Questa festa, istituita
da Pio IX – estendendo a tutto il rito romano la Festa del Patronato di san Giuseppe, che era di origine carmelitana
– all’inizio del suo pontificato, nel 1847, fu più tardi resa obbligatoria per
tutta la Chiesa, all’epoca in cui, dopo l’occupazione di Roma dalle truppe di
Vittorio Emanuele II, il Pontefice dichiarò san Giuseppe patrono della famiglia
cattolica oppressa, e affidò al suo patronato la difesa della Chiesa.
L’oggetto di questa
solennità è la funzione speciale, misteriosamente affidata al purissimo Sposo
di Maria, in virtù della quale, come egli teneva il posto dell’eterno Padre all’interno
della santa Famiglia di Nazaret e ne esercitava la patria potestas su Gesù e Maria, circonda ora delle sue cure
paterne la Chiesa cattolica, estensione e continuazione della società domestica
di Betlemme e di Nazaret. In altri termini, il decreto della sacra
Congregazione dei Riti datato 8 dicembre 1870, Quemadmodum Deus, in cui san Giuseppe è dichiarato
Patrono della Chiesa universale, non è tanto una libera elezione di Pio IX,
come talvolta avvenuto per altri santi, scelti come patroni di città o di
istituti, quanto piuttosto il riconoscimento autentico di un mistero evangelico
e di una disposizione ineffabile di Dio verso la famiglia cattolica.
La festa del patronato
di san Giuseppe fu dapprima fissata nella III Domenica dopo Pasqua, ma quando,
all’epoca della riforma liturgica di san Pio X, nel 1913, si volle restituire
all’ufficio dominicale la prevalenza su quello dei santi, liberando le
domeniche perpetuamente impedite da una festa di santo, quella di san Giuseppe
dové anche cedere il suo posto e la si fissò nel mercoledì precedente (il
mercoledì essendo il giorno specialmente consacrato a san Giuseppe nella
devozione). In compenso, nel 1911, lo stesso san Pio X ne cambiò l’intitolazione
in Solennità
di san Giuseppe, patrono della Chiesa universale e la festa fu elevata all’onore
di solennità di I classe seguita da un’ottava comune.
L’insuccesso della
cristianizzazione della festa del lavoro del 1° maggio, essendo evidente dopo
più di 50 anni dopo ed il calendario riformato del 1969, avendo ridotto la
festa di san Giuseppe artigiano a semplice memoria (facoltativa!), suggeriscono
che, ancora oggi, si continui a celebrare questo patronato di san Giuseppe.
La composizione della
messa odierna è moderna e la si vede agevolmente dalla sua struttura, poiché l’antifona
è tratta dal Sal. 33 (32) ed il versetto seguente dall’80 (79).
Nella colletta si indica
con una precisione luminosa la ragione dell’immensa santità e potenza di san
Giuseppe, ragione che deve essere cercata nelle funzioni che gli furono
attribuite in seno alla santa Famiglia.
La lettura è tratta
dalla Genesi (49, 22-26) e si riferisce alle benedizioni di Giacobbe morente al
suo figlio beneamato Giuseppe. Il viceré del faraone è il simbolo di un altro
Giuseppe sulla testa del quale dovevano concentrarsi tutte le benedizioni
messianiche un tempo accordate ai Patriarchi ed ai Profeti e che, elevato all’onore
di essere chiamato nel Vangelo come Padre di Gesù, le trasmise a sua volta all’unico
e vero erede dell’eterno Padre, Gesù Cristo.
Dei due versetti
alleluiatici, il primo è tratto da un’antifona d’ingresso assegnata
originariamente alla XIX Domenica dopo la Pentecoste. Il testo non si trova
nella Vulgata, anche se è da pensare
che era tratto dall’Itala, ovvero la
versione latina della Bibbia anteriore alla stessa Vulgata (di cui si hanno in realtà non una, ma varie ed incomplete
versioni). Il secondo versetto è un distico dedicato a san Giuseppe.
La lettura evangelica è
tratta da san Luca (Lc 3, 21-23) e concerne la doppia generazione di Gesù.
Mentre l’eterno Padre proclama dall’alto del Cielo che quegli è il suo Figlio
prediletto che si umilia e si immerge nelle acque del Giordano, sotto l’autorità
del Battista, lo Spirito Santo guida il pensiero e la frase dell’Evangelista
per attestare che lo stesso Gesù è davvero il figlio di Maria, sposa di
Giuseppe, e dunque è figlio di Davide, di Abramo e di Adamo.
Il prefazio è di fattura
recente: il classico corso romano qui fa difetto; tuttavia le glorie e la
dignità di san Giuseppe sono accuratamente espressi.
L’antifona per la
Comunione del popolo, contrariamente alle antiche regole, è tratta da un testo
evangelico differente da quello assegnato alla messa di questo giorno (Mt 1,
16). L’appellativo di Cristo, cui fa cenno il testo, Gesù l’ottiene da Dio, che
unisce la sua santa umanità alla natura del Verbo divino nell’unità della
persona, e lo costituisce capo degli angeli e degli uomini, Salvatore del
genere umano e primizia di tutta la creazione.
Nella sua liturgia, la
Chiesa attribuisce a san Giuseppe una grazia speciale d’intercessione in favore
degli agonizzanti. Il santissimo Patriarca ebbe, nella sua agonia, per
assisterlo, Gesù e Maria, tra i quali rese la sua anima a Dio. Questa morte
privilegiata, dovuta piuttosto alla veemenza del suo amore che all’opera della
malattia, gli valse la gloria di essere costituito dal Signore patrono ed
avvocato dei fedeli che si affidano a lui in questo momento terribile a quo pendet æternitas.
Giuseppe Rollini, S. Giuseppe patrono della Chiesa, XIX sec., Basilica del Sacro Cuore, Roma |
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