Nella
memoria liturgica di S. Romualdo, abate e fondatore dell’ordine camaldolese, e
del beato Pio IX, il papa dell’Immacolata e del Sillabo, rilancio questo
contributo di Cristina Siccardi.
Maestranze napoletane, Busto-reliquiario di S. Romualdo, XVII sec., Eremo, Camaldoli |
Giambattista Tiepolo, Madonna in gloria con i SS. Giorgio e Romualdo, 1735, Nuove Gallerie dell'Accademia, Venezia |
Visione di S. Giovanni a Patmos, con Immacolata, Beato Pio IX ed i SS. Gabriele e Michele, Palazzo Apostolico, Città del Vaticano, Roma |
Attacchi
vetero-femministi contro il card. Burke
di Cristina Siccardi
Nel desolante alveo della fede che oggi
siamo costretti a vivere, dove il fiele diventa bevanda quotidiana, c’è chi
riesce, a mescerlo pubblicamente, scagliandosi con livore contro persone di
adamantina ecclesialità. È possibile lanciare pietre, senza rispetto, contro un
porporato dal profilo cattolico e dalla caratura teologica del cardinale
Raymond Leo Burke? Oggi è possibile.
Lo ha fatto Gianni Gennari il 30
gennaio scorso con un articolo al vetriolo, pubblicato da “Vatican Insider”, dal titolo Se Burke non vuole le “chierichette”.
Lo stratagemma escogitato dal giornalista-teologo (ordinato sacerdote nel 1965,
fu vicino alle posizioni di Tonino Tatò – fondatore del “Movimento dei cattolici
comunisti” nel 1943 – e di Enrico Berlinguer, del quale il primo divenne suo
segretario. Gennari si sposò nel 1984, dopo aver ottenuto lo stato laicale) è
quello di opporre il Cardinale, che tiene alta la bandiera degli insegnamenti
perenni della Chiesa eludendo teologicamente alle mode mondane, al pensiero
femminista, servendosi così di un obsoleto mezzo progressista che propagandava
l’idea che la Chiesa fosse nemica della donna, intesa come categoria (gli odi
emblematici seminati nelle società dal comunismo erano, è bene ricordarlo,
uomo-donna, ricco-povero).
La sinistra ha sempre giocato sulla
contrapposizione forzata fra uomo e donna, urtandosi evidentemente contro la
civiltà cristiana (cristocentrica e mariana), e tale impostazione ideologica,
purtroppo entrata nella Chiesa, elimina, con la menzogna e l’uguaglianza
imposta di stampo illuminista, l’armonia e la bellezza degli opposti
complementari, voluti e creati da Dio.
Il fatto che il cardinale Burke, che è
stato Prefetto della Segnatura Apostolica, il Supremo Tribunale della Santa
Sede, si allinei con la dottrina della Chiesa di sempre non dovrebbe
scandalizzare le persone pensanti: le chierichette sono oggettivamente una
presenza che disturba. Partiamo dall’etimologia, che chiarisce sempre al meglio
i concetti: il termine «chierichetto» (piccolo chierico, piccolo sacerdote) deriva
dal latino «clericus», forma aggettivale di clerus, indicante chi appartiene all’ordine
sacerdotale.
Ebbene, «chierichetta» è la
piccola chierica, ovvero la piccola sacerdotessa… basterebbe fermarsi qui per
comprendere l’incompatibilità fra la bambina-ragazza e il servizio all’altare.
In fondo, è molto semplice: esistono vocazioni diverse perché esistono sessi
diversi. Lo scambio dei ruoli è molto pericoloso, crea competizioni sregolate,
scompenso psicologico e organizzativo, caos e, soprattutto, profana l’ordine
stabilito da Dio, di conseguenza distrugge l’equilibrio fra i rapporti umani.
