Abbiamo
più volte sottolineato come l’Europa, abbandonando la sua identità, che è
cristiana, ed abbandonando la sua fede, si appresta a diventare facile terra di
conquista.
Il
giornalista de Il Foglio Matteo Matzuzzi affronta questo tema in alcuni suoi recenti
articoli (Tra quarant’anni l’Europa secolarizzata sarà terra per atei; Mentre i cristiani vengono perseguitati, la Francia discute di “neutralità” sui manifesti), confermando sostanzialmente quanto da noi detto in precedenza
(v. qui).
La grottesca laïcité à l’italienne
Il vade retro al prete che voleva benedire una scuola in
Toscana. Le circolari della preside, i picchetti dei genitori (anche
musulmani), i pronunciamenti in stile Comintern dei Cobas. Storie e follie
multiculti
di
Matteo Matzuzzi
La protesta di alcuni genitori davanti alla scuola di Perignano-Casciana Terme Lari |
Roma. Alla
fine, la benedizione nella scuola primaria di Perignano, frazione del comune di
Casciana Terme Lari, provincia di Pisa, s’è fatta. Anche se non come avvenuto
negli ultimi trentatré anni, visto che il parroco, don Armando Zappolini, non
ha potuto accedere alle aule. Acqua santa solo nell’atrio, in modo simbolico. E
solo sulle teste dei cattolici, precedentemente separati dagli altri bambini e
radunati in aula magna. Di celebrare la messa pasquale nella palestra di
Casciana, come s’è sempre fatto, neanche a parlarne: dopo riunioni, assemblee e
proposte di mediazione, non se n’è fatto nulla. La preside, Angela Gadducci, ha
deciso che non si può, e davanti ai sit-in di genitori, bambini e anziani del
luogo incuriositi dal gran baccano, ha giurato di non aver nulla contro la
religione cattolica. Anzi, “sono credente praticante”, ha confessato. Il
problema è che la Corte costituzionale e il Consiglio di stato e le circolari
ministeriali affermano senza ombra di dubbio che lo stato è laico e che nulla
che abbia a che fare con madonne, santi e padreterni può interrompere la
sacralità della lezione (le okkupazioni, a quanto pare, sì). La colpa sembra
essere tutta di don Armando, che “non ha presentato la richiesta d’autorizzazione”
per poter procedere al tradizionale rito. Niente domanda, niente acquasantiera
a scuola. Il consiglio di istituto, subito convocato “d’urgenza”, ha ratificato
la decisione, precisando che non c’è stata nessuna votazione, visto che il sacerdote
aveva mancato di inoltrare la regolare documentazione. Questione di mera
burocrazia, insomma, ma anche la considerazione che la scuola è laica e c’è da
rispettare anche chi non crede o crede in altre divinità. Per quest’anno è
andata così, per il prossimo si vedrà: è allo studio l’ipotesi di “permettere
agli esponenti di qualsiasi religione di poter procedere con una richiesta di
celebrazione all’interno della scuola”, ha spiegato la presidente del consiglio
d’istituto. Per le modalità c’è tempo.
Ma a don Armando l’intera vicenda non è andata giù, e davanti
ai parrocchiani riuniti in chiesa, lo scorso 31 marzo, alla vigilia della
Settimana santa, ha detto: “Mi hanno chiuso le porte della scuola. Non potrò
recarmi a benedire i vostri figli come ho sempre fatto”. Il mattino dopo, come
i parigini rabbiosi giunti nel 1789 con picche e forche fin sotto l’aurea
cancellata di Versailles, reclamando la parrucca di Luigi Capeto e della di lui
consorte Maria Antonietta, schiere di genitori d’ogni colore politico e credo
religioso si sono ritrovati davanti all’istituto reclamando la benedizione. Il
governatore toscano, Enrico Rossi, s’è schierato dalle parti del parroco: “Un’idea
astratta di multiculturalismo e pluralismo religioso non favorisce il rispetto
e il dialogo tra diversi e rischia di suscitare paure e reazioni negative”.
Perfino una donna islamica, ha scritto il Tirreno, ha alzato la voce contro la
preside: “Mio figlio è musulmano ma vorrei ugualmente che ricevesse la
benedizione. In questo modo si rischia di insegnare il razzismo ai bambini già
nei loro primi anni di età”. I Cobas del pubblico impiego hanno preso,
naturalmente, subito le difese della dirigente scolastica con toni da brigata
partigiana rossa saltata fuori da un libro di storia: “Solidarizziamo con la
preside e non con un prete che ha il sostegno delle destre e del Pd”. Visto che
c’era, il sindacato – emulando le direttive della Federazione del libero
pensiero così attiva in Francia – ha anche chiesto che vengano tolti i
crocifissi dalle aule, “dal momento che non hanno nulla a che fare con la
tradizione”. I Cobas attaccano direttamente il parroco, che ha osato
presentarsi fuori dalla scuola con i paramenti sacri indossati (cotta e stola
bianca): “Un prete con il sostegno del Pd e delle destre diventa il paladino
della benedizione delle scuole dimenticando che sul territorio ci sarebbero da
fare ben altre cose a sostegno di famiglie che non arrivano più a fine mese, di
aziende chiuse per la prepotenza padronale ma non prima di avere beneficiato di
ammortizzatori sociali e aiuti dalle istituzioni locali”, recita il comunicato
che parrebbe vergato da Nicolae Ceausescu in persona, trenta o quarant’anni fa,
prima di essere processato e fucilato da quelli che la moglie Elena continuava
a chiamare fino all’ultimo “i miei figli”. La tradizione, semmai, prosegue la
nota sindacale, “è quella della chiesa che ha benedetto le camicie nere fino al
1943”.
Osservazioni quantomeno avventate, visto che tutto si può
dire di don Armando Zappolini tranne che sia una sorta di fiancheggiatore
salviniano pronto a benedire la demolizione dei campi rom da un capo all’altro
della penisola. Tutt’altro. E’ uomo dalle idee alquanto originali. Anni fa, gli
toccò ricevere perfino una ramanzina dal Vaticano, che gli imputava di aver
adibito la canonica a scuola di formazione islamica, una specie di madrasa nei
sobborghi pisani: “Questo richiamo non era una cosa leggera. Se ce ne fosse
stato un altro, non sarei più stato un prete”. Lui assicura di non voler tutelare
una religione piuttosto che un’altra, neppure la cattolica di cui è (dopotutto)
ministro: “Esistono tante religioni ma un solo Dio. E io sono pure favorevole a
concedere la cittadinanza anche agli stranieri”. Al quotidiano online Quinews
spiega che è assurdo dipingerlo come un crociato o, peggio, come un prete
dedito al proselitismo nelle scuole – Blaise Pascal, probabilmente, gli avrebbe
dato del lassista. Quel che è importante, dice, è “rispettare le tradizioni, e
la preside non l’ha fatto”. Un po’ come i gesuiti con i riti malabarici e
cinesi nel Seicento, insomma. Il dirigente scolastico avrebbe potuto prendere
esempio proprio da don Armando, che quando si trovava in Burkina Faso si unì al
saluto collettivo di un padre di famiglia che tornava dal pellegrinaggio alla
Mecca prescritto dal Corano: “Corsi con tutto il paese a omaggiarlo. Mi unii di
buon grado alla festa e al saluto collettivo”.
Fonte:
Il Foglio, 10.4.2015
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