Oggi
si celebravano a Roma i Robigalia,
rimpiazzati più tardi con la processione cristiana che si svolgeva lungo la via
Flaminia sino al ponte Milvio e raggiungeva in seguito San Pietro. La festa
dell’evangelista Marco dové dunque attendere sino quasi al XII sec. prima di
essere iscritta regolarmente nel Calendario romano. Questo ritardo è tanto più
sorprendente se si considera che san Marco fu tra i primi araldi, che, con san
Pietro, annunciarono a Roma la Buona Novella; inoltre, egli scrisse il suo
Vangelo nella Città eterna su domanda degli stessi romani, e quando un po’ più
tardi Paolo vi subì il suo primo imprigionamento, Marco gli prestò con Luca un’affettuosa
assistenza, come aveva già fatto in favore del Principe degli Apostoli.
Tuttavia
questa dimenticanza, che si poteva tacciare d’ingratitudine, non è isolata.
Anche Giovanni ha predicato a Roma e vi ha trovato il martirio nella caldaia di
olio bollente. E tuttavia, si direbbe quasi che la sua presenza nella Città
eterna non abbia lasciato alcuna traccia; così fu anche per Luca ed altri
insigni personaggi dell’età apostolica.
Quest’anomalia
si spiega tuttavia facilmente. All’origine, le commemorazioni liturgiche dei
santi avevano un carattere locale e funerario, essendo esclusivamente celebrate
presso le loro rispettive tombe. Siccome né Giovanni, né Luca, né Marco, né, a
nostra conoscenza, altri primi compagni degli Apostoli finirono i loro giorni a
Roma, i dittici romani non registrarono la loro deposizione o natalis. I calendari del Medioevo a Roma,
dipendendo principalmente da queste liste, fa sì che si spieghi il loro
silenzio. Presso il portico in Pallacinis,
nella prima metà del IV sec., il papa Marco eresse una basilica che, con il
tempo, prese il nome dell’evangelista omonimo (oggi è denominata Basilica di
San Marco Evangelista al Campidoglio) (Cfr. Mariano
Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX,
Tipografia Vaticana, Roma 18912, pp. 459-463; Ch. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio evo, Firenze
1927, pp.
308-309). Altre chiese egualmente, nel Medioevo, furono dedicate a san Marco,
come quelle de
calcarario, in macello, ecc. Ma la splendida
basilica del papa Marco le superò tutte in celebrità tanto per la sua bellezza
quanto per l’importanza eccezionale che essa acquistò nella storia.
Tra
il 1970 ed il 1972 fu costruita, nel quartiere Giuliano-Dalmata, la chiesa di San
Marco evangelista in Agro Laurentino, titolo cardinalizio dal 1973 ed
affidata ai frati minori conventuali.
La
Chiesa d’Egitto celebra il 25 aprile «san Marco, il contemplatore di Dio».
Bizantini, siriani e latini lo fanno lo stesso giorno. Iscritto in questa data
nel martirologio di Beda, il nome di san Marco apparve alla fine dell’VIII sec.
nel calendario di Montecassino e, nel IX, in quello di Napoli. Dall’853, il
sacramentario di Rodrado di Corbie e, poi, verso l’870, quello di sant’Amando danno
le orazioni della festa (K. Gamber,
Codices liturgici latini antiquiores,
Coll. Spicilegii Friburgensis subsidia
1, Freiburg/Schweiz 1968, tomo 2, p. 356, n. 763. Questo sacramentario era
passato, dall’inizio del X sec., nell’uso di Sens. Cfr. E. Bourque, Etude sur les Sacramentaires romains, Seconda parte, tomo II, Roma
1958, p. 52).
Ma a quest’epoca, il culto di san Marco è già attestato a Venezia (829). Esso
dové conoscere una diffusione quasi universale attraverso i secc. X ed XI.
Oggi
le Litanie maggiori terminavano con la messa stazionale a San Pietro. La
processione litanica non è dunque in alcuna relazione con la festa di san
Marco, sebbene, quando questa è rimessa in un altro giorno, non si trasferiscono
per questo le Litanie maggiori. Non era un fatto eccezionale che, per la festa
di Pasqua, se cadeva il 25 aprile, la processione si celebrasse allora il
martedì seguente.
Nel
basso Medioevo, scomparve da Roma ogni ricordo delle Robigalia con il percorso
tradizionale del classico corteo della gioventù romana lungo la via Flaminia.
La processione aveva il costume di recarsi dal Laterano alla basilica di San
Marco e da questa si dirigeva verso San Pietro; questo rito rimase in vigore
sino alla seconda metà del XIX sec.
Le
antifone ed i responsori della messa di san Marco sono tratti dalla messa Protexisti, che è quella dei martiri durante
il tempo pasquale. Tuttavia, le collette e le letture sono proprie.
Spesso,
nella sacra Scrittura, la parola di Dio è paragonata ad una fonte d’acqua, che
spegne gli ardori della sete, rinfresca la terra arida, la feconda e fa
rinverdire le piante.
