Questa
commemorazione, che, nel martirologio geronimiano, porta il semplice titolo di Romæ translatio sancti Pauli, manca completamente negli antichi sacramentari
e capitolari romani, e sembra essere entrata nell’uso della corte papale
soltanto verso il X sec., in seguito all’influenza franca. Il martirologio di
san Pietro dell’XI sec., infatti, annuncia al 25 gennaio il natale di san
Gregorio il Teologo e quella di san Prisco, poi aggiunge: eodem
die conversio sancti Pauli.
Il
testo di una messa in conversione sancti Pauli apostoli si
trova precisamente, intorno al 700 d.C., nel Messale Gotico (Missale Gothicum, pubbl. da L.C. Mohlberg, Roma 1961, p.
42. Il calendario di san Willibrordo, che risale agli stessi anni, testimonia
dell’esistenza della festa in Inghilterra. Fu pubbl. da H.A. Wilson, The Calendar of St Willibrord, Henry Bradshaw Society (H.B.S.),
London 1918, p. 3),
in cui essa fa seguito a quella della Cattedra di san Pietro, accostamento
assai significativo per allontanare l’ipotesi dell’effettivo anniversario della
conversione del grande Apostolo delle Genti sulla via di Damasco.
Non
è facile determinare la genesi e l’evoluzione di questa festa. È possibile tuttavia
che nei martirologi la translatio sancti Pauli si ricolleghi ad una
delle ipotesi seguenti:
a)
La traslazione del santo corpo dell’Apostolo dal nascondiglio ad catacumbas sulla via Appia alla
sua tomba primitiva sulla via per Ostia, dopo che Galliano restituì ai
cristiani i loro cimiteri;
b)
la riedificazione della sua basilica sepolcrale sulla via d’Ostia, cominciata
da Teodosio, proseguita da Valentiniano ed Onorio ed infine completata da san
Leone I;
c)
una traslazione occasionale della sua statio (natalis)
in ragione di qualche ostacolo sopravvenuto – come avvenne un certo anno in cui
il papa Leone Magno, essendo assente, i Romani attesero il suo ritorno per
celebrare la festa dei santi Pietro e Paolo;
d)
infine, ed è quella più probabile, una traslazione qualsiasi nelle Gallie dei
veli applicati alla tomba di san Paolo e della limatura delle sue catene.
Questi oggetti di devozione erano impropriamente chiamati «reliquie» ed il
fatto della loro deposizione negli altari prendeva il titolo di «traslatio»,
che si inseriva finanche nei martirologi locali: grazie ad una sorta di fictio iuris queste reliquie
costituivano un annesso, un’estensione diciamo così del sepolcro dello stesso
Apostolo di Roma. L’indicazione Romæ
sarebbe penetrata nel Laterculus per l’ignoranza del
copista, il quale, leggendo di una translatio sancti Pauli, avrebbe pensato che non poteva convenire che a Roma, al
posto di riferirla ad una chiesa qualsiasi, Autun, Arles o qualsiasi altra.
In
ogni caso, sia o non sia di origine romana, questa festa invernale di san Paolo
si trovò, nelle Gallie, legata a quella della Cattedra di san Pietro, in un’epoca
in cui Roma non le celebrava entrambe – e tuttavia la sede apostolica non celebrò
mai la traslatio di san Paolo.
Perciò, ci si
può domandare: dal momento che la festa è nata in Gallia, si può spiegare la
scelta della sua data al 25 gennaio mettendo la Conversione di san Paolo in
correlazione con un’ottava della festa della Cattedra di san Pietro, che certe
chiese della Gallia celebravano il 18 gennaio? Spiega lo storico Pierre
Batiffol (il quale, per alcune sue tesi, fu considerato modernista) in un’opera
pubblicata postuma: «les deux fêtes vont de pair: la signification de l’une
éclaire la signification de l’autre» (Pierre Batiffol,
Cathedra Pétri. Études d’histoire ancienne de l’Église, Éditions du Cerf, Paris 1938, p. 129). L’ipotesi,
dunque, può essere accolta, sebbene essa sia lontana dal risolvere tutti i
problemi (così Pierre
Jounel, Le Culte des Saints
dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle, École
Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, pp. 218-219).
Poco
a poco, però, il significato storico della celebrazione mutò, ed al concetto di
una traslazione materiale di reliquie di san Paolo, si sostituì quella
di una traslazione o cambiamento
psicologico e spirituale sopravvenuto nell’Apostolo sul cammino di Damasco: In vas electionis de persecutore translatus est, direbbe san Girolamo. Così, dalla traslatio fisica si passò alla conversio mistica di Saulo.
La
festa della conversione di san Paolo è annotata in questo giorno nel Laterculus di
Berna del martirologio geronimiano: Translatio et
conversio sancti Pauli in Damasco. Nell’Ordo di Pietro Amelio, nel
XIV sec., si attribuisce a questa solennità la prevalenza sullo stesso ufficio
dominicale (Ordo Romanus XV, cap.
