaso, dichiara: «nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra pasqua, lui il pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante dà vita agli uomini i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire assieme a lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create» (1). Lo stesso testo continua così: «per questo l’Eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione, cosicché i catecumeni sono introdotti a poco a poco a parteciparvi, e i fedeli, già segnati dal sacro battesimo e dalla confermazione, ricevendo l’eucaristia trovano il loro pieno inserimento nel corpo di Cristo» (2).
Nulla è più importante nella vita di un cattolico della santa Eucaristia. Il Decreto del Concilio Vaticano II sulla vita e il ministero sacerdotale, ispirandosi ad un testo di S. Tommaso, dichiara: «nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra pasqua, lui il pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante dà vita agli uomini i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire assieme a lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create» (1). Lo stesso testo continua così: «per questo l’Eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione, cosicché i catecumeni sono introdotti a poco a poco a parteciparvi, e i fedeli, già segnati dal sacro battesimo e dalla confermazione, ricevendo l’eucaristia trovano il loro pieno inserimento nel corpo di Cristo» (2).
La santa Eucaristia è il mistero
per eccellenza della fede. Mediante l’azione della Santa Messa, Cristo, assiso
in gloria alla destra del Padre, discende sugli altari delle chiese e delle
cappelle di tutto il mondo per rendere nuovamente presente il suo sacrificio
sul Calvario, sacrifico unico con il quale l’uomo è salvato dal peccato e
perviene alla vita in Cristo grazie all’effusione dello Spirito Santo. È
mediante la santa Eucaristia che la vita quotidiana di un cattolico riceve
simultaneamente ispirazione e forza.
Unito con tutto il cuore a Cristo
nel sacrificio eucaristico, il cattolico fervente non è chiamato che ad essere
una cosa sola con lui in ogni istante di ognuna delle sue giornate, portando la
Croce e partecipando, così, all’opera incessante e senza prezzo del suo Amore
puro e generoso per tutti gli uomini, oltre ogni frontiera. Ricevendo dal cuore
Eucaristico di Gesù l’alimento celeste del suo Corpo, del suo Sangue, della sua
Anima e della sua Divinità, riceviamo la forza per vivere in modo straordinario
le circostanze ordinarie della vita quotidiana. È per questo che, al di là
dell’obbligo grave di partecipare ogni domenica al Santo Sacrificio della
Messa, i cattolici sono invitati a partecipare, se possibile, alla Santa Messa
tutti i giorni (3).
A partire dal momento in cui si è
compresa la realtà della santa Eucaristia – cioè che si tratta del Corpo, del
Sangue, dell’Anima e della Divinità di Cristo donati all’uomo come pane celeste
per sostenerlo spiritualmente nel suo pellegrinaggio terreno e come pegno del
suo destino alle nozze celesti dell’Agnello (Ap XIX, 9) – si comincia anche a
comprendere la profonda riverenza che occorre per trattare e ricevere la santa
Eucaristia. Così, lungo i secoli, i fedeli hanno fatto la genuflessione arrivando
davanti al Santissimo Sacramento e si sono inginocchiati in adorazione davanti
alla Presenza Reale di Nostro Signore nella santa Eucaristia. Allo stesso modo,
salvo circostanze straordinarie, solo il sacerdote o il diacono toccavano la
santa Ostia o il calice del Preziosissimo Sangue. Uno dei ricordi più
commoventi della mia infanzia è la grande delicatezza verso il Santissimo
Sacramento che mi hanno insegnato i miei genitori, il nostro parroco e le suore
delle nostre scuole cattoliche. Mi ricordo in particolare le indicazioni
minuziose circa la riverenza dovuta alla Presenza Reale, che mi sono state date
prima di essere ammesso ad aiutare il sacerdote come chierichetto.
I segni della Fede eucaristica si
manifestavano allo stesso modo nella bellezza dell’architettura e degli arredi
delle chiese e delle cappelle, nella qualità degli ornamenti, dei vasi sacri e
della biancheria per il sacrificio eucaristico, e nella lingua e musica
speciali – o, piuttosto, sacri – utilizzati nel Culto divino.
Col riservare attenzione al corpo
e al Sangue di Cristo, la Chiesa si è sempre preoccupata di imitare in primo
luogo l’esempio di Maria, sorella di Lazzaro, che ha unto Gesù con oli preziosi
proprio prima della sua Passione e Morte. Quando Giuda, il traditore, contestò
questo gesto di profonda venerazione e d’amore, trattandolo come uno spreco di
risorse che avrebbero potuto essere utilizzate per occuparsi dei poveri, Nostro
Signore rispose che Maria aveva agito in modo giusto e nobile, testimoniando la
riverenza per il suo Corpo, che Egli doveva sacrificare per la salvezza eterna
del genere umano (Gv XII, 1-8).