Nell’alto
Medioevo, le fontane pubbliche rivestivano per questa ragione un certo
carattere religioso, in tanto perché simboleggiavano il Verbo e la grazia
divina. Ne abbiamo una prova, tra le altre testimonianze, in un puteal che esiste ancora sotto
il portico della basilica di San Marco de Pallacina, con questa legenda:
DE • DONIS • DEI • ET • SANCTI • MARCI • JOHANNES • PRESBITER • FIERI • ROGABIT
OMNES • SITIENTES • VENITE • AD • AQVAS
• ET • SI • QVIS • DE • ISTA • AQVA • PRETIO
(L’iscrizione è
riportata in Armellini, op. cit.,
p. 462).
È
meraviglioso, nello spirito del Medioevo, quest’anatema lanciato contro colui
che avesse trafficato da questo puteal
poiché questa sola simboleggiava l’acqua della grazia, la quale non poteva
essere venduta per della moneta senza rendersi colpevole di simonia.
Il
testo di Ezechiele, letto in questo giorno (Ez 1, 10-14), descrive i simboli
dei quattro Vangeli, che, dettati dallo stesso Spirito, riflettevano in un
quadruplice raggio la luce e la saggezza del Verbo eterno di Dio. Quando l’occhio
umano, oscurato dal velo dell’infedeltà e delle passioni, volle leggere la
Sacra Scrittura, lo stimò senza dubbio il libro più semplice e puerile che si
potesse immaginare. Al contrario, con una fede umile, quando l’occhio puro e forte
del credente si fissa su queste sacre pagine, la vista resta come abbagliata da
tale luce divina, e l’intelletto creato, penetrando i segreti della Sapienza increata,
sente la vanità di tutti i ragionamenti umani. È a questo stato di sublime
ignoranza che fu elevato san Paolo – e dopo di lui molti altri santi - di cui
dichiara non trovare nel linguaggio terreno né parole né concetti atti ad
esprimere ciò che ha visto.
Il
Vangelo di oggi è simile a quello della festa di san Tito, il 6 febbraio, ed è
il testo della vocazione e della missione dei settantadue discepoli del
Salvatore. Secondo ogni probabilità, Marco non fu di questo numero, ma chiamato
più tardi al seguito del Signore, compì anche lui perfettamente le opere dell’apostolato.
Degli
storici recenti hanno voluto vedere nei documenti scritturistici qualche
allusione al carattere un poco timido di san Marco.
Quando,
la sera dell’arresto di Gesù, il giovane (νεανίοκος)
Marco, fu svegliato di soprassalto dal suo sonno, uscì semplicemente sulla
strada avvolto nel suo ampio lenzuolo di tela, fu fermato, ed egli, tutto
spaventato, si sbarazzò abilmente del lenzuolo e scappò nudo dalle mani dei
soldati.
La
tradizione identifica questo misterioso ragazzo, appunto, con lo stesso
evangelista, il quale avrebbe inserito così nel suo Vangelo un episodio
autobiografico. Alcuni Padri vi vedono lo stesso san Giovanni evangelista o
anche Giacomo, il fratello del Signore. In epoca moderna, gli esegeti vi hanno
visto persino Giovanni Battista o Lazzaro o Pietro o Paolo o un non meglio
identificato altro testimone oculare. Altri autori vi hanno scorto un
personaggio simbolico, cogliendo una similitudine con il patriarca Giuseppe,
che preferì rimanere fedele a Dio fuggendo nudo piuttosto che cadere tra le
braccia della moglie del suo signore Potifar. Una terza chiave di lettura vede
nel personaggio un simbolo del battesimo, in quanto il catecumeno è invitato a
spogliarsi dell’uomo vecchio per rivestirsi di Cristo al fine di poterlo
seguire. Per una ricostruzione di queste diverse interpretazioni, Maurizio Compiani, Fuga, silenzio e
paura: la conclusione del Vangelo di Mc. Studio di Mc 16, 1-20, Roma 2011,
pp. 125 ss., partic. pp. 129-13; Giacomo
Perego, La nudità necessaria. Il ruolo del giovane di Mc 14, 51-52
nel racconto marciano della passione-morte-risurrezione di Gesù, Milano
2000, partic. pp. 25 ss.
Sta
di fatto che quest’incidente dovette tuttavia impressionare molto il giovane
Marco e dovette influire sul suo carattere timoroso; era fatto piuttosto per
lavorare docilmente in una posizione subordinata che assumere la responsabilità
di iniziative ardite.
Nato
probabilmente a Cipro ed allevato in seno ad una famiglia distinta di
Gerusalemme (la madre si chiamava Maria), ed essendo cresciuto tra gli
Apostoli, il giovane Marco (il cui nome era in realtà Giovanni mentre Marco era
il nome verosimilmente il patronimico), accompagnò suo cugino Barnaba e san
Paolo nella loro prima missione apostolica in Panfilia e finì per perdere
coraggio a causa dell’audacia dei due missionari giudei, che, in terra pagana,
trattavano liberamente coi Gentili esecrati dalla Torah, facendoli parte all’eredità
dei figli di Abramo.
