Oggi
non è un santo romano, ma un martire orientale, che, con la sua palma e la sua
corona, viene a rendere più splendido il trionfo del Redentore resuscitato dai
morti.
Il
culto di san Giorgio ha l’Oriente per patria, ma fu importato a Roma durante il
primo periodo bizantino.
La
leggenda ha cinto dei suoi veli la storia del Megalomartire, che sarebbe
appartenuto, si crede, alla città di Lydda (l’odierna Lod) o Diospolis di
Palestina, nei pressi dell’attuale Aeroporto Internazionale di Tel Aviv Ben
Gurion (già noto come Aeroporto di Lod), in cui, nel 303, egli avrebbe trovato
la morte per aver lacerato gli editti di persecuzione contro i cristiani. Da
quando Costantino vinse il pagano Licinio, san Giorgio fu soprattutto celebrato
in Oriente come difensore armato della Chiesa, come il suo τροπαιοφόρος,
tropaiophóros, vale a dire colui che
porta il trofeo della vittoria riportata contro il nemico, come san Lorenzo e
san Sebastiano a Roma. Non soltanto il culto di san Giorgio riempì quest’immensa
regione che oggi ancora prende dal lui il suo nome, la Georgia, ma penetrò
nelle liturgie etiopiche, copte, siriache e latine. In Europa, san Giorgio
divenne uno dei santi più popolari nel Medioevo, e l’Inghilterra lo venera
ancora come suo celeste patrono.
Il
Geronimiano annuncia la passione di san Giorgio il 25 aprile ed i Copti
celebrano la sua festa il 18. Ma il sinassario ed il typicon bizantini lo commemorano il 23. Questo
è il giorno che san Giorgio è festeggiato a Roma da quando il papa Leone II
(682-683) gli dedicò una basilica al Velabro su cui diremo (L. Duchesne, Le Liber Pontificalis, tomo I, Paris 1886, p. 360).
A
Roma, sin dall’alto Medioevo, si elevarono delle chiese e degli altari in onore
di san Giorgio, in Vaticano, presso il mausoleo di Augusto (cfr. Mariano Armellini,
Le chiese di Roma dal
secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, p. 325;
Ch. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio
evo, Firenze 1927, p.
254); appunto al Velabro (Mariano Armellini, op. cit., pp. 630-632;
Ch. Huelsen, op. cit., pp. 255-256), ed altrove.
Quando,
nel VI sec., Belisario restaurò le mura di Roma, piazzò sulla porta di San
Sebastiano un’iscrizione con la quale la protezione di questo luogo era
affidata ai martiri orientali Conone e Giorgio (Per grazia di Dio ai santi Conone
e Giorgio):
Calco della pietra di volta della Porta di San Sebastiano, Roma |
Tuttavia
il santuario più famoso, in cui il popolo veniva più volentieri per implorare
il patronato del Megalomartire e che poteva vantare un’importante reliquia del
santo (il cranio), fu sempre, durante tutto il Medioevo, la basilica Sancti Georgii in
Velabro;
fu per questo che Gregorio II vi istituì la messa stazionale il giovedì di
Quinquagesima. Le origini di questa basilica sembrano anteriori al V sec.,
poiché, in un’iscrizione del 482, si fa già menzione di un lector de Belabru. La sua dedicazione
definitiva ai martiri soldati, Giorgio e Sebastiano, però, data soltanto ai
tempi di Leone II (682-683) (Cfr. Mariano
Armellini, op. cit., pp. 630-632; Ch. Huelsen, op. cit., pp. 255-256).
In
questa chiesa si conserva la reliquia della testa di san Giorgio.
Proprio
questa veneranda chiesa fu funestata da uno degli attentati mafiosi nel luglio
1993, che provocarono il crollo del porticato antistante l’edificio sacro. Esso
però è stato ricostruito.
Una
chiesa dedicata al nostro martire è stata edificata negli anni ‘60 del XX sec.
nella zona Acilia sud.
La
messa di oggi è quella dei Martiri nel tempo pasquale.
Il
Sacramentario Leoniano contiene anch’esso la messa di san Giorgio con le
collette ed il prefazio propri.
Durante
il periodo bizantino, in cui, a Roma, le letture si succedevano in greco ed in
latino, il passo del Vangelo, letto in questo giorno – simile a quello del 14
aprile – in cui Gesù si paragona ad una vigna e suo Padre è paragonato ad un agricoltore
(in greco γεωργός, geôrgós), ricorda molto graziosamente il nome del martire
eponimo della festa.
Fuori del tempo pasquale, la messa è dal Comune:
In virtute, ma le collette sono proprie.
Nessuno stato, nessuna
condizione è lontana da Dio e dal paradiso. Alla scuola della perfezione
cristiana, si può passare dalla caserma al martirio, dal servizio delle armi
agli onori degli altari, perché la virtù è indipendente dalle circostanze
esterne della vita sociale. È santo, infatti, colui che serve Dio con
perfezione nello stato dove la Provvidenza divina l’ha posto.
Pavel Ryzhenko, Egli ha scelto la Fede! ovvero Martirio di S. Giorgio, 2002 |
Paolo Veronese, Martirio di S. Giorgio, 1564 circa, Chiesa di San Giorgio in Braida, Verona |
Pieter Pauwel Rubens, S. Giorgio ed il dragone, 1606-08, Museo del Prado, Madrid |
Pieter Pauwel Rubens, Martirio di S. Giorgio, Musée des Beaux-Arts, Bordeaux |
Marteen de Vos, Cristo trionfante sulla morte e sul peccato con i SS. Giorgio, Pietro, Paolo e Caterina d'Alessandria, 1590 circa |
Mattia Preti, S. Giorgio a cavallo, 1658 circa, Chiesa conventuale di S. Giovanni, La Valletta, Malta |
Mattia Preti, Martirio di S. Giorgio, Chiesa di S. Giorgio, Qormi, Malta |
G. Pagliarini, Martirio
di S. Giorgio, 1844, Duomo, Pirano
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