In questo senso, sono stato
sempre molto ispirato dall’esempio di san Francesco d’Assisi, che ha praticato
la massima austerità nella sua vita religiosa di consacrato, ma insistendo
sempre perché si riservasse la massima cura ad onorare il Santissimo
Sacramento, anche in modo sontuoso, e a non utilizzare che i materiali più
preziosi per il culto eucaristico. San Francesco non ha esitato ad ammonire
i sacerdoti (obbligati dal loro ufficio a rendere onore al Santissimo
Sacramento) circa la loro mancanza di riguardo verso questa realtà, sacra fra
tutte (4).
Fra tutti i ricchi aspetti della
Fede e della pratica eucaristiche, è certamente fondamentale il modo in cui i
fedeli ricevono il Corpo di Cristo nella santa Comunione. Al momento della
santa Comunione, il fedele, ben consapevole della sua indegnità e pentendosi di
tutti i suoi peccati, si presenta davanti al Signore che, nel suo amore senza
fine e senza misura, offre il suo Corpo come alimento celeste affinché noi lo
riceviamo.
Mi ricordo bene, nella mia
infanzia, la diligenza di cui davano prova i miei genitori, così come i
sacerdoti e le suore della scuola cattolica, per preparare i bambini a ricevere
per la prima volta la santa Comunione. Mi sovvengono anche i frequenti richiami
alla riverenza e all’amore che dovevamo dimostrare ricevendo la santa Comunione
e facendo il ringraziamento subito dopo la ricezione del sacramento.
All’epoca della mia prima comunione,
il 13 maggio 1956, la santa Ostia si riceveva alla balaustra, sulla lingua e in
ginocchio, con le mani ricoperte da una tovaglia. Questo modo di ricevere la
santa Comunione mi ha sempre colpito come la più alta espressione dell’infanzia
spirituale insegnata da Nostro Signore (Mt XVIII, 1-4), e di cui santa Teresa
di Lisieux è una delle figure più notevoli (5). Proprio in quel periodo della
mia vita, mio padre era gravemente malato ed era costretto a letto in casa.
Morì nel mese di luglio 1956. Ricordo la grande preparazione e l’attenzione che
egli manifestava ogni volta che il sacerdote veniva a portargli la santa
Comunione. Si preparava una piccola tavola di fianco al suo letto, con un
crocifisso, dei ceri e una tovaglia speciale. Si accoglieva il sacerdote in
silenzio alla porta con un cero acceso e, anche se mio padre non poteva
alzarsi, tutti restavano in ginocchio durante la cerimonia.
Anni più tardi, nel maggio 1969,
è stata autorizzata la pratica di ricevere la Comunione in mano, a discrezione
delle Conferenze episcopali, in parallelo con la pratica plurisecolare di
ricevere la Comunione direttamente sulla lingua (6). Uno degli argomenti
avanzati per introdurre la seconda opzione era l’esistenza di un uso antico di
ricevere la santa Comunione in mano (7). Nello stesso tempo, l’istruzione della
Congregazione per il Culto Divino, che permetteva la pratica della ricezione
della santa Comunione in mano, sottolineava il fatto che la tradizione
plurisecolare di ricevere la Comunione sulla lingua doveva essere preservata a
motivo del rispetto dei fedeli verso la santa Eucaristia che questa pratica
esprime (8). In questo senso, è interessante notare che il Papa Paolo VI
(durante il cui pontificato è stato dato il permesso di ricevere la santa
Comunione in mano), nella sua lettera enciclica Mysterium Fidei sulla dottrina e il culto del Santissimo Sacramento,
promulgata quattro anni prima della concessione del permesso, si riferisce a un
costume antico dei monaci che vivevano in solitudine, nonché dei cristiani
perseguitati, secondo il quale essi prendevano la santa Comunione con le loro
proprie mani. Tuttavia, il papa aggiunge subito che questo riferimento ad un
uso di altri tempi non rimette in questione la disciplina che si è diffusa in
seguito circa il modo di ricevere la santa Comunione (9).
La pratica tradizionale si
comprende meglio alla luce dell’ermeneutica della riforma nella continuità,
contrapposta all’ermeneutica della discontinuità e della rottura, di cui ha
parlato il Papa Benedetto XVI nel suo discorso di Natale 2005 alla Curia
romana. Nell’ermeneutica della continuità, l’unica Chiesa «cresce nel tempo e
(…) si sviluppa, rimanendo però sempre la stessa» (10). Così, la pratica
tradizionale di ricevere la santa Comunione manifesta una crescita ed uno
sviluppo tanto della Fede eucaristica, quanto delle espressioni di riverenza
verso il Santissimo Sacramento. Si potrebbe dire a proposito del modo
tradizionale di comunicarsi ciò che il Papa Benedetto XVI diceva a proposito
dell’Adorazione eucaristica nell’Esortazione Apostolica postsinodale
Sacramentum Caritatis: «l’Adorazione eucaristica non è che l’ovvio sviluppo
della Celebrazione eucaristica, la quale è in se stessa il più grande atto
d’adorazione della Chiesa» (11).