La Chiesa è sempre stata maestra di ordine e di armonia, di rispetto e di onore
per Dio e, conseguentemente, per le persone e tra le persone, che, riverendo le
leggi divine, non sono alterate dalle passioni terrene, quest’ultime vincolate
al peccato originale: antagonismi, prevaricazioni, rivoluzioni non hanno ragion
d’essere per chi riconosce il valore di ciascun ruolo.
Scriveva il Padre della Chiesa san
Giovanni Crisostomo, commentando la seconda lettera a Timoteo: «Vedi come anche le donne erano
ardenti, infiammate di fede; così Priscilla, così questa Claudia (…) si erano
staccate nell’animo dalle faccende mondane, e maggiormente splendevano (…) La
donna infatti porta su di sé una parte non piccola dell’organizzazione civile
(…) e tanto meno in campo spirituale: può morire mille volte, se lo vuole, e
molte sono state martirizzate; può
custodire la castità, e meglio degli uomini, perché non è molestata da pari
ardore; può mostrare modestia, dignità e illibatezza, senza di cui nessuno potrà vedere il Signore (Ebr 12, 14), e
disprezzo per le ricchezze, se lo vuole: in breve, ogni altra virtù»
(Omelie sulla seconda lettera a Timoteo, 10, 3).
Vedere ragazze con i pendenti ai lobi
delle orecchie, che si aggiustano i capelli o che si guardano le unghie laccate,
all’interno del presbiterio (dal greco πρεσβύτερος, presbýteros,
«più
anziano»; dal latino presbite,
sacerdote, dunque il presbiterio è abitato da chi ha ricevuto una specifica e
sacra Ordinazione) è qualcosa che stride non soltanto alla semantica lessicale,
ma tanto più alla teologia, che si occupa delle cose di Dio e non di
femminismo.
Il malevolo articolo è costruito sui
luoghi comuni delle suffragette catto-comuniste e accusa la Chiesa di essere
stata, nel passato, contro la figura femminile per partito preso, citando
aneddoticamente san Pio X fra i persecutori beffardi delle donne. Sarebbe bene,
proprio a tale proposito, invitare, chi dubita, a leggere i registri
parrocchiali redatti di pugno da don Sarto (che parole utilizzava di encomio
muliebre!) e i molteplici passi che questo Santo Pontefice scrisse nel suo
copiosissimo carteggio ad onore proprio delle donne e fra questi spicca sua
madre, Margherita Sarto, che egli amò, esaltò e venerò con la similare forza
con la quale sant’Agostino amò, esaltò e venerò santa Monica. Le liriche
parole, dettate dal cuore virile e non ideologico, che ritroviamo in questi
santi, compreso don Bosco nei confronti di sua madre (il fondatore dei
Salesiani profetizzò, il 6 gennaio 1870, una futura Roma «effemminata»), non
si leggono in nessuna pagina progressista, sia laica che clericale.
Quando Gennari afferma che «la tendenza antifemminile è
antica, in tutte le culture, e la troviamo anche nelle culture apparentemente
moderne, non soltanto nella cultura cristiana e cattolica», mette ancor
più in risalto la limpidezza dottrinale del cardinale Burke, autentico
servitore della Chiesa, il quale non dice che «i tempi sono cambiati»
e che le chierichette devono fare concorrenza ai chierichetti con accento
rivendicativo, ma, in termini realistici e sacri, inneggia alle meraviglie
della Sacra liturgia: in questa «“casa santa” (San Pietro), seguendo l’esempio della Madre di Dio e
implorando la sua intercessione, scopriamo che il nostro unico “condividere” la
nostra unica “eredità” è il Signore vivente per noi nella Chiesa e la nostra
dimora permanente si trova in un popolo santo nella “comunione dei santi”»
(Omelia del Cardinale Burke in San Pietro durante il pellegrinaggio Populus Summorum Pontificum 2014).
Molte vocazioni sono nate proprio da
bambini, servendo all’altare, guardando il Tabernacolo e il sacerdote. Molto difficile
che una chiamata arrivi in compagnia delle piccole chieriche.
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