Abbiamo ricordato ieri il cinquecentesimo anniversario della nascita di
Santa Teresa d’Avila, al secolo Teresa Sánchez de Cepeda Dávila y Ahumada.
Ricordiamo ancora quest’evento attraverso una mirabile interpretazione
della cantante Mina della celebre poesia teresiana “Nada te turbe”, “Nulla di
turbi”, e con un contributo tratto dal periodico Tempi.
Cinquecento anni fa nasceva santa Teresa d’Avila, l’umanissima "dottora" della Chiesa «gradita a tutti»
Sorelle carmelitane scalze di Bologna
Ecco chi era
quella donna ricca di umanità che ha vissuto in un mondo in fiamme. Ha lottato
e lo ha cambiato
Articolo tratto dal numero di Tempi in
edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Nel secolo XVI
la Chiesa in Europa era in doloroso travaglio a causa della Riforma luterana.
Ma il Signore che guida e custodisce il suo gregge suscitò santi, maestri e
dottori affinché il suo cammino fosse illuminato dalla verità. Fra i grandi di
quel secolo si distingue una donna: Teresa di Gesù, una monaca, nella quale Dio
riversò con larghezza il Suo amore; una donna ricercatrice appassionata della
Verità di Dio e della verità della creatura umana che si incontrano solo nella
Misericordia che Teresa vorrà “cantare in eterno”.
Il mondo in
cui nasce Teresa è un mondo in cambiamento: mentre la Chiesa si divide in
differenti confessioni, si aprono nuovi orizzonti per l’esplorazione e
l’evangelizzazione. La Spagna si avvia verso l’unificazione politica e territoriale
di tutta la penisola iberica ed estende i suoi domini ben oltre i propri
confini territoriali. Il 28 marzo 1515, nasce ad Avila, nel cuore della
Castiglia, Teresa Sánchez de Cepeda y Ahumada, in una famiglia benestante e
numerosa. I suoi fratelli saranno tra le schiere di coloro che attraversano
l’Atlantico in cerca di fortuna, spinti da ideali di gloria e di ricchezza… con
qualche venatura di fede.
Quarantasette
anni più tardi, raccontando la sua vita a uno dei suoi direttori spirituali,
Teresa dirà di essere stata molto amata in famiglia, così come nell’educandato
e più tardi nel monastero: «Perché Dio mi aveva dato la grazia di riuscire
sempre gradita, dovunque mi trovassi, e così ero molto amata» (Vita 2,8). Il 2
novembre 1536 Teresa lascia la casa paterna per entrare nel monastero
dell’Incarnazione della sua città natale: un monastero fondato nello stesso
anno della sua nascita, innestato sull’antico ceppo dell’Ordine Carmelitano che
contava già più di trecento anni di vita. «Quando uscii dalla casa di mio padre
provai tanto dolore che non credo di sentirlo maggiore in punto di morte…».
Ma dirà anche
che da quando ricevette l’abito fu «così felice di aver abbracciato la vita
monastica che tale gioia non mi è venuta mai meno fino ad oggi». (Vita, 4,2).
Dopo i primi anni, Teresa attraverso intense sofferenze fisiche e una
altrettanto impegnativa introduzione alla vita di preghiera, viene condotta a
una relazione sempre più viva con Dio. Il suo cammino è fatto di lotte, di
cadute e di riprese mentre le sue esperienze spirituali si vanno facendo più
profonde e totalizzanti.
I piccoli collegi di Cristo
Teresa
comprende in modo vivo che Cristo Gesù, Uomo e Dio, nel mistero stesso della
sua “Sacratissima Umanità” è il centro e l’unico mezzo per accedere alla
comunione con Dio. Possiamo dire che Dio Padre si servì del genio femminile di
Teresa per ripresentare alla Chiesa e al mondo la “via regale” costituita da
suo Figlio Cristo Gesù. Infatti, si servì di questa donna, in un’epoca in cui
le donne non avevano voce nella Chiesa e nella società e per lo più restavano
relegate nella cerchia familiare, per proporre un modo di andare a Dio fondato
su una relazione di “amicizia”. Questa donna ricca di umanità, capace di
dialogo, di rapporti, di “amicizia” diventa maestra di preghiera e di vita
precisamente attraverso questa forma di relazione con l’Altro e con gli altri.
Nel suo
«trattare con Dio» ritrova i fratelli, le sorelle, i sacerdoti e «dotti
teologi», raggiunge i missionari che nelle Indie portano la Croce agli
infedeli, abbraccia la Chiesa intera, tutti gli interessi del suo Sposo.
Teresa, che definisce la preghiera come un trattare con Dio con amicizia,
sapendosi da Lui amati, quando il Signore le chiederà di fondare comunità
piccole, a somiglianza del «piccolo collegio di Cristo» dove Egli possa essere
amato e «trovare le sue delizie», chiederà alle sorelle lì riunite che si amino
le une le altre come vere amiche e che, come lei, portino nel cuore i grandi
interessi della salvezza delle anime attraverso la preghiera liturgica e
contemplativa. Mentre intorno a lei il mondo è in fiamme, Teresa fa il «poco
che è alla sua portata», dando vita a una nuova forma di sequela di Cristo, in
piccoli gruppi fraterni, che con uno stile di vita austero e sobrio, in una povertà
laboriosa, vivono gioiosamente una evangelica uguaglianza, contestando
silenziosamente una società che poggia sul prestigio, “la honra”, e la
ricchezza.
I monasteri in tutto il mondo
Quando Teresa
di Gesù, giunta alla sua maturità umana e spirituale, dopo le esperienze
mistiche più elevate, mise per iscritto la sua esperienza (la sua
Autobiografia, il Cammino di perfezione, il Castello interiore, le Fondazioni,
le Esclamazioni, l’Epistolario e altre opere cosiddette minori), il suo
magistero varcò i confini della clausura delle sue comunità. Con il suo garbo e
la sua capacità relazionale, ancora oggi i suoi scritti hanno il sapore del
dialogo, della confidenza fatta da cuore a cuore. Tutti i suoi scritti sono
rivolti a qualcuno o a Qualcuno, tutti hanno il sigillo di autenticità del
vissuto, tutti traboccano l’amore teologale che ha nutrito e trasformato Teresa
in un’amante appassionata.
Il cammino
interiore di ricerca di Teresa divenne modello e guida per le sorelle che ella
riunì nei 17 monasteri di monache e nei diversi conventi di frati da lei
fondati, per le numerose comunità sorte in tutto il mondo dalla sua morte fino
ad oggi, e in tutte le persone che si dedicano alla preghiera.
Donna aperta a
tutte le problematiche del suo tempo, esperta consigliera, attenta
ascoltatrice, spontanea, amabile, arguta e profonda, ancora oggi, nel suo
500esimo compleanno, ha il dono di piacere. Sono molti quelli che possono
chiamarla “Madre” perché la riconoscono come generatrice di vita nello Spirito,
Maestra e Dottore nella Chiesa di Dio, generosa donatrice dei doni ricevuti.
Quando le fu detto che era vicino il passaggio alla vita eterna esclamò:
«Finalmente è giunta l’ora di vederci… Infine, sono figlia della Chiesa!»,
quasi a prendere la Chiesa quale garante della sua vita.
Fonte: Tempi, 28.3.2015
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