Sfortunatamente, l’iniziativa di
ristabilire l’uso antico sopraggiunse proprio in un momento in cui numerosi
abusi liturgici avevano gravemente sminuito la riverenza e la devozione dovute
al Santissimo Sacramento. Inoltre, il periodo conosceva una secolarizzazione e
un relativismo crescenti, i cui effetti furono devastanti nella Chiesa. Per di
più, la “restaurazione” di questa pratica fu incompleta, perché si limitò alla
ricezione della Comunione in mano, senza però includere gli altri ricchissimi
dettagli dell’uso antico. In esito a tutto ciò, la ricezione della santa
Comunione è diventata l’occasione di negligenze – anzi, addirittura di vere e
proprie irriverenze – e, in qualche caso particolarmente deplorevole, il
Santissimo Sacramento ricevuto in mano non viene consumato, ma, al contrario,
assoggettato a varie forme d’abuso, fino al caso estremo in cui qualcuno porta
via il Corpo di Cristo per profanarlo più tardi nel corso di una “messa nera”.
Nella mia personale esperienza pastorale, i casi in cui la santa Ostia era
stata lasciata in un libro di canti o in qualche altro posto, o anche portata a
casa per la devozione privata – mi spiace doverlo segnalare – non sono stati
rari. È ugualmente triste aver visto abbastanza spesso alcuni comunicanti
strapparmi letteralmente l’Ostia dalle mani piuttosto che ricevere il Corpo di
Cristo in modo conveniente.
Mons. Athanasius Schneider,
esemplare pastore d’anime, ha affrontato con amore coraggioso l’attuale
situazione della ricezione della santa Comunione nel rito romano. Prendendo spunto dalla sua personale e ricca
conoscenza della fede e della pratica eucaristiche nel periodo della
persecuzione nel suo paese natale, è stato spinto a studiare in profondità
l’antico uso di ricevere la santa Comunione in mano, così come il suo attuale
ripristino. In modo chiaro ed accurato, Mons. Schneider spiega con che cura la
pratica antica intendeva evitare tutto ciò che potesse suggerire
l’auto-comunione – sottolineando l’aspetto infantile della Comunione –; ed
impedire che anche un solo frammento andasse perduto, e, così, fosse
suscettibile di profanazione. Egli descrive anche brevemente le tappe
dell’introduzione dell’uso attuale, che differisce in misura rilevante dalla
vecchia pratica dell’antichità.
Mons. Schneider presenta poi,
accuratamente, le conseguenze più gravi dell’attuale pratica di ricezione della
Comunione in mano:
1) la riduzione o la scomparsa di
ogni gesto di riverenza e di adorazione;
2) l’utilizzo, per ricevere la
santa Comunione, di un gesto abitualmente adibito alla consumazione degli
alimenti ordinari, dal che deriva una perdita di Fede nella Presenza Reale,
soprattutto tra i bambini e i giovani;
3) l’abbondante perdita di
frammenti della santa Ostia e la loro conseguente profanazione, soprattutto
quando nella distribuzione della santa Comunione manchi il piattello;
4) un altro fenomeno che si
diffonde sempre più: il furto delle Sacre Specie.
Prendendo in considerazione tutte queste conseguenze, Mons. Schneider dice a buon diritto che la giustizia – cioè il rispetto del diritto di Cristo di essere ricevuto nella santa Comunione con la riverenza e l’amore che Gli convengono, e di quello dei fedeli di ricevere la santa Comunione in un modo che esprima al meglio l’adorazione reverenziale – esige che la pratica attuale della ricezione della Comunione nel rito romano sia seriamente studiata in vista di una riforma il cui bisogno si fa pesantemente sentire.
Prendendo in considerazione tutte queste conseguenze, Mons. Schneider dice a buon diritto che la giustizia – cioè il rispetto del diritto di Cristo di essere ricevuto nella santa Comunione con la riverenza e l’amore che Gli convengono, e di quello dei fedeli di ricevere la santa Comunione in un modo che esprima al meglio l’adorazione reverenziale – esige che la pratica attuale della ricezione della Comunione nel rito romano sia seriamente studiata in vista di una riforma il cui bisogno si fa pesantemente sentire.
