Il
nome di questa Santa appartiene a Lui solo ed odora di un profumo di purezza
verginale. Novella Deborah del Nuovo Testamento, risplendé nella Chiesa come
una profetessa, restauratrice della Sede pontificale a Roma, oracolo dei papi e
dei principi, mediatrice di pace tra i popoli in lotta, maestra chiarissima di
numerose anime sulla strada della più sublime santità, prodigio di mortificazione,
vittima dell’amore divino, la cui la fiamma l’ha consumata a Roma
prematuramente nel fiore della sua giovinezza, ad appena trentatré anni (+ 29 aprile
1380).
Pio
II, nella bolla di canonizzazione della Santa, ordinò di celebrare la sua festa
la prima domenica di maggio. Clemente VIII la trasferì a questo giorno, che
segue immediatamente quello della sua morte.
La
messa è quella del Comune delle Vergini, come il 10 febbraio; tuttavia le
collette sono proprie; esse furono composte dal gesuita Terenzio Alciati sotto
Urbano VIII.
Il
corpo verginale di Caterina riposa dal 1855 sotto l’altare maggiore della
splendida chiesa di Santa Maria sopra Minerva, a Roma (Cfr. Mariano Armellini,
Le chiese di Roma dal
secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, pp.
485-491; Ch. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio
evo, Firenze 1927,
pp. 346-347). Un altro tempio è dedicato al suo nome presso il monte Quirinale,
nel rione Monti, e conserva il ricordo della famiglia spirituale dei Terziari
domenicani che si erano raccolti intorno a lei (cfr. Armellini, op. cit., pp. 176-178). È la chiesa di Santa Caterina a
Magnanapoli, che, attualmente, è la chiesa dell’ordinariato militare
italiano.
Menzioniamo
anche la piccola chiesa che si eleva a suo nome sulla via Giulia ed è
legata all’arciconfraternita dei senesi, a cui oggi ancora appartiene (cfr. ibidem,
p. 423; Huelsen, op. cit.,
p. 530).
Sul
luogo dove morì la Santa nel 1380, di fronte al convento di Santa Chiara, fu
eretto un monastero di domenicane, poi spostatosi, per ordine di san Pio V, a
Magnanapoli, rimanendovi solo la cappella di santa Caterina (cfr. Armellini, op. cit., p. 491; Huelsen, op. cit., pp. 530-531).
Nel
1942, nel quartiere Gianicolense, presso la stazione di Trastevere, fu eretta
la chiesa dei Santi Francesco e Caterina, Patroni d’Italia.
La
Confessione di San Pietro, in Vaticano, è ancora tutta impregnata del suo
virginale profumo. Caterina, negli ultimi mesi della sua vita, vi passava una
buona parte delle sue mattinate, assorta in preghiera per il bene della Chiesa,
al quale si era consacrata come vittima.
L’anima
per la quale Dio è tutto ha pochi bisogni, ed il segno che possediamo veramente
il Signore nel nostro cuore consiste nel fatto che il nostro spirito è staccato
dei numerosi bisogni, piccole miserie e necessità che ci crea spesso la nostra
mollezza e la nostra poca mortificazione. Santa Caterina passò una volta senza
mangiare nulla dalla Quaresima al tempo successivo fino alla Pentecoste,
nutrita unicamente dell’alimento sacramentale. Tuttavia, anche senza ricorrere
a questi prodigi di penitenza, è certo che si nota come nella vita di tutti i
santi quanto i loro bisogni erano ridotti, in proporzione inversa dell’imperiosa
fame di Dio che provava la loro anima.
“Figlia
mia, tu pensa a me ed
io penserò a te”, disse un giorno il Signore a santa Caterina da Siena: «Ceterum præfatæ nimis
notandæ doctrinæ aliam valde notabilem addit Dominus: quæ, si non fallor, ex
ipsa deducitur inclusive. Ait enim, dum alia vice ei apparuit: Filia, cogita de
me: quod si feceris, ego cogitabo de te incunctanter» («Alla eccellente dottrina esposta, il Signore ne aggiunge un’altra,
degna di nota, la quale, se non sbaglio, è una conseguenza della prima. Le riapparve infatti
più tardi e le disse: “Figliola, pensa a me: se lo farai, io penserò subito a
te”») (Beato Raimondo
da Capua, Vita Catharinæ Senensis o Legenda major, parte I, cap. VI, § 97, in Acta Sanctorum, Aprilis, vol.
III, Dies 30, Parigi-Roma 1866, p.
886. Cfr. anche Legenda
minor, in Mélanges d’archéologie et
d’histoire, 1912, p. 426: «Porro aliam doctrinam dedit Christus virgini
dicens: filia cogita de me quod si facies et
ego
cogitabo de te incunctanter»). Abbiamo, dunque, fiducia in Dio,
sposiamo gli interessi della sua gloria, ed Egli si occuperà di quelli della
nostra salvezza.
Melchiorre Caffà, Estasi di S. Caterina, 1666, Chiesa di Santa Caterina da Siena a Magnapoli, Roma |
Carlo Dolci, S. Caterina, 1665-70, Dulwich Gallery, Londra |
Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato, S. Caterina riceve da Gesù la corona di spine, XVII sec. |
Fray Juan Bautista Maíno, S. Caterina da Siena, 1612-14, museo del Prado, Madrid |
Giovanni Battista Tiepolo, S. Caterina da Siena, 1746, Kunsthistorisches Museum, Vienna |
Pompeo Batoni, Estasi e stigmatizzazione di S. Caterina da Siena, 1743, Museo di Villa Guinigi, Lucca |
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