lunedì 9 febbraio 2015

“Salútis animárum zelo incénsus curas omnes inténdit, ut sibi commíssum gregem in fídei et morum integritáte serváret, atque a venenátis infidélium et hæreticórum páscuis defénderet” (Lect. V – II Noct.) - SANCTI CYRILLI, EPISCOPI ALEXANDRINI, CONFESSORIS ET ECCLESIÆ DOCTORIS

La sua festa fu istituita nel 1882, insieme alle feste di san Cirillo di Gerusalemme (il 18 marzo) e di san Giustino martire (il 14 aprile), da Leone XIII, che scelse questo giorno perché il 28 gennaio, in cui il suo nome è menzionato nel Martirologio, era già occupato da un altro ufficio (Leone XIII, Breve Officia sanctorum ad universalem Ecclesiam extensa, 28 luglio 1882, in ASS, XV [1882], Appendix IV, pp. 264 ss.). Il nome del Doctor Incarnationis, Cirillo, evoca subito il ricordo delle prime e celebrate sessioni del Concilio di Efeso in cui, grazie a lui, furono celebrate le supreme grandezze di Maria. Nestorio avendo messo in dubbio l’unità della persona in Gesù Cristo, ne risultava che il titolo di Madre di Dio non conveniva alla Beata Vergine, titolo sotto il quale i fedeli erano prima abituati ad invocarla.
A seguito delle negazioni dell’audace vescovo di Bisanzio, l’Oriente tutto intero non tardò a sollevarsi, in modo che, per autorità di Celestino I, un concilio si riunì ad Efeso, e Cirillo – erede spirituale ad Alessandria degli antichi faraoni – ne fu l’anima. L’esame della tradizione cattolica sull’unità di persona nella dualità di natura nel Cristo fu fatto con cura e si prolungò sino ad un’ora avanzata della notte; quando i Padri, avendo anatemizzato Nestorio, decretarono che la santa Vergine fosse chiamata a buon diritto «Theotokos», «Deipara», Madre di Dio, perché in Gesù Cristo la natura umana è stata unita ipostaticamente al Verbo di Dio, il popolo di Efeso, traboccante di gioia, accompagnò i Padri alle loro dimore, con delle fiaccole ed incensieri brucianti aromi preziosi. Era l'11 ottobre 431.



Concilio di Efeso, Basilica di Notre-Dame de Fourvières, Lione




Ruderi della Chiesa della Madre di Dio a Efeso, dove si tenne il Concilio. Sul luogo esiste una targa commemorativa che ricorda che in questo luogo il 26 luglio 1967 Paolo VI ebbe modo di celebrare una messa all'aperto e di pregare. La targa, misteriosamente asportata, è stata ricollocata nello stesso luogo.

