Sante Messe in rito antico in Puglia

venerdì 24 aprile 2015

“Deíparæ Vírginis et rosárii cultor exímius, illíus præcípue aliorúmque Sanctórum patrocínio a Deo postulávit, ut in cathólicæ fídei obséquium vitam sibi et sánguinem fúndere licéret” (Lect. VI – II Noct.) - SANCTI FIDELIS A SIGMARINGA, MARTYRIS


Oggi avanza, con la palma in mano, un umile figlio del Poverello di Assisi, il protomartire della nuova riforma dei Minori Cappuccini, che, in circostanze molto simili a quelle che incontrò san Bonifacio, apostolo della Germania, fecondò nuovamente del suo sangue questa terra sterilizzata dall’eresia.
Fu martirizzato nel 1622. Tra il febbraio e l’aprile di quell’anno il nostro Santo, per incarico del Nunzio di Lucerna e del suo ministro provinciale, operava come missionario apostolico nella regione del Prättigau (Pretigovia), politicamente soggetta all’Austria, dove però la popolazione era in buona parte passata alla fede zwingliana. In una fase di gravissime tensioni, aggravate dalle ingerenze di potenze estere, come Francia, Spagna e Repubblica Veneta, l’arciduca Leopoldo V d’Austria fece occupare la regione dall’esercito, sotto la guida del colonnello Luigi de Baldirone, provocando l’ira del popolo con una serie di azioni di violenza. In questa situazione esplosiva, Fedele continuava a esporre la fede cattolica con prediche, dispute e colloqui, nonostante l’opposizione e la quasi totale chiusura al suo annunzio. Conoscendo il grande peso dell’azione sotterranea dei predicatori zwingliani e prevedendo con chiarezza il suo martirio, redasse il cosiddetto Mandato di punizione o I Dieci articoli della religione, con cui - tra l’altro - l’autorità civile proibiva il culto protestante, mandava in esilio i suoi ministri e obbligava tutti i cristiani a partecipare, nei giorni domenicali e festivi, alla predica cattolica. Di esso sorprendeva il punto 6, secondo cui nessuno poteva essere costretto ad accogliere la fede cattolica, a confessarsi e a partecipare alla messa.
La pubblicazione del Mandato, il 19 aprile, fece l’effetto di un segnale per la sollevazione generale del popolo. Il 23 aprile Fedele celebrò la Messa e salì sul pulpito nella chiesa di Grüsch, dove gli giunse l’invito a predicare il giorno successivo, la domenica 24 aprile, a Seewis. Ma non era che un pretesto, per eliminare il temibile protagonista dell’azione controriformistica. Salito sul pulpito della chiesa di quel luogo, trovò un biglietto che gli preannunciava che quella sarebbe stata la sua ultima predica. Era consapevole che sarebbe stato ucciso, ma tenne ugualmente il suo sermone. Mentre iniziava la predica - secondo una tradizione egli spiegava il passo di Ef 4, 5-6 - scoppiarono vivaci reazioni nell’uditorio e qualcuno fece perfino fuoco verso il predicatore senza colpirlo. Fedele discese dal pulpito, s’inginocchiò davanti all’altare maggiore e lasciò la chiesa per una porta laterale, per dirigersi a Grüsch. Dopo pochi metri, si vide accerchiato da un gruppo di rivoltosi, circa venticinque, che gli chiesero se era disposto ad accogliere la loro fede. Rispose che certo non per tale motivo era venuto in quella valle, ma per la speranza che un giorno avrebbero aderito alla sua fede. Dopo un momento di esitazione, uno dei ribelli colpì il suo capo con la spada. Il martire, cadendo con la testa spaccata in ginocchio, esclamò: “Gesù, Maria. Vieni in mio aiuto, o Dio!”. Solo un enorme fanatismo spiega l’inaudita ferocia con cui gli assassini infierirono sul suo corpo con forconi, mazze ferrate e bastoni.
Il giorno successivo, festa di san Marco, il sagrestano Giovanni Johanni seppellì il cadavere. Mentre il capo del martire nell’ottobre del 1622 fu esumato e portato nella chiesa dei cappuccini di Feldkirch, il resto del corpo venne solennemente tumulato nella cripta del duomo di Coira il 5 novembre dello stesso anno. Fu canonizzato nel 1746 da papa Benedetto XIV. Il 16 febbraio del 1771 la sua festa fu estesa alla Chiesa universale da un altro figlio di san Francesco divenuto pontefice, papa Clemente XIV, con rito doppio. Di III classe dal 1960. È patrono della regione di Hohenzollern e dei giuristi. I suoi attributi sono la mazza, la spada e la palma.
San Fedele, il martire, con i santi Veronica Giuliani, la mistica stigmatizzata, e Lorenzo da Brindisi, il dottore della Chiesa, forma la triplice corona più recente del grande ordine francescano, quello dei Cappuccini, fondato nel 1517.
Roma cristiana ha dedicato a quest’insigne martire una chiesa nel 1973 nel quartiere Pietralata (Chiesa di San Fedele da Sigmaringa).
La messa è tratta dal Comune dei Martiri, ma la prima colletta è propria e con la lettura evangelica già assegnata alla festa dei martiri Tiburzio, Valeriano e Massimo.
Fuori del tempo pasquale, la messa è quella In virtute. Tuttavia le orazioni sono quelle indicate.
La grazia del martirio non è il privilegio delle prime generazioni cristiane, poiché Dio l’accorda in tutti i tempi. Generalmente, essa suppone una virtù consumata ed una fedele corrispondenza ad un’altra catena di grazie, che, nei disegni di Dio, devono servire di preparazione a questa grazia finale che immola a Dio, nello spargimento del sangue, il sacrificio totale dell’essere.

Ambito toscano, S. Fedele incoronato dalla fede, XVIII sec., Museo diocesano, Volterra

Fedele da San Biagio, Martirio di S. Fedele, XVIII sec., chiesa di S. Maria Assunta, San Lorenzo Nuovo

Giovanni Battista Tiepolo, SS. Fedele da Sigmaringen e Giuseppe da Leonessa, che abbattono l’eresia, 1752-58 circa, Galleria Nazionale, Parma


Pascalis Kehrer e Rudhart Fidelis, Altare con martirio di S. Fedele e reliquiario del capo del santo, 1911, Chiesa dei Cappuccini, Feldkirch

Reliquia del teschio di S. Fedele, Chiesa dei Cappuccini, Feldkirch

Reliquie di S. Fedele, Cripta, Cattedrale, Cur

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