L’ufficio odierno non
designa propriamente una festa, ma un giorno commemorativo dei dolori della
beata Vergine, prima dell’apertura del ciclo liturgico dei Misteri della nostra
Redenzione del divin Crocifisso. Le sue prime origini non risalgono al di là
del basso Medioevo, ed i Serviti contribuirono molto a diffonderla. Tuttavia,
la devozione speciale ai Dolori della vergine, Corredentrice del genere umano,
era da molti secoli già nell’animo del popolo cristiano.
Nel 1688, Innocenzo XI
istituì una seconda commemorazione dei Dolori della Madre di Dio nel mese di
settembre (come abbiamo ricordato in occasione della stessa), ma quest’ultima
solennità rivela un carattere un po’ differente da quello della festa di marzo.
In Quaresima, la Chiesa si associa a Maria per piangere Gesù Crocifisso, mentre
la solennità di settembre, rapportata all’Esaltazione della santa Croce, è
piuttosto la festa dei trionfi della Madre benedetta, che, ai piedi della
Croce, in mezzo al suo crudele martirio, comprò con suo Figlio il genere umano
e meritò il trionfo della sua esaltazione su tutti i cori degli Angeli e dei
santi.
La composizione della
messa, di rito doppio maggiore, sebbene pia, non rivela presso il suo redattore
un grande genio liturgico né un’esatta conoscenza delle antiche leggi e del
ritmo che governano i diversi generi di melodie ecclesiastiche. Così il salmo
di Introito è divenuto, grazie ad esso, un passaggio del santo Vangelo; – canto
che gli antichi riservavano al diacono, con il chiarore delle fiaccole accese
ed il profumo dell’incenso - le collette, senza regole di cursus, avanzano con fatica
perché ingombrate di molte parole; il graduale e la comunione provengono dalla
messa votiva della santa Vergine, ma il testo ne fu in qualche modo un po’
rimaneggiato per adattarlo alla festa.
La preghiera di colletta
è lontana dalla concisione simmetrica ed armoniosa delle antiche collette dei
sacramentari romani. Il redattore moderno l’ha riempita di idee, tra le quali
ne è una molto bella e che noi possiamo oggi ripassare piamente nel nostro
spirito: tutti gli eletti sono intorno alla Croce. Essi vivono dello spirito
del Crocifisso, al mezzo cioè di mortificazione cristiana senza la quale è
impossibile conservare la grazia di Gesù; da cui viene che l’Apostolo chiamava
i felici del suo tempo: inimicos crucis Christi.
La preghiera sulle
oblazioni, riempita di pietose considerazioni, offre, dal punto di vista
letterario, gli stessi errori che abbiamo notato nella prima colletta.
Il protocollo dell’anafora
è quello delle feste della santa Vergine e vi si menziona, beninteso, la
trafissione della sua anima.
Quanto la Chiesa è
delicata nei suoi sentimenti! Prima di entrare nella grande settimana «pascale»
e di celebrare, alla sera della Parasceve, l’offerta dell’Agnello immacolato,
essa si stringe intorno alla Vergine, perché nessuno meglio di lei, che vi
partecipò, non può iniziare alla contemplazione del Crocifisso.
Contemplazione, diciamo, e
nel senso attribuito a quest’atto dai sacri Dottori, poiché non è sufficiente
sapere la storia della Passione e di ricostruirne in spirito, con esattezza,
tutti i dettagli. Per comprendere Gesù sofferente, bisogna viverlo, bisogna
partecipare ai suoi sentimenti intimi e fare nostri i suoi dolori. Questo è
quanto ha voluto, in fondo, esprimere Jacopone da Todi in questo verso
lapidario: Fac, ut portem Christi
mortem.
Lorenzo Lotto, Cristo prende congedo, prima della Passione, da sua madre, 1521, Staatliche Museen, Berlino |
Correggio, Cristo prende congedo dalla Madre, 1517-18 |
Piotr Stachiewicz, Cristo prende congedo dalla Madre, 1900 |
Ambito di Francesco Trevisani, Mater dolorosa, XVIII sec., Glasgow Museums, Glasgow |
Martino Altomonte, Madre dei dolori, 1744 |
Jean Joseph Weerts, La Vergine ai piedi della Croce, XIX sec. |
Jean Joseph Weerts, Discesa dalla croce, 1875
|
Gregorio Fernández, Pietà tra i due ladroni, 1616 circa, Museo Nacional de Escultura del Colegio de San Gregorio, Valladolid |
Amalia Dupré, Vergine addolorata, partic., 1896, Chiesa di Sant’Emidio, Agnone |
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