Un aspetto del tutto preminente
della trattazione di Mons. Schneider riguarda il diritto di Cristo, lo ius
Christi. Ricordandoci l’umiltà totale dell’amore di Cristo che si dona a
noi nella piccola Ostia, fragile per natura, Mons. Schneider richiama la nostra
attenzione sul grave obbligo di proteggere ed adorare Nostro Signore. Infatti,
nella santa Comunione, Egli, a motivo del Suo amore incessante e
incommensurabile per l’uomo, si fa il più piccolo, il più debole, il più
delicato fra noi. Gli occhi della Fede riconoscono la Presenza Reale nei
frammenti, anche nei più piccoli, della santa Ostia, e ci conducono, così,
all’Adorazione amorosa.
Non mi resta che ringraziare
Mons. Athanasius Schneider per il suo minuzioso studio della questione della
ricezione della santa Comunione, espressione preminente della fede eucaristica.
Il suo studio è pieno del più profondo amore di Gesù Eucaristia, amore nel
quale egli è stato formato in un’epoca in cui la Chiesa era sotto i colpi della
persecuzione nel suo paese. Spero che il contenuto di questo volume ispiri
nel lettore una Fede eucaristica sempre più profonda e più ardente. Spero
anche che questo libro fornisca l’occasione di rinnovare il modo di ricezione
della santa Comunione, disciplina che dispone il comunicante a riconoscere
pienamente il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità di Cristo e, così, a
ricevere Gesù Eucaristia con una riverenza ed un’adorazione amorose. È in
questa ricezione reverenziale e amorosa di Nostro Signore nella santa Comunione
che dobbiamo attingere la forza di trasformare e rinnovare le nostre vite
personali e la società, con la forza del vangelo, come facevano i primi
cristiani.
Possa la lettura approfondita del
libro di Mons. Schneider portare i fedeli, al momento della santa Comunione, a
riconoscere la Presenza Reale del Signore risuscitato e a far loro le parole di
San Giovanni Evangelista a San Pietro, quando il Signore risuscitato apparve ai
discepoli sulle rive del lago di Tiberiade nel corso della pesca miracolosa: «È
il Signore!» (Gv XXI, 7).
Raymond Leo Cardinal Burke
Roma, 7 giugno 2014, Vigilia di Pentecoste
* * *
1) «In Sanctissima enim Eucharistia totum bonum spirituale Ecclesiae continetur, ipse scilicet Christus, Pascha nostrum panisque vivus per Carnem suam Spiritu Sancto vivificatam et vivificantem vitam praestans hominibus, qui ita invitantur et adducuntur ad seipsos, suos labores cunctasque res creatas una cum Ipso offerendos». Conc. Ec. Vaticano II, Decreto Presbyterorum Ordinis, «De Presbyterorum ministerio et vita», 7.12.1965.
2) «Quapropter Eucharistia ut fons et culmen totius evangelizationis apparet, dum catechumeni ad participationem Eucharistiae paulatim introducuntur, et fideles, iam sacro baptismate et confirmatione signati, plene per receptionem Eucharistiae Corpori Christi inseruntur». Conc. Ec. Vaticano II, Decreto Presbyterorum Ordinis, «De Presbyterorum ministerio et vita», 7.12.1965, n. 5.
3) Pio XII, Lettera enciclica Mediator Dei «De Sacra Liturgia», 20.11.1947 e Paolo VI, Lettera enciclica Mysterium Fidei «De doctrina et cultu SS. Eucharistiae», 3.9.1965,
4) «Epistola ad Clericos», Fontes Franciscani, ed. Stefano Brufani, Enrico Matestò e aa., Assisi, Edd. Porziuncola, 1995, 59-60 (recensio prior) e 60-61 (recensio posterior).
5) Santa Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo, Opere complete (ved. nell’ed. francese presso Les Éditions du Cerf e Desclée De Brouwer, Parigi, 1992, le pagg. 219-221).
6) Sacra Congregazione per il Culto Divino, Istruzione Memoriale Domini celebrans, «De modo Sanctam Communionem ministrandi», 29 maggio 1969, Acta Apostolicae Sedis 61 (1969), 541-547.
7) Ibid., 542.
8) Ibid., 543.
9) Paolo VI, Lettera enciclica Mysterium Fidei «De doctrina et cultu SS. Eucharistiae», 3.9.1965,
10) «…cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso,…». Benedetto XVI, discorso «Ad Romanam Curiam ob omina», 22.12.2005.
11) «… adoratio eucharistica non est aliud quam evidens beneficium eucharisticae Celebrationis, quae in se ipsa est Ecclesiae actio adorationis maxima». Benedetto XVI, Esortazione Apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis, «De Eucharistia vitae missionisque Ecclesiae fonte et culmine», 22.2.2007.
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