Il calendario
tradizionale odierno, esattamente ad un mese dalla festa del padre putativo del Divino Infante, commemora uno dei sette dolori della Beata Vergine, cioè
la Fuga in Egitto di Gesù, Maria e Giuseppe.
La Chiesa, infatti,
pone, pochi giorni dopo la Presentazione di Gesù al Tempio con la Purificazione
della sua Santissima Madre, che ha chiuso il ciclo delle festività natalizie, la
memoria della fuga per scampare alla persecuzione di Erode verso il Santo
Bambino, che doveva avere circa due anni, ma anche per non privare gli abitanti
dell’Egitto della grazia della sua venuta fra loro; venuta destinata a
distruggere gli idoli che si trovavano in quel Paese, e ad adempiere la
profezia di Isaia che diceva: “Ecco, il Signore cavalca una nube leggera ed
entra in Egitto. Crollano gli idoli d’Egitto davanti a lui e agli Egiziani vien
meno il cuore nel petto” (Is. 19, 1).
Il racconto di
Matteo (Mt. 2, 13-21) è l’unico riferimento biblico, peraltro molto sobrio,
relativo a questo viaggio, anche se molte tradizioni vi hanno ricamato sopra;
tradizioni riferite dagli apocrifi del Nuovo Testamento. Questi ultimi riportano
una serie di storie miracolose che si verificano durante il viaggio, come, ad
es., le palme di un’oasi che si inchinano davanti al bambino Gesù, le bestie
del deserto che gli rendono omaggio, e un incontro con due ladri che sarebbero
poi stati crocifissi con Gesù, Gesta e Disma (quest’ultimo ricordato dal
calendario il 25 marzo).
Anche sulla vita
della Sacra Famiglia in Egitto non abbiano riscontri evangelici. Per cui, pure
in questo caso, il silenzio dei Vangeli è stato riempito dalle tradizioni
apocrife, peraltro particolarmente importanti per la Chiesa copta egiziana.
Una tradizione francese,
inoltre, afferma che Sant’Afrodisio, un santo egiziano che sarebbe venerato
come il primo vescovo di Béziers, sarebbe stato l’uomo che avrebbe offerto un
rifugio alla Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto.
Questa, peraltro, partita - secondo una tradizione - da Betlemme (dove la c.d. Grotta del Latte, non lontana dalla più nota Grotta della Natività, ricorderebbe questa partenza e l'allattamento, da parte di Maria, del Bambino Gesù, che sarebbe all'origine del biancore delle pareti rocciose), e come
ricordato da Giovanni Paolo II nell’Angelus del 17 gennaio 1988, avrebbe visitato
molte zone dell’Egitto compreso Pelusium (odierna Tell el-Farama), Tell Basta, Wādī
al-Natrūn, Samanoud, Bilbeis, Samalut, Maadi, Al-Maṭariyya, spingendosi, tra le
altre località, sino ad Asyūṭ. Secondo la tradizione, la Sacra Famiglia avrebbe
visitato l’antico Cairo copto ed avrebbe dimorato presso il sito dell’attuale
chiesa dei Santi Sergio e Bacco (detta Abu Serga) e nel luogo in cui ora sorge
la Chiesa della Santa Vergine (Babylon El-Darag). Ad Al-Maṭariyya (italianizzato in Matarea), poi ad Eliopoli
ed ora parte del Cairo, ci sarebbe un albero di sicomoro (con la cappella
adiacente), che sarebbe stato piantato nel 1906, che sostituiva un precedente del 1672, ancora in sostituzione di un albero ancor più risalente, alla cui base la Vergine Maria si dice abbia riposato o, secondo
alcune versioni, avrebbe trovato rifugio, per sottrarsi agli inseguitori della
Sacra Famiglia, nascondendosi in una cavità del tronco, che pii ragni avrebbero
nascosto alla vista coprendo l’ingresso con una fitta ragnatela. Qui sarebbe avvenuto anche il miracolo della fonte salmastra divenuta acqua dolce.
Scrive il card. Massaja nelle sue Memorie: "Nello spazio, che presentemente chiamasi Cairo vecchio, sorgeva la casa della Madonna, nella quale la Sacra Famiglia erasi ritirata ad abitare, quando fu costretta a fuggire le persecuzioni di Erode. Oggi essa è ridotta a chiesa, posseduta ed ufficiata dai Copti eretici. Distante circa un chilometro avvi ancora di particolare l’albero della Madonna: ed è un sicomoro vicino ad una fontana. Sotto la sua ombra si crede che siesi fermata la Vergine Maria, mentre S. Giuseppe andò a cercare in città una casa per la famiglia" (Guglielmo
Massaja, I miei trentacinque anni di missione, vol. I, cap. IV, luglio-agosto 1846).
