Quando le
cose più ovvie suonano scandalose per il mondo secolarizzato …
San
Francisco contro il vescovo che vuole il rispetto dei valori cattolici nelle
scuole cattoliche
San Francisco critica il regolamento dell'arcivescovo
Salvatore Cordileone: “Chi sei tu per giudicare?”
di
Matteo Matzuzzi
L'arcivescovo di San Francesco Salvatore Cordileone |
Roma. “In questa città
che ha contribuito a dar vita al movimento per i diritti dei gay”, come scrive
il New York Times, una cosa così non si sarebbe mai potuta immaginare.
L’arcivescovo Salvatore Cordileone ha firmato e promulgato un regolamento in
cui si chiarisce che nelle scuole superiori cattoliche della diocesi da lui
amministrata i docenti dovranno tener presente, d’ora in poi, quelli che sono
ancora i princìpi della morale cattolica. Non è opportuno, quindi, che davanti
al crocifisso appeso al muro si dica agli studenti che “gli atti omosessuali
non sono contrari alla legge naturale”, che la contraccezione non è
“intrinsecamente una cosa negativa” e che la ricerca sulle cellule staminali è
una grande conquista della scienza. In pratica, è quel che fa ogni azienda che
si rispetti con il codice deontologico fatto imparare ai propri dipendenti, in
cui si mettono nero su bianco i limiti da non valicare. Ma a San Francisco le
rimostranze si sono presto trasformate in una quasi sommossa. “La nostra
comunità è addolorata, i nostri insegnanti sono terrorizzati”, dice quasi tra
le lacrime miss Jessica Hyman, da parecchi lustri docente in una delle quattro
scuole raggiunte dalle regole fissate dal vescovo. Le sigle lgbt hanno subito
steso lunghi comunicati di condanna in cui tirano in ballo, ça va sans dire,
Papa Francesco, accusando il capo della diocesi californiana di “chiudere la
porta” anche a “professionisti qualificati, tra cui molti fedeli cattolici
gay”. Altri, parlano addirittura di un regolamento che sa tanto di “test di
purezza”, evocando il ritorno all’Europa degli anni Trenta. La protesta è montata,
tra studenti e professori, tanto che è stata organizzata una marcia silenziosa
illuminata dalle candele verso la cattedrale di St. Mary, il cui profilo moderno
la fa sembrare un centro benessere. Qua e là, nel buio della sera, qualche
cartello con la celeberrima frase papale “chi sono io per giudicare?”, stampata
in ogni carattere disponibile su Word e declinata ormai in ogni contesto utile
a mettere contro gerarchie episcopali e desiderata personali. Un docente
all’istituto del Sacro Cuore, tale Gus O’Sullivan, candela alla mano ha
spiegato di essere lì raccolto in preghiera “per l’arcivescovo, il cui cuore è
cambiato”.
Ma quale “caccia
alle streghe!”, ha reagito mons. Cordileone: “Qui nessuno vuole licenziare
nessuno”. I punti del documento tanto contestato, ha spiegato, sono tutti
“presi dal catechismo della chiesa cattolica, e non contengono nulla di nuovo”.
Semmai, in un’epoca contrassegnata da dibattiti scottanti su fede e morale, il
presule conservatore (gli viene rinfacciato dai contestatori il no ai matrimoni
tra persone dello stesso sesso e la partecipazione – nonostante gli appelli di
vip e decine di intellettuali – alla Marcia per la vita di Washington
dello scorso anno) ha detto di aver ritenuto “importante aiutare gli insegnanti
a fornire ai propri studenti valide prospettive” su argomenti che potrebbero
dare adito a qualche confusione di troppo: “Le nuove generazioni sono oggi
sotto la forte pressione di chi li vuole conformati a certi standard contrari a
ciò in cui crediamo”. Una motivazione che non ha però convinto otto legislatori
locali, i quali hanno chiesto a Cordileone di ritirare immediatamente “le norme
discriminatorie”. L’accusa è di “aver usato la religione come un cavallo di
Troia per privare i nostri concittadini dei loro diritti fondamentali”.
Fonte: Il Foglio, 4.3.2015
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