Questa manifestazione di gioia del popolo efesino è ricordata dallo stesso san Cirillo in una sua lettera agli Alessandrini: «... Ut autem auditum est illum blasphemiarum auctorem sua dignitate privatum esse, omnes una voce sanctam synodum laudare, Deumque glorificare cœperunt, quoniam fidei hostis concidisset. Nos quoque, ubi primum ex ecclesia egressi fuimus, cum facibus et tædis usque ad diversorium deduxerunt: erat enim vespera: multaque passim lætitia, multa etiam luminaria accensa, ita ut nonnullæ quoque mulieres, thuribula gestantea, antecederent nos. Atque ita Salvator his qui gloriam illius infamare studebant, omnia se posse ostendit. ...» (San Cirillo d’Alessandria, Epistola XXIV (o XXII), Ad Clerum Populumque Alexandrinus, De Nestorii depositione, in PG 77, col. 137B-138B).
Quest’episodio è stato rievocato anche da papa Pio XI: «Atque tanta in Deiparam Virginem Ephesina plebs ferebatur pietate, tanto æstuabat amore ut, cum latum a conciliaribus Patribus iudicium intellexisset, effusa animorum lætitia eosdem conclamaret, atque ardentibus instructa facibus confertoque agmine, domum usque comitaretur. Ac pro certo ipsamet magna Dei Parens, mirando eiusmodi spectaculo suaviter de cælo arridens, suos Ephesi filios eunctosque catholici orbis christifideles, Nestorianæ hæreseos insidiis perturbatus, materno animo præsentissimoque auxilio suo prosecuta est» (Pio XI, Lett. enc. Lux veritatis, 25 dicembre 1931, in AAS XXIII [1931], pp. 403-517, partic. pp. 512-513). Alcuni autori, però, diffidano della spontaneità di questa manifestazione di affetto, in quanto, a loro detta, «manifestazioni del genere andavano organizzate, e a farlo ci pensavano i membri del clero locale» (così Ewa Wipszycka, Kościół w świecie późnego Antyku, Warszawa 1994, trad. it. di Vera Verdiani (a cura di), Storia della Chiesa nella tarda antichità, Milano 2000, p. 201). Tuttavia si ignora che, pur volendosi ammettere un’organizzazione, questa manifestazione mostrò al mondo l’amore e la devozione verso la Vergine Madre, da sempre nutriti dal popolo cristiano, vista la notevole partecipazione che ebbe.
Il dogma fu ratificato dal Cielo, analogamente a quanto avvenne a Lourdes (dove fu confermato il dogma dell'Immacolato Concepimento di Maria proclamato dal beato papa Pio IX), in terra di Puglia, in Capitanata, nei pressi di Foggia, nel borgo denominato Incoronata, dove la Vergine si presentò, l'ultimo sabato di aprile dell'anno 1001, dicendo di lei "Io sono la Madre di Dio" (v. qui).
A Roma, il monumento più insigne che ricorda il trionfo mariano del concilio di Efeso è la basilica di Santa Maria Maggiore, in cui Sisto III, successore di Celestino I, fece rappresentare in mosaico i fatti più importanti della vita di Gesù Cristo e della santa Vergine.
I Bizantini festeggiano san Cirillo il 18 gennaio ed il 9 giugno. Nei loro Menelogi si loda il santo perché fu degno di tenere il posto del sovrano pontefice Celestino alla presidenza del Concilio di Efeso. Già questo Concilio ecumenico aveva chiamato Cirillo τς ρθς καί μωμήτου πίστεως συνήγορος.
La messa di san Cirillo è quella del Comune dei dottori, salvo le collette proprie, in cui si mettono in rilievo i suoi meriti speciali per il trionfo di Maria ad Efeso sull’eresia nestoriana. Il redattore di queste preghiere sembra tuttavia aver avuto una concezione troppo unilaterale dell’opera teologica di Cirillo. L’eresia nestoriana, infatti, era soprattutto cristologica, e l’errore mariano non ne era che una conseguenza. San Cirillo difese coraggiosamente l’onore della Madre di Dio, tenendo intrepido il posto del Papa e con i suoi famosi anatemi divenne per gli Orientali il rappresentate più autorevole dell’ortodossia contro i Nestoriani. Così grande fu l’autorità di cui godé oltremodo Cirillo, che, ancora oggi, persino i Copti Monofisiti, pervertendo il senso delle sue formule sull’unità della persona in Gesù Cristo, si appellano pur’essi precisamente al nostro Dottore per fondare i loro errori.
I Greci hanno il costume di attribuire a san Cirillo, oltre il titolo onorifico di Πάπα ᾿Αλεξανδρείας, Papa di Alessandria, pure l’ornamento di una tiara (ad una sola corona, però); essi dicono che san Celestino gli avrebbe conferito quest’insegna quando lo delegò per presiedere, al suo posto, il concilio di Efeso.
I meriti di san Cirillo valsero ai suoi successori sul seggio patriarcale di Egitto il titolo di cui si fregiano ancora oggi: τς Οκουμένης κριτής, orbis terrarum iudex.
L’Oriente, paese di Gesù, degli Apostoli, dei grandi Dottori, dei Concili, come un tralcio tagliato dal suo ceppo, è, dopo molti secoli, divenuto sterile e languisce a causa del funesto scisma che lo separa dal centro dell’unità cattolica. Non è di poco conto, perciò, che tutti i fedeli entrino nei medesimi sentimenti che ispirarono a Leone XIII di istituire la festa del più celebre dottore orientale, affrettando, mediante la preghiera e l’azione di ritorno di queste nobilissime chiese all’unità cattolica, sotto il magistero supremo di Pietro, sempre fedele alla sua divina missione di confermare i suoi fratelli.


Icona moderna dei Santi Patriarchi d'Alessandria: Atanasio il Grande e Cirillo, celebrati insieme il 18 gennaio (Άγιοι Αθανάσιος ο Μέγας και Κύριλλος Πατριάρχες Αλεξανδρείας)


Icona dei Santi Patriarchi Alessandrini Atanasio il Grande e Cirillo


Incisione di S. Cirillo da un dipinto del Domenichino, XVIII sec.

Frantisek Ingac Platzer, S. Cirillo, 1760 circa, Chiesa di S. Nicola, Mala Strana, Praga

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