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Albero della Vergine a Matarea, incisione del XIX sec. |
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c.d. Albero della Vergine a Matarea come si presenta oggi |
La pianta balsamica ora ricordata sarebbe “casualmente” sacra ad Hathor (Venere) e alla mitica fenice, che si rigenerava dalle proprie ceneri proprio dai suoi rami. E' curioso notare che in origine questi sicomori o "balsamine" furono fatti piantare da Cleopatra e curati da giardinieri d'Israele ... (v. qui). Il miracolo della fonte è descritto nell'apocrifo Vangelo Arabo dell'infanzia del Salvatore (cap. 24): "Gesù fece scaturire una sorgente a Matarea, nella quale la signora Maria lavò la sua camicia.... Indi discesero a Misr. Visto il Faraone rimasero tre anni in Egitto".
Misr è probabilmente Misr Al-Atiqa, il Vecchio Cairo, o secondo altri Menfi (Luxor). Lo stesso miracolo o uno analogo è descritto anche nello apocrifo Vangelo dello Pseudo-Matteo (cap. 21), dove il sicomoro è ancora una volta sostituito dalla palma, nel deserto: "Gesù allora disse: Palma, alzati, prendi forza e sii compagna dei miei alberi che sono nel paradiso di mio padre. Apri con le tue radici la vena d'acqua che si è nascosta nella terra, affinché da essa fluiscono acque a nostra sazietà - Subito si eresse, e dalla sua radice cominciò a scaturire una fonte di acque limpidissime oltremodo fredde e chiare” (Apocrifi del Nuovo Testamento, ed. TEA, Firenze,1990).
Il luogo, secondo la tradizione, sarebbe stato Ghizah, vicino alla Grande Piramide. La palma è oggi per i musulmani, soprattutto sciiti, il simbolo della Terra Celeste. Un ramo di questa palma, secondo l'Islam, sarà trasportato in paradiso da un angelo, per nutrire i futuri beati coi suoi frutti (cfr. sura LV, Ar-Rahmân, v. 68).
La Chiesa copta
celebra la festa dell’arrivo della sacra Famiglia in Egitto il 1° giugno,
corrispondente al 24 del mese di Bashans (Ingresso del Cristo Signore nella terra d’Egitto).
Significativamente, Clemente Alessandrino porrebbe la nascita di Gesù intorno al 20 maggio, o - come avanzato da alcuni - questa data sarebbe da porre in relazione alla fuga in Egitto o alla strage degli innocenti.
La Chiesa latina celebra la memoria della fuga in Egitto, in devozione di uno dei sette dolori della Vergine Madre, al 17 gennaio, con una messa inserita tra quelle aliquibus locis.
Il ritorno dall’Egitto (Mt. 2, 19-23),
lo abbiamo già ricordato, è celebrato dalla liturgia tradizionale all’indomani dell’Epifania.
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Gruppo statuario della Fuga in Egitto, Grotta del Latte, Betlemme |
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Carlo Maratta, Riposo durante la fuga in Egitto, XVII sec. |
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Alessandro Turchi detto l'Orbetto, Riposo durante la fuga in Egitto con S. Giuseppe guidato dagli angeli, XVII sec. |
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Alessandro Turchi detto l'Orbetto, Fuga in Egitto, 1633, Museo del Prado, Madrid |
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Valerio Castello, La fuga in Egitto, XVII sec., collezione privata |
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Bartolomé
Esteban Murillo, Fuga in Egitto, 1647-50, Detroit Institute of art,
Detroit |
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Bartolomé
Carducho,
Fuga in Egitto, 1600-03, Hermitage, san Pietroburgo |
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Jacob Jordaens, Fuga in Egitto, 1641, collezione privata |
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Pieter Lastman, Riposo durante la fuga in Egitto, XVII sec., collezione privata |
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Giovanni Odazzi, Riposo durante la fuga in Egitto, 1720-30 circa, collezione privata |
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Julius Schnorr von Carolsfeld, Fuga in Egitto (Die Flucht nach Ägypten), 1828, museum kunst palast, Düsseldorf |
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Adeodato Malatesta, Fuga
in Egitto, 1852, Museo civico d’arte, Modena |
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Luc-Olivier Merson, Riposo
durante la fuga in Egitto, 1880, Museum of Fine Arts, Boston |
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William
Holman Hunt, Trionfo degli Innocenti lungo la strada per l’Egitto,
1883-84, Tate Gallery, Londra
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Edwin
Longsden Long, Anno Domini (o Fuga in Egitto), 1883 |
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Ludovico
Seitz, Strage degli Innocenti, sogno di Giuseppe, Fuga in Egitto,
Cappella tedesca, Basilica, Loreto |
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