Oggi avanza, con la palma in mano, un umile figlio del Poverello di Assisi, il protomartire della nuova riforma dei Minori Cappuccini, che, in circostanze molto simili a quelle che incontrò san Bonifacio, apostolo della Germania, fecondò nuovamente del suo sangue questa terra sterilizzata dall’eresia.
Fu martirizzato nel
1622. Tra il febbraio e l’aprile di quell’anno il nostro Santo, per incarico
del Nunzio di Lucerna e del suo ministro provinciale, operava come missionario
apostolico nella regione del Prättigau (Pretigovia), politicamente soggetta all’Austria,
dove però la popolazione era in buona parte passata alla fede zwingliana. In
una fase di gravissime tensioni, aggravate dalle ingerenze di potenze estere,
come Francia, Spagna e Repubblica Veneta, l’arciduca Leopoldo V d’Austria fece
occupare la regione dall’esercito, sotto la guida del colonnello Luigi de
Baldirone, provocando l’ira del popolo con una serie di azioni di violenza. In
questa situazione esplosiva, Fedele continuava a esporre la fede cattolica con
prediche, dispute e colloqui, nonostante l’opposizione e la quasi totale
chiusura al suo annunzio. Conoscendo il grande peso dell’azione sotterranea dei
predicatori zwingliani e prevedendo con chiarezza il suo martirio, redasse il
cosiddetto Mandato di punizione
o I Dieci articoli
della religione, con cui - tra l’altro - l’autorità civile proibiva
il culto protestante, mandava in esilio i suoi ministri e obbligava tutti i
cristiani a partecipare, nei giorni domenicali e festivi, alla predica
cattolica. Di esso sorprendeva il punto 6, secondo cui nessuno poteva essere
costretto ad accogliere la fede cattolica, a confessarsi e a partecipare alla
messa.
La pubblicazione del Mandato, il 19 aprile, fece l’effetto
di un segnale per la sollevazione generale del popolo. Il 23 aprile Fedele
celebrò la Messa e salì sul pulpito nella chiesa di Grüsch, dove gli giunse l’invito
a predicare il giorno successivo, la domenica 24 aprile, a Seewis. Ma non era
che un pretesto, per eliminare il temibile protagonista dell’azione
controriformistica. Salito sul pulpito della chiesa di quel luogo, trovò un
biglietto che gli preannunciava che quella sarebbe stata la sua ultima predica.
Era consapevole che sarebbe stato ucciso, ma tenne ugualmente il suo sermone.
Mentre iniziava la predica - secondo una tradizione egli spiegava il passo di
Ef 4, 5-6 - scoppiarono vivaci reazioni nell’uditorio e qualcuno fece perfino
fuoco verso il predicatore senza colpirlo. Fedele discese dal pulpito, s’inginocchiò
davanti all’altare maggiore e lasciò la chiesa per una porta laterale, per
dirigersi a Grüsch. Dopo pochi metri, si vide accerchiato da un gruppo di
rivoltosi, circa venticinque, che gli chiesero se era disposto ad accogliere la
loro fede. Rispose che certo non per tale motivo era venuto in quella valle, ma
per la speranza che un giorno avrebbero aderito alla sua fede. Dopo un momento
di esitazione, uno dei ribelli colpì il suo capo con la spada. Il martire,
cadendo con la testa spaccata in ginocchio, esclamò: “Gesù, Maria. Vieni in mio
aiuto, o Dio!”. Solo un enorme fanatismo spiega l’inaudita ferocia con cui gli
assassini infierirono sul suo corpo con forconi, mazze ferrate e bastoni.
Il giorno successivo,
festa di san Marco, il sagrestano Giovanni Johanni seppellì il cadavere. Mentre
il capo del martire nell’ottobre del 1622 fu esumato e portato nella chiesa dei
cappuccini di Feldkirch, il resto del corpo venne solennemente tumulato nella
cripta del duomo di Coira il 5 novembre dello stesso anno. Fu canonizzato nel
1746 da papa Benedetto XIV. Il 16 febbraio del 1771 la sua festa fu estesa alla
Chiesa universale da un altro figlio di san Francesco divenuto pontefice, papa
Clemente XIV, con rito doppio. Di III classe dal 1960. È patrono della regione
di Hohenzollern e dei giuristi. I suoi attributi sono la mazza, la spada e la
palma.
San
Fedele, il martire, con i santi Veronica Giuliani, la mistica stigmatizzata, e
Lorenzo da Brindisi, il dottore della Chiesa, forma la triplice corona più
recente del grande ordine francescano, quello dei Cappuccini, fondato nel 1517.
Roma cristiana ha
dedicato a quest’insigne martire una chiesa nel 1973 nel quartiere Pietralata (Chiesa
di San Fedele da Sigmaringa).
La messa è tratta dal
Comune dei Martiri, ma la prima colletta è propria e con la lettura evangelica
già assegnata alla festa dei martiri Tiburzio, Valeriano e Massimo.
Fuori del tempo pasquale, la messa è quella In virtute. Tuttavia le orazioni sono
quelle indicate.
La grazia del martirio non è il privilegio delle
prime generazioni cristiane, poiché Dio l’accorda in tutti i tempi. Generalmente,
essa suppone una virtù consumata ed una fedele corrispondenza ad un’altra
catena di grazie, che, nei disegni di Dio, devono servire di preparazione a
questa grazia finale che immola a Dio, nello spargimento del sangue, il
sacrificio totale dell’essere.
Ambito toscano, S. Fedele incoronato dalla fede, XVIII sec., Museo diocesano, Volterra |
Fedele da San Biagio, Martirio di S. Fedele, XVIII sec., chiesa di S. Maria Assunta, San Lorenzo Nuovo |
Giovanni Battista Tiepolo, SS. Fedele da Sigmaringen e Giuseppe da Leonessa, che abbattono l’eresia, 1752-58 circa, Galleria Nazionale, Parma |
Pascalis Kehrer e Rudhart Fidelis, Altare con martirio di S. Fedele e reliquiario del capo del santo, 1911, Chiesa dei Cappuccini, Feldkirch |
Reliquia del teschio di S. Fedele, Chiesa dei Cappuccini, Feldkirch |
Reliquie di S. Fedele, Cripta, Cattedrale, Cur |
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