Nomine cardinalizie pensando al
secondo sinodo – quello ordinario - sulla famiglia, con apertura alla Comunione
ai divorziati risposati alle coppie omosessuali.
Già Sandro Magister aveva colto
la discutibilità di alcune recenti nomine cardinalizie e l’esclusione di altre
cui sarebbero pur spettate e che certamente sarebbero state più meritevoli, sia sotto l'aspetto pastorale sia sotto quello teologico-scientifico, di
ricevere la berretta cardinalizia rispetto a quelle annunciate durante lo
scorso Angelus.
Non solo periferie. Cosa c’è
dietro alla rivoluzione cardinalizia del Papa
di Matteo
Matzuzzi
Roma. Scrive il vaticanista del Boston Globe, John
Allen, che “il modo in cui Francesco sta cambiando la sociologia del collegio
cardinalizio è forse il suo atto più rivoluzionario, e quello che cementerà la
sua eredità”. Scorrendo la lista dei nuovi porporati declamata domenica al
termine dell’Angelus, e ricordando nomi e provenienze dei cardinali creati un
anno fa, appare chiaro l’orientamento del Papa preso quasi alla fine del mondo:
taglio secco con la vecchia Europa, porta chiusa alle (tante) ambizioni curiali
– rimane ancora senza berretta l’archivista e bibliotecario, Jean-Louis Bruguès
– e riconoscimenti alle chiese di periferia, anche di quella più estrema, come
dimostra il caso di Tonga, dove il vescovo creato cardinale fa da pastore a
quattordicimila anime in tutto. Ma dietro l’ulteriore internazionalizzazione
del collegio, un po’ sulla scia di quanto fece Pio XII con le trentadue
creazioni cardinalizie del 1946, e la geopolitica che guarda al sud del
pianeta, c’è anche la volontà di introdurre nel collegio cardinalizio – e
quindi del futuro Conclave – prelati interpreti sul campo di quella svolta
pastorale inaugurata chiamando Walter Kasper a tenere l’ouverture in materia di
famiglia e matrimonio al concistoro straordinario pre-sinodale dello scorso
febbraio. Basta guardare all’Italia, dove uno dei due prescelti è il vescovo di
Ancona, Edoardo Menichelli, che al Sinodo aveva esortato a “cercare percorsi di
misericordia e accompagnamento” nei casi in cui “non si realizzi il progetto di
Dio”, e cioè “l’unione tra un uomo e una donna che danno la vita”. Oppure, come
l’arcivescovo neozelandese di Wellington, mons. John Atcherley Dew, che
nell’Aula nuova, lo scorso ottobre, ha tenuto uno dei discorsi più favorevoli
all’accoglimento in toto delle proposte kasperiane. Oltre a essersi detto
favorevole al riaccostamento all’eucaristia dei divorziati risposati, Dew aveva
anche denunciato l’uso di termini quali “situazione irregolare” e “mentalità
abortiva”, che – disse – non aiutano il processo d’accompagnamento nei confronti
di chi è andato incontro a un fallimento.
Tra coloro che i media annoveravano nei mesi scorsi come probabili nuovi cardinali, un posto d’onore l’aveva l’arcivescovo primate del Belgio, mons. André-Joseph Léonard, passato alle cronache anni fa per aver giunto le mani in preghiera mentre un’attivista di Femen gli tirava una torta in faccia. Per lui, niente porpora, mentre al concistoro del prossimo 14 febbraio sarà presente l’ex nunzio in Belgio, l’ottantenne Karl-Josef Rauber, che in un’intervista al Regno del 2010 espresse tutta la sua perplessità sulla nomina di Léonard a Bruxelles, fortemente voluta da Benedetto XVI: “Non era entrato nella terna e quando dalla prima terna è stata tolta una persona non è entrato neppure nella seconda. E’ chiaro allora che in alto hanno voluto così. Non ho niente contro di lui”, aggiunse mons. Rauber, “è intelligente, sa parlare molto bene, conosce molte lingue, è un filosofo interessante, manda sempre i suoi libri al Papa. Personalmente, tuttavia, non lo vedo del tutto adatto per Bruxelles. Avrei preferito un ausiliare di Danneels”, vale a dire di colui che ha guidato la diocesi primaziale del Belgio dal 1979 al 2010. E Danneels “avrebbe preferito un altro, uno dei suoi ausiliari, molto stimato dal clero”. D’altronde, osservò l’allora nunzio, “Danneels e Benedetto XVI hanno certamente orientamenti diversi”.
Tra coloro che i media annoveravano nei mesi scorsi come probabili nuovi cardinali, un posto d’onore l’aveva l’arcivescovo primate del Belgio, mons. André-Joseph Léonard, passato alle cronache anni fa per aver giunto le mani in preghiera mentre un’attivista di Femen gli tirava una torta in faccia. Per lui, niente porpora, mentre al concistoro del prossimo 14 febbraio sarà presente l’ex nunzio in Belgio, l’ottantenne Karl-Josef Rauber, che in un’intervista al Regno del 2010 espresse tutta la sua perplessità sulla nomina di Léonard a Bruxelles, fortemente voluta da Benedetto XVI: “Non era entrato nella terna e quando dalla prima terna è stata tolta una persona non è entrato neppure nella seconda. E’ chiaro allora che in alto hanno voluto così. Non ho niente contro di lui”, aggiunse mons. Rauber, “è intelligente, sa parlare molto bene, conosce molte lingue, è un filosofo interessante, manda sempre i suoi libri al Papa. Personalmente, tuttavia, non lo vedo del tutto adatto per Bruxelles. Avrei preferito un ausiliare di Danneels”, vale a dire di colui che ha guidato la diocesi primaziale del Belgio dal 1979 al 2010. E Danneels “avrebbe preferito un altro, uno dei suoi ausiliari, molto stimato dal clero”. D’altronde, osservò l’allora nunzio, “Danneels e Benedetto XVI hanno certamente orientamenti diversi”.
Fonte: Il Foglio, 6.1.2015
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