Interessante articolo di Cristina Siccardi nella rubrica Scriptorium - Recensioni
– rubrica del sabato, in commento alla vicenda riferita da Marco Tosatti su La Stampa.
Permanere nella verità di
Cristo, dei Cardinali Walter Brandmüller, Carlo Caffarra, Velasio De Paolis,
Raymond Leo Burke e Gerhard Ludwig Müller – un libro a difesa delle verità che sempre la Chiesa ha espresso
nel negare la comunione ai divorziati risposati. L’editore Cantagalli procede
per diffamazione contro Alberto Melloni
Come molti già sapranno, la nota e
prestigiosa Casa Editrice Cantagalli, con una lunga tradizione di serietà e di
opere pubblicate di universale valore, è stata diffamata da Alberto Melloni,
l’esponente più in vista della cosiddetta Scuola di Bologna, ovvero quella
Scuola storiografica, per intendersi, che ha esaminato il Concilio Vaticano
secondo criteri progressisti, evidenziando in positivo tutte le rivoluzioni
avvenute, in questi 50 anni, dal Vaticano II ad oggi, in campo pastorale,
dottrinale, liturgico, teologico. Gravissima colpa viene imputata a Cantagalli
proprio dal Professor Melloni: aver pubblicato un libro come Permanere nella verità di Cristo, dove i
Cardinali Walter Brandmüller, Carlo Caffarra, Velasio De Paolis, Raymond Leo
Burke e Gerhard Ludwig Müller prefetto della Congregazione della Fede e quattro
insigni studiosi, si schierano per difendere le verità che sempre la Chiesa ha
espresso nel negare la comunione ai divorziati risposati; tale regola vorrebbe
essere ribaltata dal teologo Walter Kasper e dai progressisti come lo stesso
Melloni. Tuttavia esistono certi conservatori che tappano le orecchie alle
parole dei pastori che difendono le verità e si aprono, “aggiornandosi”, alle
proposte di coloro che presumono siano politicamente vincenti.
Ora Cantagalli ha deciso di
procedere legalmente nei confronti di Alberto Melloni e ha diramato il presente
comunicato:
«A seguito
dell’articolo a firma di Alberto Melloni, apparso sull’edizione del 12 febbraio
2015 del Corriere Fiorentino, il dott. David Cantagalli, in qualità di legale
rappresentante pro tempore della società Edizioni Cantagalli Srl, ha dato
mandato ai suoi legali di dar corso a tutte le azioni giudiziarie atte a
tutelare l’immagine della casa editrice da lui diretta. Le Edizioni
Cantagalli, conosciute ed apprezzate per la serietà e l’accuratezza delle
proprie pubblicazioni, non sono disposte ad accettare alcun tipo di illazione e
intendono così manifestare la volontà di respingere con fermezza congetture
gravi e pretestuose, che possano mettere in discussione l’integrità dimostrata
nel corso di un’attività professionale iniziata nel lontano 1925».
Ha scritto Marco Tosatti su «La
Stampa»: «Ovviamente gli amici e i sostenitori di Kasper
l’hanno presa male. E fra l’altro lo storico Alberto Melloni, uno dei capofila
del super progressismo ecclesiale scriveva sul Corriere Fiorentino che “la casa
editrice, con la copertura del cardinale Muller, il prefetto della dottrina
della fede, aveva tentato con buona o mala fede lo sa solo Dio (…) di ordire un
complotto contro il papa e contro il sinodo per dire a poche ore dal suo inizio
che sulle cose che Francesco voleva discutere non si doveva discutere”. Si può
obiettare che esporre firmando la propria tesi su un tema pubblico non sembra
rientrare nelle categorie classiche del complotto. E Cantagalli, accusato di
agire contro il papa e il sinodo giustamente si è risentito. E pare deciso a
portare l’articolista bolognese in tribunale».
Nell’editoria cattolica esistono
tonnellate, ogni anno, di pubblicazioni di impronta progressista, dove si parla
più di sociologia che di religione, dove, per andare incontro ai “problemi”
(peccati) della gente, ci si scosta sempre più dalla sana e salutare teologia
morale, quella chi ti soccorreva nelle tentazioni e nelle cadute, porgendoti
una mano sicura (quella era vera misericordia) per affrontare i drammi della
vita e per farti ascendere, dopo l’esilio terreno, in Purgatorio o in Paradiso.