III. De Conversione sancti Pauli, in PL 78, col. 1340B). Peraltro in questo giorno, come il 1° gennaio
nell’Ottava di Natale e nelle Ottave dei santi Stefano, Giovanni Apostolo e
Santi Innocenti, non si teneva il Concistoro (Ordo
Romanus XIV, cap. CI. In quibus diebus et
solemnitatibus consueverunt Romani pontifices a consistoriis abstinere, In Januario, ivi, col. 1228B). Inoltre, il papa celebrava di persona e
predicava, o lasciava la predicazione ad un cardinale (ibidem, cap. XCVIII. Quibus diebus et solemnitatibus
consueverunt Romani pontifices Missarum solemnia in persona celebrare, ivi,
col. 1223A).
Nella
basilica patriarcale di San Paolo ha luogo in questo giorno una stazione molto
solenne e, in assenza del Sovrano Pontefice, in virtù di un’antica tradizione, ratificata
da Innocenzo III nel 1203, gli abati di questo sacratissimum monastero, che ha donato alla Chiesa san
Gregorio VII, celebrano nel rito pontificale il divino Sacrificio sullo stesso
altare papale che ricopre, ancor oggi, la camera funeraria dell’Apostolo (cfr. Rinaldo Fabris, Paolo: l’Apostolo
delle Genti, Milano 1997, p. 563). Mentre, in effetti, nelle altre basiliche
patriarcali di Roma, il papa non concede ordinariamente il permesso ai
rispettivi cardinali arcipreti di celebrare la messa all’altare papale, fa
eccezione per San Paolo, in cui, ogni anno, in questo giorno, l’Abate di questo
monastero gode del privilegio papale di celebrare la messa pontificale sull’altare
che ricopre la tomba dell’Apostolo. Il motivo di una così grande importanza
attribuita dalla liturgia alla conversione di san Paolo sulla via di Damasco
dev’essere ricercato nell’efficacia apologetica che ebbe un tale cambiamento
imprevisto, tanto da potersi dire che, dopo la resurrezione di Cristo, alcun
altro prodigio nella storia della Chiesa primitiva, tenuto conto delle
circostanze, dimostri meglio la divinità di Cristo che, appunto, la conversione
di Saulo.
Questo concetto è ben
espresso in un epigramma di papa Damaso (Damaso, Iamdudum Saulus procerum precepta, Carm. VII, De S. Paulo apostolo, in PL 13, 379A-381A): Iamdudum
Saulus, procerum præcepta secutus, / Cum Domino patrias vellet præponere leges,
/Abnueret sanctos Christum laudasse prophetas, / Cædibus adsiduis cuperet
discerpere plebem, / Cum lacerat sanctæ matris pia foedera coecus, / Post
tenebras verum meruit cognoscere lumen, / Temptatus sensit possit quid gloria,
Christi. / Auribus ut Domini vocem lucemque recepit, / Composuit mores Christi
præcepta secutus. / Mutato placuit postquam de nomine Paulus, / Mira fides
rerum; subito trans æthera vectus, / Noscere promeruit possent quid præmia
vitæ. / Conscendit raptus martyr penetralia Christi, / Tertio, lux cæli tenuit
paradisus euntem; / Conloquiis Domini fruitur, secreta reservat, […] / Credentes
docuit possent quo vincere mortem. / Dignus amore Dei, vivit per sæcla
magister, / Versibus his breviter, fateor, sanctissime Doctor / Paule, tuos
Damasus, valut, monstrare triumphos.
Anche san Pier Damiani non
è da meno celebrandolo in quest’inno in dimetro giambico: Excélsam Pauli
glóriam / concélebret Ecclésia, / quem mire sibi apóstolum / ex hoste fecit
Dóminus. / Quibus succénsus æstibus / in Christi nomen sæviit, / exársit his
impénsius / amórem Christi prædicans […].
Laurent de la Hyre, Conversione di S. Paolo, 1637, Cattedrale di Notre Dame, Parigi |
Pieter Paul Rubens, Conversione di S. Paolo sulla via di Damasco, XVII sec. |
Jean Daret, La conversione di S. Paolo, 1647 circa, Musée d'Art Roger Quillot, Clermont-Ferrand |
Nicolas-Bernard Lépicié, Conversione di Saulo, 1767 |
Benjamin West, Pala della Conversione di S. Paolo, 1786, Dallas Museum of Art, Dallas |
Esterno ed Interno della casa di S. Anania, dove S. Paolo fu accolto dopo la conversione e dove fu battezzato, Damasco |
Cappella di S. Anania, nel 1950, prima delle trasformazioni conciliari |
Nessun commento:
Posta un commento