In
questa circostanza, Marco sentì che non era ancora suonata la sua ora per
questo servizio di avanguardia, e, congedandosi dai due missionari, tornò al
porto tranquillo di Gerusalemme. Tuttavia portava il germe della vocazione all’apostolato,
ed è per questo che non si sentì a riposo nella pacifica dimora del Cenacolo.
Qualche
tempo dopo lui volle fare come ammenda onorevole di quella che egli considerava
come una debolezza e propose ai due apostoli di accompagnarli nella loro
seconda missione. Ma questa volta, Paolo che conosceva il carattere ancora
insufficientemente maturato di Marco, temé che la sua presenza fosse piuttosto
un ostacolo che un aiuto per la conversione dei greci, e rifiutò di accettarlo
(At 15, 38); perciò partì senza suo cugino nella direzione di Salamina.
Quando
infine, nel 61-62, Paolo è prigioniero a Roma, ritroviamo al suo fianco l’evangelista
Luca e Marco, il quale, dopo una breve assenza in Asia Minore ed a Colossi,
grazie alla seconda lettera inviata a Timoteo, è chiamato di nuovo vicino a
Paolo, come una persona mihi utilis in ministerium (2 Tim 4, 11). Si vede che il disaccordo
momentaneo tra l’Apostolo, Barnaba e suo cugino, non aveva lasciato alcuna
traccia in queste anime grandi e generose. Durante il viaggio di Paolo in
Spagna, Marco dimorò a Roma e servì da interprete a Pietro, di cui, a domanda
dei fedeli, mise in seguito per iscritto le catechesi, incentrate sulla
dimostrazione della divinità e della potenza del Signore (di qui la
rappresentazione dell’Evangelista mediante il leone, simbolo di forza e
potenza, ma anche di resurrezione).
Dopo
il martirio dei due Apostoli, un’antica tradizione riporta che Marco andò ad
Alessandria, dove, all’inizio del IV sec., si vedeva il suo sepolcro.
La
vicenda di Marco c’insegna che quando Dio chiama, non bisogna tirarsi indietro
per timore del pericolo e della propria debolezza. In questo caso, la grazia
ricopre i difetti della natura, come accadde, appunto, per il nostro santo. Il
suo carattere era naturalmente timido ed ebbe un primo momento di debolezza
quando fuggì nell’Orto, ma la grazia finì per prendere su di lui il sopravvento,
tanto che divenne l’«interprete» di Pietro, l’Evangelista glorioso, l’apostolo
dell’Egitto ed il fondatore del trono dei patriarchi di Alessandria, eredi
cristiani della potenza degli antichi Faraoni.
I
versi del papa Gregorio IV, sotto il mosaico absidale del titulus Marci in Pallacine non sono senza
interesse:
VASTA • THOLI • PRIMO • SISTVNT •
FVNDAMINE • FVLCRA
QVAE • SALOMONIACO • FVLGENT • SVB •
SIDERA • RITV
HAEC • TIBI • PROQVE • TVO • PERFECIT •
PRAESVL • HONORE
GREGORII • MARGE • EXIMIO • CVM •
NOMINE • QVARTVS
TV • QVOQVE • POSCE • DEVM • VIVENDI -
TEMPORA • LONGA
DONET • ET • AD • CAELI • POST • FVNVS
• SYDERA • DVCAT
La volta dell’abside si
eleva su un solido fondamento;
Come il tempio di
Salomone, essa risplende, irradiata dal sole.
In Tuo onore, o vescovo
Marco, si eleva questa volta
Colui, il quarto, porta
l’illustre nome di Gregorio.
A tua volta, domanda per
lui a Dio una lunga vita
E dopo la sua morte, il
regno celeste.
Dunque, nel IX sec., questo
tempio continuava ad essere dedicato, non all’Evangelista d’Alessandria, ma al MARCVS PRÆSVL, vale a dire al Papa che aveva fondato il Titolo de Pallacines e che vi era sepolto.
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Andrea
Mantegna, S. Marco, 1448-49 circa, Stadelsches Kunstinstitut,
Francoforte |
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José (o Jusepe) Leonardo, S. Marco, 1630 |
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Emmanuel Tzanes, S. Marco evangelista, 1657, Μουσείο Μπενάκη (Museo Benaki), Atene |
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Vladimir Lukich Borovikovsky, S. Marco, 1804-1809, Hermitage, San Pietroburgo |
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Johann Matthias Ranftl, Vergine col bambino in trono tra i SS. Marco ed Orsola e compagne martiri, 1854, collezione privata |
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Sytov Alexander Kapitonovich, Santo Evangelista Marco, 1995 |