Ebbene, l’uscita di un testo cattolico come Permanere nella verità di Cristo ha creato un disagio così forte che
alcune penne dal piglio autoritario, che vorrebbero essere costantemente
circondate da libri e articoli che espongono, commentano e riflettono le loro
idee, per risolvere tale fortissimo disagio pensano bene di accusare di
complotto chi diffonde tesi che si contrappongono alle loro: questi sarebbero
gli interpreti più genuini (visto che il loro pensiero si articola su basi
illuministe) della libertà di parola e di stampa?
La Chiesa ha sempre insegnato che
non ci si può accostare alla Comunione se ci si trova in peccato mortale: come
è possibile pensare che un divorziato risposato civilmente possa ricevere il
Corpo di Cristo? Per esserne degni occorre primo: la confessione. Secondo: il
pentimento. Terzo: non peccare più, come Gesù ha rivelato con immenso
amore all’adultera: la salvò dalla lapidazione e le rivelò il modo per
salvarsi l’anima, ovvero non peccando più.
Se la castità è principio
determinante per sposi che desiderano vivere bene il proprio credo cattolico, a
maggior ragione la castità è principio imprescindibile per coloro che, per seri
motivi e non per capriccio, non possono più convivere con il coniuge.
Ciò che conta, nel Cattolicesimo (a
differenza del Protestantesimo), non è compiere la volontà di coloro che
vogliono sovvertire gli insegnamenti perenni della Chiesa, bensì la volontà di
Dio; perciò a coloro che negano l’evidenza è bene rammentare ciò che scriveva
il sapiente San Giovanni Crisostomo, che si prese l’onore, come dovrebbe fare
il Pastore che vuole imitare non se stesso ma il Buon Pastore, di pascere le
pecorelle che il Signore gli affidò:
«Non vi è
infatti mezzo migliore per essere uniti a Cristo che il compiere la sua
volontà, e la sua volontà non consiste in nessun’altra cosa come nel bene del
prossimo. […] Pietro – dice il Signore – mi ami tu? Pasci le mie pecore! (Gv
21, 15). Con la triplice domanda che gli rivolge, Cristo manifesta chiaramente
che il pascere le pecore è la prova dell’amore. E questo non è detto solo ai
sacerdoti, ma a ognuno di noi, per piccolo che sia il gregge affidatoci.
Difatti anche se è piccolo, non si deve trascurare, poiché il Padre mio – è
detto – si compiace in loro (Lc 12, 32).
Ognuno
di noi ha una pecorella. Badiamo di portarla a pascoli convenienti».
Ed ecco che in una vera e reale
famiglia ognuno è responsabile non solo di se stesso, ma anche degli altri
membri:
«L’uomo,
appena si leva dal letto, non cerchi altra cosa, sia con le parole sia con le
opere, che di rendere la sua casa e la sua famiglia più pia; la donna, da parte
sua, si dimostri buona padrona di casa, ma prima ancora di questo ritenga più
necessario un altro suo impegno: che tutta la famiglia lavori e compia quelle
opere che riguardano il regno dei cieli. Se infatti negli affari terreni,
prima ancora degli interessi familiari ci preoccupiamo di pagare i debiti
pubblici perché, trascurando quelli non ci capiti di essere arrestati, tradotti
in tribunale e svergognati obbrobriosamente, a maggior ragione, nelle cose
spirituali, dobbiamo osservare questa regola e pagare anzitutto ciò che
dobbiamo a Dio, re dell’universo, in modo da non essere gettati là dov’è
stridore di denti. Ricerchiamo, perciò, quelle virtù che da una parte procurano
a noi la salvezza e dall’altra sono di utilità al prossimo» (G. Crisostomo, Commento
al Vangelo di san Matteo, 77, 6).
Una domanda sorge spontanea dopo la
lettura di questo brano, uno dei tanti capolavori del Vescovo Giovanni
Crisostomo, secondo Patriarca di Costantinopoli, Dottore della Chiesa, Santo
per la Chiesa Cattolica, per la Chiesa ortodossa e venerato dalla Chiesa copta:
quando il Cardinale Kasper avanza le sue tesi pensa a pascere le pecore di Santa
Romana Chiesa? Oppure certi insegnamenti di Cristo e del Magistero perenne
della Chiesa sono diventati ferri vecchi, pezzi da antiquariato?
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